di Alexander Berkman e Emma Goldman
Il 22 di agosto, a Boston in America… Per il 93esimo anniversario dell’esecuzione di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, riprendiamo un articolo che Alexander Berkman e Emma Goldman scrissero per la seconda ricorrenza, nel 1929, pubblicato dalla rivista radical americana “The Road To Freedom”. Per Berkman e Goldman, Sacco e Vanzetti erano assurti tra le “scintille” del vero progresso, ovvero ciò che rende “il genere umano più umano, nel fare del mondo un posto decente in cui vivere”. Non è questione di tecnica o di “riforme”: il “vero progresso” è “spezzare le catene dell’ignoranza e della superstizione, liberare l’uomo dalla morsa di idee e pratiche che lo rendono schiavo, dissipare l’oscurità dalla sua mente e il terrore dal suo cuore”. Questa storia non è scritta dai Napoleone e dai Bismark, ma dai tanti anonimi “martiri della libertà e della giustizia”. Con uno sguardo alla rivoluzione bolscevica, a pochi mesi dal crollo di Wall Street (quello del 1929 beninteso). La traduzione è del nostro amico Pietro Di Paola.
I nomi del “buon calzolaio” e del povero “pescivendolo ambulante” hanno smesso di rappresentare semplicemente due lavoratori italiani. In tutto il mondo civilizzato Sacco e Vanzetti sono divenuti il simbolo, l’emblema della Giustizia schiacciata dal Potere. È il grande significato storico di questa crocifissione del XX secolo, e le parole di Vanzetti sono state veramente profetiche quando ha dichiarato: “L’ultimo istante ci appartiene: questa agonia è il nostro trionfo”.
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