di Andrea Lanza
Il nostro amico e socio Andrea Lanza è rimasto colpito da una lettera del novembre 1848 che di recente ha potuto leggere in un fondo degli Archivi Nazionali di Parigi. Cosa ci raccontano, oggi, le singolari caratteristiche di quel breve testo? Che cosa significavano allora? Immaginare quel che è stato seduti a un tavolo in archivio, fare ipotesi davanti a un bicchiere bevuto in compagnia, pensare alle nostre vite di oggi attraverso i compagni di ieri.
Una candidatura respinta
Ottobre 2021, sala di consultazione degli Archivi Nazionali francesi, sfollati dalla sede storica nel centro di Parigi all’avveniristico edificio della banlieue nord, al confine fra il comune di Saint-Denis e quello di Pierrefitte-sur-Seine. Inizio a esplorare una serie di faldoni che documentano un aspetto poco studiato della rivoluzione francese del 1848: un credito di tre milioni di franchi erogato dalla Repubblica alle cooperative di soli operai o di padroni disposti a distribuire parte dei dividendi con i propri lavoratori; per ottenere il credito bisognava presentare un progetto a un Consiglio che lo avrebbe valutato. Il provvedimento era stato approvato il 5 luglio 1848, all’indomani delle giornate di giugno, quelle della sollevazione delle classi popolari parigine in nome della repubblica democratica e sociale, mentre alla repressione delle armi succedevano le retate e una campagna stampa di totale delegittimazione degli insorti e dei “democratici socialisti”. La storiografia dei movimenti dei lavoratori ha spesso liquidato questo Consiglio come un’operazione volta a controllare o comprare parte delle classi lavoratrici, pronte a collaborare con i repubblicani moderati e, soprattutto, con l’eterogenea alleanza di conservatori e reazionari che stava ormai prendendo il controllo della giovane repubblica.
Mi immergo nei faldoni con la sensazione che la realtà fosse meno schematica, più complessa e contraddittoria, come è sempre la vita, e che in quei fogli si possano ritrovare tracce interessanti di chi nell’associazionismo operaio continuava a vedere il cuore di una repubblica a venire, di chi cercava una forma di credito nuova per rilanciare la propria officina in crisi e di chi sapeva fiutare possibili affari e speculazioni. E talvolta tracce di un impasto inconfessato di tutte queste ragioni.
Una parte consistente dei faldoni è composta dalle domande rigettate. Molti di più, ma molto più sottili di quelli della sessantina di fortunate associazioni che hanno ottenuto il credito, le decine e decine di dossier rifiutati sono caratterizzati da diversissime capacità tecniche nel presentare una candidatura a un bando pubblico. Capacità diverse di proiettarsi nel futuro immaginando la propria cooperativa, capacità diverse nel tradurre nel presente questa immaginazione con parole credibili per chi selezionerà le candidature. Fra le domande estremamente ingenue e destinate al fallimento, una ha attirato la mia attenzione più di altre: il dossier “CARAYEUX – coiffeurs (Paris)”. La sottile cartelletta contiene una lettera di candidatura, una lettera del Ministro degli Interni, un rapporto finale del Consiglio, una copia e l’originale della comunicazione – lo stereotipo del “ci dispiace informarla che…” senza alcuna spiegazione – del medesimo Consiglio al candidato.
La lettera di candidatura, una pagina, è datata 23 novembre 1848 ed è scritta con la calligrafia fra l’esitante e il pomposo che si ritrova talvolta negli autografi operai indirizzati alle autorità.
In italiano potrebbe suonare più o meno così:
Ai Cittadini Membri della Commissione degli Operai Lavoratori
Cittadini
Noi sotoscritti Operaio Parrucchiere abbiamo l’onore di inviare ai Cittadini Membri della Commissione degli Operai Lavoratori la presente per chiedere il prestito di 1000, F. per aprire una Casa d’associazione Fraterna per esercitare la professione di parrucchiere da tempo senza lavoro.
Noi siamo persuaditi in anticipo che i Cittadini Membri della Commissione verranno in aiuto degli sfortunati proletario che non chiedono che di vivere lavorando, e di versare il loro sangue per la Repubblica, Democratica, e Socialle.
Saluti, e Fratellanza,
G.ve Carayeux
Presso il Sign. Antoine, rue de L’Echaudé, 12 Casa del Sign. Léguien
[a fianco figurano altre tre firme] L.Cadre L.Bonrad L.Coeur
La lettera non mi ha davvero colpito perché l’autore dimostra una totale ingenuità e ignoranza delle informazioni da fornire per accedere al credito (per esempio, sulla situazione economica dell’associazione in modo da rassicurare il Consiglio sulle possibilità di mettere a frutto il prestito e di restituirlo in rate annuali), questo è un dato comune a moltissime altre domande respinte; e nemmeno per il fatto che sbaglia addirittura interlocutore: il secondo elemento del dossier testimonia che la lettera fu inviata al ministero sbagliato, quello degli Interni, per essere poi trasmessa da questo al giusto destinatario, quello dell’Agricoltura e del Commercio.
Quel che mi sorprende è l’evocazione della repubblica democratica e sociale, l’uso dello slogan che aveva caratterizzato le posizioni più radicali della primavera e le giornate di giugno.
La lettera ha poi altri elementi di stranezza. Le prime richieste sono spedite già il giorno dopo l’approvazione da parte dell’Assemblea, a inizio luglio; il flusso di domande raggiunge il suo apice ad agosto, per poi diminuire progressivamente e chiudersi a fine anno. Come spiegarsi questa lettera che appare improvvisata pur essendo ormai fra le ultime a pervenire? Era giunta a Gustave la voce di un’associazione a cui era stato già approvato il finanziamento? In rue de Seine, per esempio, non lontano dal suo domicilio, una tipografia aveva ricevuto un credito di diverse migliaia di franchi. O, forse, aveva sentito parlare altri operai che stavano aspettando speranzosi di ottenere i soldi necessari a lanciare la propria associazione?
E, poi, perché Gustave crede di rivolgersi a una commissione di operai? Poteva averne sentito parlare in quei termini?
Il Consiglio era presieduto dal Ministro dell’Agricoltura e del Commercio, ma il vicepresidente era Anthime Corbon, tipografo, e redattore del giornale (“redatto da soli operai”) L’Atelier, stampato fra l’altro proprio nella tipografia di rue de Seine a cui era stato approvato il prestito già a fine estate. Operaio tipografo e redattore del medesimo giornale era anche un altro membro del Consiglio: Danguy. Lavoratore di tipografia era pure Jacques Richard. Henri Peupin, membro dei consigli dei probiviri (i tribunali dei prud’hommes formati da lavoratori e imprenditori), era un operaio orologiaio, che assumerà progressivamente posizioni sempre più antisocialiste. La maggiore parte dei membri del Consiglio era legato al mondo della produzione artigianale e industriale di Parigi.
Carayeux potrebbe anche aver sovrapposto due istituzioni diverse: il consiglio che selezionava le domande di credito per le cooperative e una commissione dell’Assemblea costituente, ufficialmente denominata “Comitato del lavoro”, ma talvolta chiamato “Comitato dei lavoratori”.
Al di là di qualunque ipotesi, l’evocazione melodrammatica della repubblica democratica e sociale appare nell’autunno del 1848 fuori tempo e, nel caso di una candidatura all’elargizione di un credito agevolato, sostanzialmente suicida.
E se fosse…?
Nella grande sala di consultazione degli archivi, continuo a osservare il foglio di carta dalla calligrafia lambiccata. Gustave Carayeux: un uomo, ma di quale età? Probabilmente scapolo, poiché abita presso un amico o un semplice conoscente o addirittura un affittacamere. Dall’indirizzo, una strada che esiste ancora pressoché intatta nonostante il boulevard Saint-Germain abbia stravolto l’intrico di vicoli, si può immaginare che abbia scritto la lettera in un modesto appartamento di un vecchio edificio dalle pareti esterne un po’ stortignaccole, stanze piccole e piuttosto buie, parquet un po’ malconcio, grandi travi al soffitto. Forse ha scritto insieme agli altri parrucchieri – tutti disoccupati da tempo, come molti altri a Parigi, colpita da una grave crisi economica – che appongono la loro firma in fondo al foglio: in tal caso potrebbero averlo fatto seduti al tavolo di un mescitore di vini.
Due sere più tardi sono io al tavolo di un bar sul fianco della collina di Montmartre. Racconto a un amico di quella lettera davvero strana. Ovviamente la domanda non è stata accolta, esclusa a priori perché il numero di associati era troppo basso per essere presa in considerazione (altro criterio di cui Gustave non era al corrente). Dossier chiuso senza che fossero richieste ulteriori informazioni né pertanto ci fossero ulteriori scambi di lettere.
L’amico mi guarda: e se fosse uno scherzo? una provocazione? Per prendere in giro il Consiglio d’incoraggiamento delle associazioni operaie. Possiamo immaginare una piccola compagnia di operai socialisti, giovani ma disillusi dalla repressione feroce che aveva e stava colpendo chi aveva difeso la repubblica democratica e sociale, che a fine serata in una di quelle grandi osterie appena fuori dal muro del dazio, si era inventata questo operaio irriducibile, dal francese incerto e dagli eroici propositi, che alzava ancora fiera la bandiera della repubblica dei lavoratori proprio di fronte a chi, in maniera più o meno esplicita, si allineava al governo sempre più antisocialista.
Quattro giorni prima, il quotidiano fourierista Démocratie Pacifique aveva pubblicato una lettera di un’associazione fraterna di “operai parrucchieri”, situata nel cuore popolare della rive droite, in cui non solo si annunciava la fondazione di una succursale nella rive gauche, in rue de la Montagne Sainte Geneviève, ma si menzionava anche la nascita di numerose associazioni di operai parrucchieri in diversi quartieri della città. L’avevano letta e se n’erano ispirati per inventarsi l’indomito parrucchiere rivoluzionario?
Il mio amico mi chiede il nome del parrucchiere e degli altri, ma nessuno di questi sembra avere un doppio senso. Potrebbe anche essere uno scherzo cattivo di qualcuno che voleva mettere in difficoltà il povero Gustave, fervente socialista? Ma è mai esistito questo Carayeux? Per ora, nelle ricerche che ho svolto, il suo nome non è ricomparso da nessuna parte. Niente di strano, la gran parte degli abitanti di Parigi di quel tempo non ha lasciato tracce, o pochissime e difficilmente individuabili. Sicuramente qualche mese dopo, quando il 20 marzo 1849 il Ministero cercò di recapitare la busta contenente la decisione presa il 27 febbraio dal Consiglio di rigettare la domanda, a quell’indirizzo non c’era nessun Gustave Carayeux. Lo testimoniano la busta e la lettera originale che, insieme alla minuta, è stata inserita nel dossier “Ass. Carayeux”. Ma anche questo dato è poco significativo: di operai che cambiano il proprio domicilio, passando di quartiere in quartiere, in quegli anni è pieno. È probabilmente la condizione più comune.
Il dubbio non può essere sciolto, non per ora almeno: una straordinaria testimonianza delle speranze che continuavano ad animare gli operai parigini anche dopo i massacri di giugno o una provocatoria presa in giro, delle autorità d’allora e degli storici d’oggi?