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Piero Brunello

“Alzare la voce in nome di istanze morali”. Da un libro di Luciano Gallino

22/12/2020

di Piero Brunello

Su consiglio del nostro socio e amico Giacomo Bonan, Piero Brunello ha letto un libro-intervista di Luciano Gallino. Prosegue così la discussione sui temi del libro di Marco D’Eramo, Dominio, aperta da Sannicolò e ripresa da Mario Tonello e Maria Turchetto. 

1. La letterina con cui Sannicolò ci ha presentato il libro di Marco D’Eramo ha avuto l’effetto di far discutere tra noi soci e amici. Quando ne ho parlato con lui, Giacomo Bonan mi ha subito consigliato di dare un occhio a La lotta di classe dopo la lotta di classe (intervista a cura di Paola Borgna, Laterza, Roma-Bari 2013, prima ed. 2012), perché Luciano Gallino, intervistato da Paola Borgna, si occupa degli stessi temi del libro consigliato da Sannicolò.

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Archiviato in:Letture, Piero Brunello Contrassegnato con: Luciano Gallino, Marco D'Eramo, movimento operaio, neoliberismo, socialdemocrazia

C’era una volta… un numero. Pensieri guardando i dati relativi all’andamento del Coronavirus nel Veneto

26/04/2020

di Piero Brunello

Appunti sui generi di discorso e soprattutto sui numeri relativi all’epidemia, che rispondono più alla modalità narrativa con cui vengono rilevati e comunicati che alle regole della statistica. I numeri sono quello su cui le autorità pubbliche si basano per adottare le misure che regolano le nostre vite? Allora sarebbe il caso che fossero noti i criteri di rilevazione, che ci fossero protocolli condivisi, e che i dati e il modo in cui sono raccolti fossero discussi, criticati e valutati in pubblico, invece che rispondere a “storie” (“di paura” o “edificanti” a seconda delle circostanze) da raccontare a un pubblico televisivo.

1. Da dopo Pasqua, con i dati relativi a morti e a contagiati in diminuzione, la parola d’ordine è diventata “convivere con il virus”, e così mi trovo a pensare a come sono cambiati il linguaggio e la retorica nella comunicazione pubblica sull’andamento dell’epidemia. 

Non sto riflettendo su come elaborare un lutto, né su come le memorie private saranno in contrasto con quelle pubbliche, secondo quanto accade regolarmente in occasioni di catastrofi che coinvolgono una collettività (siano guerre o eventi naturali). È un tema importantissimo, naturalmente, e per questo avremo bisogno di racconti, di descrizioni e di cronache, trovando parole che aiutino a superare l’annichilimento che comportano cifre calcolate su dimensione planetaria. Quello che mi interessa ora è riflettere su quanto i numeri su cui si basano le decisioni politiche ci facciano capire che cosa è successo e sta succedendo.

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Cosa successe a Mestre il 22 marzo 1848? Per l’anniversario della rivoluzione del 1848

22/03/2020

di Piero Brunello

Ricordiamo l’anniversario del 22 marzo 1848 pubblicando un saggio di Piero Brunello uscito per la prima volta nel 2011 nell’annuale “L’Esde. Fascicoli di studi e di vultura”, rivisto per l’occasione.

Il 22 marzo 1848 l’Arsenale di Venezia cadde nelle mani degli insorti veneziani; poco dopo il governatore militare austriaco firmò la capitolazione, impegnandosi a trasportare immediatamente le truppe non italiane a Trieste. 

Campane a festa dal campanile di San Marco; sventolare di stoffe cucite a mo’ di tricolori italiani, a volte con le bande verticali, a volte orizzontali; simboli e bandiere con il leone della Serenissima ripescati dalle soffitte; uomini svenuti in strada per l’emozione; cappelli con le piume in testa; cori d’opera a squarciagola; cortei di ragazzi fino a notte fonda con fiaccole, canti e tamburi; soldati lombardi e veneti in giro per le calli a bere con i civili nelle osterie; stemmi con l’aquila imperiale tolti dai muri delle case e buttati in acqua. Le guardie di polizia si chiusero in casa, e alcune vi rimasero nascoste fino all’agosto del 1849, quando la città fu riconquistata dagli Austriaci. Ancora non si avevano notizie da Milano, che in quei giorni si era riempita di barricate e di morti per le strade, ma sembrava davvero che l’impero asburgico fosse crollato su se stesso.

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Associazionismo, ricerca storica e public history. Dall’assemblea dei soci del gennaio 2020

13/02/2020

di Piero Brunello

Pubblichiamo una parte dell’intervento tenuto da Piero Brunello, in qualità di presidente uscente di storiAmestre, durante l’assemblea annuale dei soci del 30 gennaio 2020. Il discorso riguardava un bilancio del biennio 2018-2019, si riprende qui la riflessione partita dall’invito ricevuto da storiAmestre di far parte del Comitato scientifico di un Convegno promosso dall’Associazione Italiana di Public History. Il testo è stato rielaborato per l’occasione, aggiungendo informazioni per i lettori che non conoscono l’attività che storiAmestre svolge da più di trent’anni.

JOURDAIN: E quando si parla, che cosa è?

MAESTRO DI FILOSOFIA: Prosa.

JOURDAIN: Come? quando dico: «Nicoletta, portami le pantofole, e dammi il berretto da notte», è prosa?

MAESTRO DI FILOSOFIA: Sì, signore.

JOURDAIN: Per tutti i diavoli! Sono più di quarant’anni che parlo in prosa. Vi sono molto grato di avermi informato.

Alla fine di ottobre ho ricevuto la proposta, allora ero presidente di sAm, di indicare una persona dell’associazione per far parte di un Comitato scientifico di un Convegno promosso dall’Associazione Italiana di Public History presso M9 a Mestre (29 maggio-2 giugno 2020). Nell’associazione non avevamo mai parlato di Public History, e meno ancora sapevamo indicare un nome adatto, perciò, esaminata la cosa nel direttivo, abbiamo declinato l’invito. Però poi, discutendone in una assemblea dei soci, abbiamo pensato che il tema merita un approfondimento, anche per capire se e che cosa abbia a che vedere con la Public History quello che sAm fa da quando è nata, cioè da più di trent’anni. Ecco come l’associazione si presenta nel sito: “L’associazione storiAmestre nasce nel 1988 come spazio di mutuo scambio e di mutuo apprendimento tra storici e storiche, archivisti, insegnanti impegnati nel Movimento di cooperazione educativa, urbanisti provenienti dall’esperienza di Urbanistica democratica. Nel corso degli anni si è occupata di storia locale, di storia delle donne, di storia orale, dell’uso politico della memoria, dell’insegnamento della storia, del rapporto tra storiografia e impegno civile, di archivi e musei cittadini. L’associazione intende riflettere sui più recenti mutamenti urbanistici e ambientali, su come la città si racconta e viene raccontata, e sul rapporto tra luoghi, potere e memoria”. 

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Decentramento, autonomia, partecipazione. Pensare al referendum per la divisione del Comune di Venezia da un altro punto di vista

06/01/2020

di Piero Brunello

Dopo l’intervento del dicembre scorso, Piero Brunello torna sul referendum per la divisione del Comune di Venezia. Recuperando gli appunti presi ascoltando una relazione di Simon Parker su esperienze di decentramento amministrativo a Londra e a Bologna tenuta nella sala dell’allora Consiglio di Quartiere di Zelarino nel 1990, invita a rimettere al centro della discussione i temi del decentramento, dell’autonomia e del funzionamento dei servizi, a fronte delle effettive politiche dell’amministrazione comunale di Venezia, che ha esautorato le municipalità e cancellato i luoghi pubblici. Una “città possibile” si dovrebbe costruire a partire da queste basi.

L’ultimo referendum per la divisione o meno del Comune di Venezia nei due Comuni di Venezia e di Mestre è stato un’altra occasione persa, e non perché il quesito fosse inutile come è sembrato a molti astensionisti (come è noto la grande maggioranza degli elettori), ma perché si è discusso molto poco di servizi, decentramento e autonomia, ovvero del quadro istituzionale che consente o meno la partecipazione dei cittadini e il controllo sulle decisioni politiche: e tutto ciò dopo che sono state esautorate le municipalità e cancellati i luoghi pubblici. Discorsi simbolici a volontà (metafore basate sulla coppia, sulla famiglia, sulla maternità accettata o rifiutata, sulla contrapposizione città-campagna); discussioni su come promuovere livelli di democrazia nei processi decisionali, molto poco.

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L’importanza delle mappe mentali. A proposito del Quaderno 17

15/12/2019

di Piero Brunello

A fine novembre è uscito il Quaderno di storiAmestre 17, Mestre è un goniometro, raccolta di scritti di Piero Brunello. Alla trentina di pezzi pubblicati, mancava ancora una introduzione; l’opportunità è venuta dalla prima presentazione pubblica del Quaderno, durante l’incontro del 12 dicembre 2019: pubblichiamo qui il testo dell’intervento. 

1. Questo Quaderno raccoglie una trentina di scritti di occasione dal 1986 a oggi. Sono di diverso genere (dall’intervista al discorso in pubblico) e di diverso argomento (dalla difesa degli spazi pubblici al ricordo di un disertore), ma mi sembra che uno dei temi più presenti sia una riflessione attorno alle mappe mentali.

Mi sono accorto dell’importanza delle mappe mentali al primo convegno di storiAmestre nel 1988, perché in un laboratorio i partecipanti erano invitati a disegnare lo spazio urbano conosciuto e frequentato, segnando punti di riferimento, confini, luoghi che comunicavano sensi di insicurezza, di protezione, di famigliarità eccetera. Così ho scoperto il libro di Kevin Lynch, L’immagine della città1.

La descrizione delle mappe mentali, il cui modello inimitabile è il libro di Italo Calvino, Le città invisibili, è un esercizio politico. Mi limito, per i luoghi in cui viviamo, a un paio di esempi.

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  1. Prima edizione italiana Marsilio, Padova 1964. [↩]

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