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Renzo Zorzi

Le rose bianche. Un ricordo degli anni Trenta da Mestre, via Piave

27/07/2008

di Renzo Zorzi

Nota della redazione. Spulciando la collezione del quotidiano «L’Italia socialista», in un numero della fine del 1948, ci siamo imbattuti in un ricordo d’infanzia di Renzo Zorzi. Zorzi, nato nel 1921, già legato al gruppo antifascista «Giustizia e Libertà», era stato membro del Partito d’Azione fino a che questi non si era sciolto, nel 1947. «L’Italia Socialista» era la testata erede dell’«Italia Libera», già quotidiano del PdA, ed era allora diretto da Aldo Garosci, Zorzi sarebbe diventato un’importante personalità della cultura italiana del dopoguerra, legando il suo nome alle attività promosse da Adriano Olivetti e, dopo la morte di questi, dalla Fondazione Olivetti; tra i profili biografici consultabili in rete, rimandiamo a quello del sito della Fondazione Cini.

L’articolo apparve su «Italia Socialista» del 25 novembre 1948 sotto il titolo è «Le rose bianche»; il sottotitolo con cui appare qui è responsabilità della redazione di sAm. Non siamo riusciti a contattare Zorzi, ma lo ringraziamo qui, contando sul fatto che questa ripubblicazione non gli sia sgradita.

Nelle vacanze tra la prima e la seconda ginnasio (abitavo allora con la famiglia a Mestre, nel primo fabbricato delle case dei ferrovieri di via Piave) lavorai come fiorista nel negozio di un fioraio non molto distante da casa, nei pressi della piccola chiesa di cemento bianco, in piazzetta Piave, che fu poi abbattuta da una bomba durante la guerra. Dalla porta del negozio vedevo la bottega di faccia, anch’essa sotto i portici, che era la cartoleria Burigana, dove si vendevano, oltre che quaderni e oggetti di cancelleria e tutto l’occorrente per la scuola, anche giocattoli, maschere di carnevale, e una quantità di cose. Quello che mi teneva gli occhi sul vetro della larga vetrina erano allora i libri. Fu in quel periodo che cominciai a conoscere veramente cosa fossero i libri. Non quelli di scuola, su cui mi annoiavo fino ad addormentarmi, e che mi parevano piuttosto ingrati strumenti di lavoro, privi di un senso preciso, se non, forse, l’antologia italiana; ma gli altri, i romanzi di Verne soprattutto, nei quali mi imbattei non so in che modo, come in chiavi che avessero un meraviglioso potere, e che passavo i pomeriggi a leggere di nascosto mentre mia madre credeva stessi studiando. [Leggi di più…] infoLe rose bianche. Un ricordo degli anni Trenta da Mestre, via Piave

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