di Francesco Zane, a cura di Giannarosa Vivian
Pubblichiamo un testo inedito del nostro amico Francesco Zane, che ci ha lasciati un mese fa. Il giorno dell’equinozio di primavera del 2019, due “curiosi di cose veneziane” si incontrano a San Marco sotto il campanile e osservano le ombre e gli orologi della piazza. Appunti e progetti per una ricerca incompiuta.
Giovedì 20 marzo 2019, non ci sono i piccoli a casa mia, è una bella giornata di sole (è essenziale) e decido di andare a San Marco: voglio osservare la meridiana di Sant’Alipio e dove cade l’ombra del campanile di San Marco. Non è un giorno qualsiasi: per gli astronomi contemporanei stasera alle 22,58 ci sarà l’equinozio di primavera 2019. Per gli antichi veneziani, che contavano i giorni dal tramonto del sole, sarebbe stato già il 21 di marzo… in regola con la data scolastica di inizio primavera.
Arrivo in piazza che i Mori suonano le 10 sull’Orologio della Torre. È mia intenzione stare là almeno fino a dopo le ore 12. C’è da aspettare un po’, così mi cerco un bel punto di controllo. Non è piacevole quel borino di marzo che viene su dal Molo e così, appena vedo un’allegra famigliola di turisti allontanarsi dalla panca marmorea (lato sud, ben riparato) della Loggetta del Sansovino alla base del campanile, mi fiondo a occupare quel posto: un magnifico punto di osservazione! Tiro fuori il mio cannocchiale e posso controllare l’ombra sulla meridiana di Sant’Alipio, detta così perché sopra il portale di Sant’Alipio nella Basilica di San Marco è collocato un orologio meccanico, la cui campana batte le ore circa 5 minuti prima dei Mori. Controllo l’ombra del Campanile e faccio alcune foto.
Devo aspettare per i successivi controlli, così tiro fuori il volumetto di Matteo Melchiorre (quello sull’albero), che avevo iniziato a leggere a casa. Leggo al capitolo V, pagina 54: “Ma, con in mente l’Alberon di Tomo, il pensiero è quello degli alberi. Mi sono messo a guardare gli alberi…”
Automaticamente mi attraversa il pensiero che anche io sto osservando un albero. Di pietra, il mio albero-colonna-meridiana, come tutti gli altri che, veri alberi immersi nel fango a sostenere gli edifici di Venezia, per una quale strana metamorfosi, emergendo si sono mutati in colonne di pietra sul piano della piazza…
Registro su quale colonna-arco-finestra delle Procuratie Vecchie arriva l’ombra del Campanile immaginandolo come un enorme Campanile-gnomone, che con la sua ombra segna le ore nella piazza-meridiana. Intanto un signore di mezza età si è seduto accanto a me. Non aspetto che arrivi una domanda per rispondere ai suoi sguardi inquisitori.
“Guardo le ombre proiettate dal sole che ci dicono l’ora attraverso tutti questi orologi.”
“TUTTI?! Ma io ne vedo solo uno, quello della Torre!… e non serve il sole!”
“Veramente ci sono due orologi solari, e cioè il Campanile-gnomone e la meridiana incisa sulla colonna di Sant’Alipio, e poi due orologi meccanici, quello con quadrante sulla Torre dei Mori e quello senza quadrante di Sant’Alipio, di cui si scorge la campana sul campaniletto all’estrema sinistra della facciata della chiesa di San Marco… Ma lei… non mi dà l’idea di essere un pensionato che attende l’ora di rientrare a casa per il pranzo!”
(foto di Francesco Zane)
Ho fatto centro! Ci mettiamo a parlare e scopro che questa persona è uno studioso di “cose” veneziane venuto apposta da Mestre a verificare da vicino dei particolari di un’antica pietra di Venezia: un “curioso” che si incontra con un altro “curioso”!
Appena mi dice il suo nome mi ricordo di aver letto una sua ricerca e mi complimento per la bella scoperta del vecchio ponte e del resto, descritta nel suo lavoro.
Non aveva mai notato la meridiana di Sant’Alipio e così gliela illustro. Sembra interessato a sapere di più sugli orologi e sul calcolo del tempo nei secoli passati.
In un niente suona mezzogiorno e facciamo insieme delle osservazioni proprio di fronte alla meridiana posta sulla colonna, non prima di aver notato che l’ombra del Campanile va a posarsi “quasi” sulla Torre dell’Orologio.
Il mio compagno di panca è meravigliato e sorpreso… e ancor più lo diventa quando vediamo da vicino che lo gnomone infisso sulla colonna non indica con la sua ombra il solco che per secoli ha segnato il mezzogiorno, ma “quasi”.
“Questo orologio è in ritardo – dico io ironicamente – eppure questo tipo di orologi sono molto precisi!”.
“Nooo…! Non è possibile! Adesso mi servono delle spiegazioni!”
“No! Adesso vado a casa, ché arrivano i piccoli, ma può trovare alcune spiegazioni nel Quaderno di storiAmestre Che ora era (e gli dico che può trovarlo nella vicina Libreria Studium).”
Mi scuso e ci salutiamo… Sarebbe troppo lungo a quest’ora parlare di tali cose, se non si hanno delle “basi”. Credo che ci risentiremo.
Non gli ho detto che, a dire il vero, nel mio libro non troverà nulla riguardo alle meridiane veneziane, né riguardo a questi quattro “orologi” e nemmeno a quello che fu per tanto tempo il primo e l’unico orologio meccanico di Venezia, quello di Sant’Alipio. Ho visto personalmente alla Marciana l’antichissimo documento cartaceo che ne parla, dopo averlo letto e trascritto da alcuni libri che lo citano. La data riportata (1262) lo colloca nella storia dell’orologeria meccanica come in assoluto il primo orologio meccanico e tutt’ora in servizio! Vale la pena di indagare.
Altri dati delle mie ricerche portano a considerare che la Repubblica di Venezia mettesse una sorta di “segreto” su tutto ciò che potesse fornirle un qualche vantaggio tecnologico rispetto ad altri paesi. Ciò valse anche per gli antichi segnatempo meccanici, che furono considerati alla stregua di “materiali strategici”, su cui rivelare il meno possibile. È una delle ragioni per cui poco si trova sugli antichi meccanismi. (Per la stessa ragione Leonardo da Vinci scrisse specularmente le osservazioni sulle sue “macchine”.) Degli orologi non si doveva parlare, né si doveva citare il nome dell’autore. Anzi meglio mettere in giro delle false notizie, come per esempio quella che Venezia lasciò circolare intorno all’accecamento del costruttore del grande orologio di San Marco, che ancor oggi molti raccontano come notizia storicamente vera.
Nota. Francesco studiava da tempo il portale di Sant’Alipio della basilica di San Marco, in vista di una storia dell’orologeria pubblica a Venezia iniziata con il Quaderno Che ora era. Soprattutto si riprometteva di verificare se il segnatempo soprastante il portale fosse quello menzionato nella cronaca duecentesca conservata alla Biblioteca Marciana. (g.v.)
redazione sito sAm dice
Segnaliamo che Alberto Vitucci ha scritto un ricordo di Francesco Zane sulla "Nuova Venezia" del 6 novembre: "Addio a Francesco Zane, il custode veneziano del tempo"; il suo articolo riprende questo scritto su Sant'Alipio e la nota di Giannarosa Vivian. Si legge anche online (integralmente solo per abbonati): https://nuovavenezia.gelocal.it/venezia/cronaca/2020/11/05/news/addio-a-francesco-zane-il-custode-veneziano-del-tempo-1.39504593.