di Alain, a cura di Giacomo Corazzol
Nuovo appuntamento con il filosofo francese Alain letto e tradotto da Giacomo Corazzol.
Anima e corpo, di Alain
La morale non è né incerta né riposta; ai politici piacerebbe però poter dire che è incerta e riposta, in quanto la temono. Il principio della morale si trova nel catechismo ed è che l’uomo è composto da un corpo e da un’anima. Al che l’uomo libero si mette subito sulla difensiva; teme infatti la chiesa e i preti. Anch’io temo la chiesa e i preti; è da tempo però che ho notato che la chiesa e i preti hanno una paura tremenda della morale del catechismo.
«Corpo e anima? dice l’uomo libero, me lo mostri, me lo provi». Descrivo. Quando avrò descritto questo corpo umano che cade, che si corica, che dorme, che mangia, che trasale a un rumore e trema tutto, che fugge, che scalpita, che dilania o morde a seconda delle circostanze, che è meschino e debole di fronte alle cose, che una cieca mosca, un vento freddo può uccidere, non avrò descritto che una parte dell’uomo. Resta infatti da descrivere il governo interiore, e non è poco; ogni uomo ci tiene, anche più che alla vita. Chi ha perso il governo di sé viene chiamato folle; nessuno si augura di essere folle; nessuno è fiero né contento di essere stato folle. Nessuno è fiero di svegliarsi come Aiace, in mezzo a greggi ch’egli stesso ha massacrato. Nessuno è fiero di essersi salvato dall’incendio calpestando i più deboli; nessuno è fiero di aver smozzicato parole confuse e impacciate quando avrebbe voluto parlare chiaramente; nessuno è fiero di aver avuto paura di un’ombra o del cigolio di una porta; nessuno è fiero di aver ragionato male, vuoi per pregiudizio vuoi per trasporto.
Guardate bene. In tutti questi casi è la meccanica del corpo ad aver condotto le azioni e le parole; a prevalere è stato l’animale dalla forma umana. Il governo interiore è stato travolto, manovrato o ingannato dal movimento dei muscoli e degli umori; istinto, abitudine, passione, è sempre il corpo a condurre, in tutti i nostri sbagli, in tutte le nostre sciocchezze. Poiché lo sappiamo, poiché ci angustia e ce ne vergogniamo o disperiamo, a seconda dell’effetto prodotto, vuol dire che dobbiamo fare qualcosa di diverso che seguire l’animale. Giudicare, decidere, agire, sono queste le funzioni dell’anima.
«Ma, dice l’uomo libero, l’anima non può essere altro che uno stato di salute, un equilibrio, una forza del corpo. Nulla prova che ciò che giudica e vuole sia separabile e debba sopravvivere. Voi ci gettate in un’altra paura». Ma non ho annunciato nulla di simile, né promesso nulla di simile. Dico che l’uomo deve salvare la propria anima, e salvarla ora, guardandosi dal furore, dalla brutalità, dalla goffaggine e dalla stupidità; è un compito più che sufficiente. Dico che il più piccolo degli scrupoli, il più piccolo degli esami, la sola attenzione a un lavoro anche minimo, al pensiero più umile hanno lo scopo di salvare questo potere di giudicare e volere, lo si voglia chiamare anima o con tutt’altro nome. Ma che cos’è parlare da uomini? È non inventare mai dei nomi nuovi; è comprendere sempre meglio i nomi vecchi. “Tradire la propria anima” è un colpo di genio di Molière1. Si può dire meglio? Devo dunque salvare la mia anima, e devo farlo attraverso ritegno, esame, dubbio, risoluzione, attraverso coraggio, temperanza, giustizia, e contro paura, minaccia, prestigio, abitudine e autorità. Il corpo è eloquente quanto basta: trema di fronte a un’azione difficile, ma trema anche di fronte al capo, e dello stesso tremito; tutto questo è chiaro quanto basta. Finché è il corpo a condurmi, io perdo la mia anima. Bisogna che torni alla mia anima; bisogna che io trovi in me stesso, e per libero decreto, di che rispettare senza tremare, di che obbedire senza tremare. Altrimenti, rifiuto. Io devo salvare la mia anima; tutto il resto non conta nulla, e Polieucto ha ragione2. Il catechismo è un libro pericoloso.
[Tratto da: Alain, Sentiments passions et signes, Gallimard, Paris 1935, pp. 132-134, trad. di Giacomo Corazzol]