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Plinio Vecchiato

“Il mutuo si paga da solo”. La fine del sogno veneto in un’osteria del Nordest

03/01/2016

di Plinio Vecchiato

La crisi bancaria e le reazioni dei risparmiatori viste e ascoltate da un’osteria del Nord Est. Con un suggerimento sempre buono di Luciano Bianciardi.

La settimana scorsa nella filiale di Veneto Banca qua dietro è entrato uno che voleva farsi dare indietro i soldi che gli avevano fatto mettere in azioni. Il direttore gli ha detto che non poteva perché, così Milvana Citter sul Corriere del Veneto, «la procedura burocratica è lunga e al momento non esiste un fondo ad hoc», cioè, se ho capito giusto, ci vuole tempo e, soprattutto, i soldi non ci sono più. «Allora lui si è messo ad urlare, a minacciarlo, ad avvicinarsi scontrosamente fino ad andare in escandescenze e a rompere una porta. Poi ha messo le mani nella cassa e ha preso del denaro», ha strattonato una cassiera, e lei e una sua collega impaurita hanno avuto un malore. Hanno chiamato il Suem per le cassiere col malore, e i carabinieri per quello che rivoleva i soldi, che prima di uscire dall’istituto di credito è riuscito a «ghermire del denaro».

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Il mondo ci chiede canzonette. Identità nazionale e cultura materiale, dopo Sanremo

20/02/2015

di Plinio Vecchiato

Il nostro amico Plinio Vecchiato ci invia alcuni suggerimenti di lettura, e di ascolto, a partire da un articolo di Aldo Cazzullo dedicato al festival di Sanremo, che si può leggere sul sito del Corriere della Sera. Vecchiato entra con prudenza su un terreno molto frequentato dagli storici, soprattutto negli ultimi anni; il merito principale che rivendica è quello di segnalare una fonte importante per gli studiosi del futuro. Ma ci ha anche scritto di avere pronto il titolo per un libro sull’argomento, che difficilmente farà, ma non si sa mai: L’amore convitato di pietra al banchetto delle nazioni: ed è subito pantografo. 

A Maria Ilva Biolcati

Di che cosa è fatta l’identità delle nazioni? Sarebbe questa la sede adatta per discuterne, magari a partire da un riepilogo sistematico e ragionato delle tante analisi, riflessioni e percorsi che gli storici hanno affrontato su uno dei temi più complessi della storiografia contemporanea.

Adatta la sede, ma disadatto chi scrive.

È che difetto di spirito critico. E dire che avrei fatto la scuola apposta per lo spirito critico, il Classico, che a differenza dell’Itis che quando lo finivi trovavi subito da andare a lavorare perché eri perito, col Classico ti toccava fare l’Università perché avevi acquisito lo spirito critico.

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Foglio sparso con poesia (4 maggio 1992)

28/06/2014

di Plinio e Nevio Vecchiato

Scartabellando tra le scatole di scarpe sopravvissute a decine di traslochi, mio fratello Nevio e io abbiamo trovato un foglietto con su scritta una poesia sull’attentato di Sarajevo del ’14 vergata di suo proprio pugno. 

Comincio la descrizione dai caratteri estrinseci. Nella stesura manoscritta il testo si presenta redatto su comune foglio a quadri tipo bloc-notes 19×15 cm mediante penna a sfera blu. Qualche brunitura sparsa, fioriture leggere, in generale lo stato di conservazione è buono. Sui bordi residue tracce di nastro adesivo (l’aveva attaccata da qualche parte?). Porta la data del 4 maggio 1992. Data cronica in forma gg/mm/aa. Il mese espresso in numero romano conferisce solennità all’intero impianto formale.

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“Aiutarli a casa sua”. Un inusuale uso pubblico della Resistenza

29/03/2014

di Plinio Vecchiato

Il nostro amico Plinio Vecchiato ci coinvolge di nuovo in una sua lettura: un articolo pubblicato dal “Gazzettino”, edizione di Treviso, il 25 marzo 2014.

A pagina 3 dell’edizione del 25 marzo 2014 del “Gazzettino di Treviso” ho letto una dichiarazione del presidente della provincia di Treviso Leonardo Muraro che mi ha entusiasmato. Si parla di quaranta profughi africani, somali malesi e ivoriani, che pare saranno ospitati nella Marca. Il nostro esprime, ça va sans dire, contrarietà all’ipotesi, ma argomentando in maniera del tutto nuova:

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Roncade dal neolitico agli anni Ottanta. Una lettura d’occasione

11/01/2014

di Plinio Vecchiato

Il nostro amico Plinio Vecchiato ha voluto renderci partecipi della recente lettura di un libro sulla storia di Roncade uscito nel 1991.

Per motivi del tutto indipendenti dalla mia volontà mi è toccato di sciropparmi La comunità roncadese nella sua storia, cultura e religione di Mario Andreazza (The courier, Firenze 1991). È un libro di quelli soliti che parte col fortunoso ritrovamento degli antichissimi manufatti in selce risalenti al neolitico e finisce con lo sviluppo dei mobilifici negli anni Ottanta, passando per l’urna cineraria di un signore venetico che di nome faceva Votunca, l’antico cardo e decumano, le vie di comunicazione di Annio Rufo («il pulsare di quella importantissima arteria significò calore e vita anche a qualche distanza dal nastro stradale»), il monastero benedettino, l’antico castello che però è una villa essendo «le mura costrutte ed ordinate per la comodità di una laboriosa fattoria o per una amena villeggiatura più che per la difesa dagli assalti», l’antica chiesa che sorge sulle antiche vestigia di un sacrario paleoqualcosa, gli illustri personaggi, le belle lavanderine, gli onesti artigiani che fanno gli antichi mestieri e i frugali contadini «d’indole rozza ma buona» guidati «dalla vigile opera dei parroci che condividono la situazione dei loro fedeli e li spronano al rispetto degli ideali cristiani ed alla venerazione verso l’autorità ricordando altresì che essa è a servizio del popolo»; e ancora, per venire al contemporaneo, i 234 «suoi [di Roncade] figli» morti nella prima («contributo alla Vittoria» e «sacrificio alla Patria»), quelli morti nella seconda, parte di qua e parte di là («fratelli divisi da rancori politici, interessi, e visioni distorte della vera salvezza della comunità civile»), il referendum del 2 giugno (perdono i monarchici, ma di un niente), l’elenco dei parroci, dei cappellani, delle suore, dei sindaci, delle giunte, cenni di demografia, note di araldica toponomastica e fonetica, lazzi e proverbi, curiosità varie tipo i semplici giuochi dei fanciulli d’un tempo e i mangiari delle feste, per finire con il coro, l’Avis, l’Aido e l’Associazione Veterani Calcio che dal 1977 crea «una rete di iniziative atte a cimentare la vera amicizia» e «cura con particolare attenzione, con coraggiosa disponibilità e sacrificio, la Sagra di San Giacomo» che si svolge in «una atmosfera di serena allegria» a differenza delle celebrazioni per la madonna dell’otto settembre che «un tempo avevano tutto il sapore paesano» mentre adesso «sono divenute forse un po’ sofisticate nella ricerca di una impostazione attuale che si compendia nella Pro Loco» (io ci sono stato, una volta, alla festa della madonna e ho avuto precisa quell’impressione lì: bello, per carità, ma sophisticated che mai coi sagrari unisoni in fitta schiera a fare i balli di gruppo).

L’autore del libro, laureato in storia a Firenze con Giovanni Spadolini relatore, era un prete di Roncade, di quelli paternalisti, l’importanza dello sport nel forgiare la gioventù, le pie donne al vespro, trevisani nel mondo, la Vita del Popolo… Parrebbe anche un filino fascista, d’altra parte se è vero che purtroppo a Roncade «il fascismo ostacola l’attività dell’azione cattolica» è vero anche che «durante il lungo periodo fascista la nostra comunità roncadese non ebbe a soffrire angherie, respirava la cultura e l’ideologia impartita nelle scuole, diffusa nella stampa, in un atteggiamento passivo, obbligato, ma comunque vivibile quotidianamente».

Questo pezzo qua secondo me è fenomenale. L’antefatto è che nel luglio 44 i partigiani uccidono il commissario politico di Roncade Raimondo Speranzon e due Menon da Roncade.

«Commosso il tributo del paese ai funerali, imponente la manifestazione, e serie minacce di vendetta; infatti si volevano impiccare due partigiani al passaggio del corteo funebre ma L’Arciprete e lo stesso Luigi Menon si opposero: furono infatti fucilati nei fossati del cimitero, privi di ogni assistenza religiosa».

Mi è piaciuto un sacco, specie dall’infatti in poi: L’Arciprete, il buon pastore, vedendo il gregge incline al capitale vizio dell’ira fu fermo nel riportare tutti alla ragione della pietà cristiana: non siamo mica bestie che pichiamo i tusi per strada mentre è in corso la religiosa funzione! Si coppino i tusi, ma con modestia, tirandogli piano con lo s’cioppo nel fosso del cimitero che peraltro viene anche comoda la traslazione.

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