di Piero Brunello
Appunti sui generi di discorso e soprattutto sui numeri relativi all’epidemia, che rispondono più alla modalità narrativa con cui vengono rilevati e comunicati che alle regole della statistica. I numeri sono quello su cui le autorità pubbliche si basano per adottare le misure che regolano le nostre vite? Allora sarebbe il caso che fossero noti i criteri di rilevazione, che ci fossero protocolli condivisi, e che i dati e il modo in cui sono raccolti fossero discussi, criticati e valutati in pubblico, invece che rispondere a “storie” (“di paura” o “edificanti” a seconda delle circostanze) da raccontare a un pubblico televisivo.
1. Da dopo Pasqua, con i dati relativi a morti e a contagiati in diminuzione, la parola d’ordine è diventata “convivere con il virus”, e così mi trovo a pensare a come sono cambiati il linguaggio e la retorica nella comunicazione pubblica sull’andamento dell’epidemia.
Non sto riflettendo su come elaborare un lutto, né su come le memorie private saranno in contrasto con quelle pubbliche, secondo quanto accade regolarmente in occasioni di catastrofi che coinvolgono una collettività (siano guerre o eventi naturali). È un tema importantissimo, naturalmente, e per questo avremo bisogno di racconti, di descrizioni e di cronache, trovando parole che aiutino a superare l’annichilimento che comportano cifre calcolate su dimensione planetaria. Quello che mi interessa ora è riflettere su quanto i numeri su cui si basano le decisioni politiche ci facciano capire che cosa è successo e sta succedendo.