di Christian De Vito
Due settimane fa un ragazzo senegalese, Pape Diop, è stato ucciso all'alba con un fucile da caccia in via Baracca, verso la periferia di Firenze, mentre andava al lavoro. Le voci dicono si sia trattato di un «delitto d'onore», responsabile si sospetta sia l'ex (italiano) della ragazza (italiana) di Pape. Quest'ultimo aveva già ricevuto minacce di morte, a sfondo razzista per giunta. Nessuno risulta peraltro inquisito per il momento.
Per oggi pomeriggio l'associazione dei senegalesi aveva convocato un corteo da piazza San Marco alla questura (via Zara), per ottenere delle indagini approfondite da parte della polizia e per chiedere che il corpo del ragazzo possa tornare in Senegal, dove la famiglia è in attesa da giorni.
Concentramento alle ore 16, partenza alle ore 17. Eravamo circa una ottantina, di cui oltre sessanta senegalesi, alcuni marocchini che vendono in San Lorenzo e sei-sette italiani (due consiglieri comunali PRC, uno, Pape Diaw, è senegalese, alcuni dell'ARCI e di altre associazioni). Per l'occasione erano state mobilitate due-tre volanti della polizia, una dei carabinieri, un paio di macchine dei vigili. I ragazzi senegalesi hanno notato tra i poliziotti, un signore sulla cinquantina in borghese con camicia bianca che è un funzionario di polizia noto tra di loro per la continua caccia che gli dà per le strade del quartiere. Non facevano riferimento a violenze, ma appunto alla ossessiva caccia contro di loro finalizzata al sequestro della merce che vendono.
Arrivati davanti alla questura con un breve corteo (600-700 metri), i poliziotti hanno imposto che ci muovessimo lontano dall'ingresso, sul marciapiede di fronte, perché «devono passare le macchine». Alcuni momenti di agitazione, poi Pape Diaw ha calmato gli uni e gli altri. Si è formata una delegazione di 4-5 persone che ha parlato, credo, con il Questore. Il quale ha detto, rispetto alla salma del ragazzo, che da tre giorni ci sarebbe stata la possibilità di portarla in Senegal, ma il console onorario non si è minimamente interessato della cosa né delle pratiche relative. Nei prossimi giorni (martedì credo) ci sarà un incontro della delegazione con il console onorario e forse un altro incontro con il Questore. Il corteo-presidio si è sciolto verso le sei.
Stasera verso le 20.50 ero in piazza Duomo. A un certo punto si sono visti una cinquantina di venditori senegalesi fuggire veloci con i sacchi bianchi e i cartoni, da borgo San Lorenzo e dalla stessa piazza San Giovanni verso piazza Repubblica e le vie adiacenti. Andando verso casa, entro in borgo San Lorenzo, bloccata completamente da cinque volanti di polizia. A capo dell'operazione, il funzionario con la camicia bianca del pomeriggio, che, sempre in borghese, è nella prima macchina, ora anche con una giacca e i guanti neri. Lui e gli altri agenti, non essendo riusciti a fermare nessuno dei venditori, scendono ora dalle macchine, tirano calci e stracciano rabbiosamente i cartoni rimasti, caricano nelle macchine stesse borse e altri oggetti rimasti lì o caduti durante la fuga.
A un certo punto partono sgommando verso via dell'Ariento, sul lato della chiesa di San Lorenzo. Scendono tutti assieme dalle macchine all'altezza di dove i ragazzi brasiliani che vendono al mercato (dei barrocci) e altri bevono birra e chiacchierano. Qui il funzionario si avvicina minaccioso ad un ragazzo senegalese (l'unico senegalese) che beve con gli altri e ha in mano una birra. Era uno dei ragazzi presenti al corteo del pomeriggio. Gli dice «perché cazzo bevi la birra tu?» e immediatamente decide di fermarlo. Di tutti gli altri non si interessano minimamente. Per dirlo chiaramente: mi pare evidente l'intento vendicativo per la manifestazione del pomeriggio. Il senegalese non aveva i documenti, lo ha detto in modo tranquillissimo ai poliziotti, senza fare alcuna resistenza, anzi proprio con calma. Lo fermano, poi lo mettono in macchina e lo portano via (in questura, credo).
Mentre fanno questo, chiedo ai poliziotti come mai lo fermano in quel modo, perché lo offendono, perché non può bere la birra insieme a tutti gli altri. Il funzionario dice «ma che cazzo vuole questo?», poi sostanzialmente si disinteressa a me, impegnato a portare dentro il senegalese. Un altro agente mi riconosce invece immediatamente, senza neanche vedere i documenti dice: «questo lo conosciamo, rompe sempre le palle, mi sembra che non sia neanche di Firenze. Anche prima in borgo san Lorenzo eri lì a guardare, credi che non ti abbia visto? La devi smettere di rompere le palle, capisci?». Ho provato a chiedere cosa c'era di sbagliato a guardare cosa succede per strada, dopotutto ci saranno state decine di persone a guardare una operazione del genere vicino piazza del Duomo.
«Mi dia i documenti. Su forza, dammi i documenti. Veloce su». «Ma perché dovete sempre chiedere i documenti, appena uno vi fa una domanda?». «Dammi subito i documenti e non rispondere. Non devi rompere le palle, hai capito?». «Va beh, guardi, ecco qui i documenti comunque». Do loro i documenti, nel frattempo arriva un altro poliziotto con il sorrisetto: «Ancora tu. Guarda Christian, tu la devi smettere, è la seconda volta, alla terza volta ti porto dentro». «Ma scusi, perché mi chiama per nome? Cosa vuol dire alla terza ti porto dentro? Ma dove siamo?».
A questo punto sono le 21.10, mentre controllano i documenti prendo il cellulare e provo a telefonare a una consigliera comunale del PRC che era presente oggi pomeriggio al presidio-corteo. Mentre lo faccio e mi muovo dal posto in cui ero, tre agenti mi vengono dietro, mi dicono minacciosi di spegnere immediatamente il telefono, di non chiamare nessuno. «Sei sotto un controllo di polizia, non puoi chiamare nessuno». «Metti subito giù quel telefono altrimenti di portiamo subito dentro». «Ma perché non posso fare una telefonata? Voi controllate i documenti e io faccio una telefonata. Che problema c'è?». A questo punto uno mi strappa di mano il cellulare e lo butta per terra (ma non si è rotto, è davvero resistentissimo!!!). Mi restituiscono i documenti con uno strano sorrisino sulle labbra (speriamo non voglia dire che ora tornano in questura e mi denunciano?). Intanto il ragazzo senegalese se lo sono portato via.
«Senti» interviene un altro «ma tu che cazzo fai nella vita, non hai niente da fare invece di rompere i coglioni?». «Sono un dottorando in storia, secondo lei posso fare il dottorando in storia e poi girare nel mio quartiere senza vedere queste scene?» «Tu fa' lo storico e non rompere i coglioni. A far rispettare la legge ci pensiamo noi». Ci sono quattro-cinque poliziotti attorno a me a questo punto. Altri sono lì che guardano. «Sentite» dico loro «si può fare un discorso un pochino più complesso invece di continuare con offese e intimidazioni? Voi sapete benissimo che in questa città, come altrove, ci sono decine, centinaia di persone senza permesso di soggiorno. Perché la legislazione sull'immigrazione non permette loro di avere quei documenti. Credete davvero che dare loro la caccia nelle strade risolva qualcosa? E poi, vabbè, voi farete anche il vostro lavoro, ma non potete aggredire, offendere, minacciare, terrorizzare la gente in quel modo. Questo, non c'è nessuna legge che ve lo permette». «Ma vattene via» «Ma che cazzo vuole questo» «Fa' il tuo mestiere, noi facciamo il nostro. E non rompere le palle». Sghignazzano, sorridono, mi mandano vaffanculo, ecc. ecc. ecc.
Poi sgommano e vanno via.
Una coppia (credo lombarda) mi si avvicina. Dice il signore: «lei ha perfettamente ragione. Ma come possono fare queste cose? Perché le hanno preso i documenti? Perché hanno trattato così quel ragazzo?». Ho spiegato a loro e ad altri lì attorno che c'era stata una manifestazione dei senegalesi nel pomeriggio, che c'era appena stata una retata contro i venditori in borgo San Lorenzo, ecc. «Incredibile!» hanno commentato i due signori.
Due ragazzi marocchini all'angolo di via dell'Ariento con borgo La Noce ascoltano quello che racconto. Annuiscono vistosamente, parlano un attimo tra loro in arabo, poi mi dicono: «L'altra sera in Santa Croce hanno preso un ragazzo marocchino e l'hanno massacrato di botte». «Va bene» aggiunge l'altro «lì c'è lo spaccio, ma lui non c'entrava niente». E l'altro aggiunge: «Lo stavano massacrando, per fortuna c'era un giudice, un avvocato non so, che mangiava al ristorante lì vicino ed è intervenuto. Così hanno dovuto smettere». «Ma anche a me, in questura, un paio di mesi fa mi hanno picchiato». Mi mostra delle ferite sulle gambe. «E poi» interviene l'altro «mi spieghi che l'hanno fatto a fare l'indulto se poi vanno in giro a cercare quelli usciti con l'indulto per rimetterli dentro? Anche se non fanno niente, proprio niente. Così, uno beve una birra, lo prendono e lo rimettono dentro?». «Comunque quel ragazzo lì, a Santa Croce, l'hanno ridotto proprio male». Continuiamo a parlare per un po', poi ci salutiamo.
Tutta la scena l'hanno vista in tanti, almeno una ventina-trentina di persone. Alcuni erano nel bar o sulla soglia del bar di via dell'Ariento angolo borgo la Noce, altri erano in strada a bere la birra, altri passeggiavano in via dell'Ariento stessa e si sono fermati. Guardavano e parlavano tra di loro. Nessuno è intervenuto.
Percorro borgo La Noce per tornare a casa, attraverso piazza Mercato Centrale. Sul piazzale davanti all'ingresso del mercato, chiamo a casa la consigliera comunale che avevo cercato prima, le racconto la situazione, le cose che ho scritto fin qui. Sono le 21.19 quando chiamo, tutto si è svolto molto velocemente ma sembra un'eternità. Il solito senso di impotenza mi si attacca addosso, la solita voglia di piangere, la solita rabbia perché uno non riesce mai a fare nulla. E quel ragazzo fermato, ora in questura, uno si preoccupa, magari gli stanno facendo qualcosa, di sicuro avranno continuato ad offenderlo, ad intimidirlo. E poi, perché?
Parlo una decina di minuti con la consigliera. Poi vado verso casa. Imbocco via panicale dalla piazza del mercato, all'altro estremo (lato via guelfa), tre volanti della polizia. Stessi poliziotti di prima. Continuano il tour. Altri controlli a caso sugli immigrati che sono lì a chiacchierare fuori da negozi di kebab, internet e telefonia. Non fermano nessuno. Nascosti in via taddea, intanto, tre-quattro ragazzi tossicodipendenti cercano disperati i pusher che di solito sono all'angolo della piazza. Ne arriva uno, chiede anche a me se ho chiesto un grammo di roba prima. Gli dico che non sono io. Se ne va, poco dopo trova l'acquirente seminascosto dietro un bidone della spazzatura.
Sgommano le volanti, in via Taddea ci si nasconde nel buio. Le macchine della polizia percorrono via panicale, vanno verso via dell'Ariento dalla parte più vicina a via Panicale. Vedono due o tre senegalesi, si fermano di nuovo, altri controlli completamente a caso, così, tanto per intimidire, per marcare il territorio, per affermare il proprio potere incontrastato.
Ore 21.41, mi chiama un mio amico che avevo cercato attorno alle 21 al cellulare per raccontargli la prima parte dell'operazione di polizia, quella in borgo San Lorenzo. Gli racconto i fatti che ho visto e subito. Ci salutiamo. Decido che mi basta così per stasera. Apro il portone di casa, salgo le scale. Mando un sms di aggiornamento alla consigliera, comprendente le ultime due operazioni in via Panicale e via dell'Ariento. Poi mi metto al computer e scrivo…