di Renata Segre
Riprendiamo alcune pagine dal libro di Renata Segre, Preludio al ghetto di Venezia. Gli ebrei sotto i dogi (1250-1516), pubblicato qualche giorno fa dalle Edizioni Ca’ Foscari e disponibile online. Nel suo studio l’autrice ricostruisce la storia della presenza ebraica a Venezia prima dell’istituzione del Ghetto nel 1516. Smentendo “il mito” di uno stanziamento di ebrei a Venezia solo dal 1516, Renata Segre documenta come, a partire dalla fine del Trecento, Mestre fosse “centro nevralgico” della comunità ebraica insediata sulla Terraferma veneta. Attorno al castello e in quella che è l’attuale calle del Gambero operavano infatti banchi di prestito feneratizio, e avevano sede una sinagoga, un ostello e un cimitero ebraici. Queste vicende – è il caso di dirlo: di “una città invisibile” – sono ora riportate alla luce da Renata Segre grazie a una ricerca ventennale, e alla documentazione conservata nell’archivio dell’Antica Scuola dei Battuti a Mestre.
Alla stregua di Treviso, anche Mestre era divenuta città suddita veneziana nel Trecento; alla stessa stregua di Treviso, e dopo Padova, anche a Mestre i toscani (in questo caso, più precisamente, dei fiorentini) avevano dovuto cedere il passo, ritirandosi progressivamente da quell’attività di credito e di esazione dei dazi, di cui erano stati a lungo i protagonisti. Ma dalla nostra angolatura, Mestre, come già evidenziato, spicca per una sua particolarità: durante quasi un secolo e mezzo (almeno fin verso il 1509) fungerà da centro nevralgico – quasi capitale – della comunità ebraica insediata sulla Terraferma veneta1. Associando una posizione geografica di massima prossimità a Venezia al distanziamento per via dell’acqua da navigare, meglio riproduceva, anche plasticamente, lo scarto che Venezia aveva sempre inteso serbare nei confronti di questi infedeli2. Una visione teleologica, e pure teologica, cui non facevano difetto concretezza e lungimiranza: la presenza dei banchi ebraici, e delle attività indotte, sarebbe stata in grado di trasformare Mestre da borgo fortificato a difesa della capitale in una vera città popolosa, prospera e vivace, se Venezia l’avesse sinceramente desiderato.
- In una delibera del 1527 i pregadi vollero condensare la storia di centoquarant’anni di prestito ebraico a Mestre: «Li savii et religiosi progenitori nostri» il 27 agosto 1394 «licenciorno […] li hebrei feneranti da Venezia mandandoli a star a Mestre, ma avendosi sempre sforzato quelli malignamente romper li nostri ordini, fu neccessario metter molte parti, et precipue quelle del 1402, 1496, […] fino al 1508, che la prima volta con sue insoportabil versutie et fraude li furno conduti iterum per questo Conseglio a fenerar qui, et doppoi del 1520, 1523, 1525 sono stati continuamente confirmati per questo Conseglio a fenerar a Venezia, et cristianamente questa cosa è sopra ogni altra admiranda et notanda, che sempre che si ha trattà de remover li hebrei feneranti di Venezia se ha visto li prosperi successi al publico et all’iniunti, et sempre che è stata trattà di condurli a fenerar a Venezia si ha manifestamente visto il contrario» (Archivio di Stato di Venezia [d’ora in poi ASVe], Ufficiali del Cattaver [d’ora in poi Cattaver], b. 1, reg. 2, Capitolare, ff. 126v-128v, 18 marzo 1527; G. Gallicciolli, Delle memorie venete antiche profane ed ecclesiastiche raccolte da Giambattista Gallicciolli. Libri tre, 8 voll., Venezia 1795, 2, p. 306, § 940). [↩]
- Per illustrare la prossimità tra Mestre e Venezia si consideri che nel suo punto più stretto la Terraferma dista 2 leghe e ½ da Venezia, e questa, a sua volta, misura 1 lega per lungo e ½ per largo (Descripcion ou Traicté du gouvernement et regime de la cité et Seigneurie de Venise. Venezia vista dalla Francia ai primi del Cinquecento, a cura di Ph. Braunstein, R.C. Mueller, Venezia-Paris, 2015, p. 88). [↩]