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Mirella Vedovetto

“Alzati che è ora di andare a lavorare”. Una figlia intervista sua madre

29/08/2018

di Mirella Vedovetto

La nostra amica Mirella Vedovetto intervista sua madre sul lavoro che aveva fatto da giovane. Aveva cominciato quattordicenne, alla fine degli anni Cinquanta, presso una sarta di Mogliano Veneto dove già lavorava una sorella: le mansioni, le condizioni di lavoro, la paga, i vestiti, la clientela, un regalo di nozze, i vestiti fatti per i familiari… Smise dopo essersi sposata. La conversazione risale all’aprile 2006.

Introduzione. “Alsate, Gianna, alsate che xe ora de andar a lavorar… alsate!”. Così la zia Lina (Evelina) cercava di svegliare mia mamma, quando era ragazza. Lei però aveva ancora sonno e si girava dall’altra parte.

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La Cina è vicina? Leggere “Operaie” di Leslie T. Chang a Marcon

14/12/2012

di Mirella Vedovetto

La scheda preparata da Mirella Vedovetto inaugura la nuova rubrica del sito di storiAmestre: letture.

Una mattina, si erano concluse da poco le mie ferie di agosto, mentre andavo a lavorare mi era venuto il desiderio di leggere qualcosa che parlasse del mondo del lavoro dal punto di vista dei lavoratori: un’inchiesta, interviste, un racconto biografico… Ho chiesto un consiglio e mi è stato suggerito Operaie di Leslie T. Chang, edito in italiano da Adelphi nel 2010 (l’edizione originale è del 2008).

Ho iniziato a leggerlo a settembre. Sono arrivata a metà e poi l’ho lasciato sul comodino per diverso tempo, senza più aprirlo. Solo in questi ultimi giorni, a fine novembre, l’ho ripreso in mano e finito. [Leggi di più…] infoLa Cina è vicina? Leggere “Operaie” di Leslie T. Chang a Marcon

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Scatola da cucito (anni Novanta)

13/05/2012

di Mirella Vedovetto

Scatola in latta per caramelle, poi usata da mia mamma per contenere strumenti per il cucito. Prima mia mamma ne aveva un’altra tonda, sempre di latta, di colore verde con un disegno di fiori sul coperchio, che in origine doveva essere stata una scatola di biscotti. Un giorno decise di trasferire il contenuto da quella prima scatola a questa (occupava meno spazio, era più nuova).

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A piedi

02/02/2012

di Mirella Vedovetto

Mirella Vedovetto, che tra le altre cose è la fondatrice e ideatrice del sito di storiAmestre, ci offre un contributo su temi cari all’associazione: camminare, esplorare, osservare. Già nel 2006 e nel 2007 Mirella aveva scritto due brevi reportage dalla zona artigianale di Mogliano Veneto. Ne approfittiamo per ricordare anche il quarto quaderno di sAm, “Andare a vedere”, che in particolare contiene il contributo di Matteo Melchiorre intitolato proprio “Camminare”.

1. A fine novembre mi sono rivolta al dottore per alcuni piccoli fastidi che avevo. Mi ha detto di provare a risolverli camminando. Mi sembrava un po’ new age come cura, ma mi ha detto di provare e che poi non avrei mai più smesso. Mi ha prescritto l’obiettivo di 15.000 passi al giorno. Sul momento non sono riuscita a trattenere un sorriso incredulo, infatti mi ha ricordato I quindicimila passi di Vitaliano Trevisan (Einaudi 2002). Di questi quindicimila passi almeno un’ora devono essere di passeggiata veloce, mi ha detto.

Il dottore mi ha elencato tutti i benefici della passeggiata, a livello fisico e psicologico: si scaricano stress, ansie, fanno pensare attivo… e mi sono convinta che probabilmente aveva ragione, dovevo allenarmi per sopportare il nervoso.

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A spasso per una zona artigianale – II. 19 aprile 2007

20/04/2007

di Mirella Vedovetto

1. Dal 2002 a oggi, la zona artigianale di Mogliano Veneto, in cui vivo, ha subito vari cambiamenti.

La prima descrizione (cfr. A spasso per una zona artigianale) che ne avevo fatto terminava con le ipotesi di cosa avrebbero costruito nello spazio antistante casa mia. Era infatti impossibile pensare che quell’area sarebbe rimasta inutilizzata. Non ci è andata male, hanno creato un agility dog, ossia una palestra per cani con attrezzi di legno: ponti, scivoli, travi, e l’hanno recintato. Sempre meglio che un altro capannone. Le lezioni si tengono il sabato pomeriggio, lo si capisce perché è un continuo abbaiare dei cani dei vicini, rinchiusi nei loro giardini, che sentono nell’aria la presenza di loro simili poco distanti.

Ma questa è una trasformazione che quasi non si nota, tranne per la rete che hanno alzato tutto intorno.

Lasciandosi sulla destra la palestra per cani, e guardando a sinistra, si nota che qualcosa nell’orizzonte invece è cambiato, in modo evidente. Un palo altissimo: un ripetitore messo su dalla Telecom.

Non è l’unica cosa a innalzarsi oltre i tetti dei capannoni, da un anno a questa parte ci sono anche molte gru.

L’estate scorsa hanno dato inizio a nuovi lavori di costruzione che stanno ora per essere completati. Quando sono cominciati gli scavi, ci si chiedeva cosa avrebbero costruito, nessuna persona cui domandavo lo sapeva, poi ha iniziato a circolare la voce che avrebbero fatto un centro commerciale. La voce era fondata. Lo testimoniò, poco dopo, un cartellone in prossimità del cantiere, che riproduceva quel che sarebbe stato il risultato a fine lavori. La prima volta che ho visto quell’immagine l’ho trovata inquietante; la sensazione mi rimane ancora oggi.

In questo caso non c’entrano paesaggi da preservare per la loro bellezza o valore storico, è solo difficile pensare che dove c’era una strada che correva dritta ci sarà un insieme di cemento e vetro che sorge proprio nel mezzo e modifica tutte le vie; un altro centro commerciale, a pochi chilometri di distanza da quelli a Marcon, Mestre e Scorzè; un altro supermercato quando prendendo la bicicletta se ne raggiungono comodamente più d’uno, se non bastassero i panifici, le macellerie e i fruttivendoli della zona, gli stessi da sempre.

 

Pochi mesi prima dell’inizio dei lavori, per conto di mio cognato, mi ero informata presso il comune di Mogliano per sapere se era possibile aprire una paninoteca-birreria in uno dei capannoni che affittavano e mi era stato risposto che in quella zona non erano previste licenze per attività commerciali, o comunque non strettamente legate al mondo del lavoro, come per esempio poteva essere una mensa.

2. Non appena le ruspe iniziarono a scavare, furono create due rotonde, una dopo l’altra, nel giro di un paio di settimane.

 

 Le due foto sopra, le ho scattata ad agosto 2006 e oggi ne ho scattate altre, tra cui quella sotto.

 

 

I lavori sono proseguiti con continuità, tranne un momento di arresto dopo che avevano scavato le fondamenta: hanno dovuto svuotare la voragine da tutta l’acqua, che continuava a uscire, e hanno impiegato varie settimane. Non saprei dire quante.

Una sera, verso le 11, tornavo a casa in bicicletta, e a 500 metri dalla zona in cui c’era il cantiere ho cominciato a sentire un rumore forte, continuo, non capivo cosa fosse. Fatta la curva ho visto più di dieci betoniere incolonnate, tutte con i fanali accesi, tutte che ruotavano e gocciolavano acqua. Mi sono avvicinata ai lavori e c’erano uomini che lavoravano nella voragine, le betoniere buttavano cemento, tutto intorno era illuminato a giorno da fari e il rumore era continuo. Bastava andare poco più in là per trovare di nuovo buio; il rumore invece, anche se attutito, continuavo a sentirlo fin dentro casa.

I muri, da quel momento, sono venuti su in fretta.

Oltre alle rotonde, la viabilità è stata modificata anche chiudendo una strada. Non so se la riapriranno – spero di sì perché era comoda per raggiungere la stazione in auto: si evitava un po’ di traffico.

I lavori infatti arrivano fino all’imboccatura di quella via, e sovrastano una casa che si trova sull’incrocio e che in questa foto è poco visibile perché nascosta dall’albero che cresce nel giardino.

 La strada che prima passava dritta, parallela a questa abitazione, ora aggira tutto intorno il futuro centro commerciale. E chi passa può già leggersi sui cartelloni appesi alle pareti le pubblicità dei negozi di prossima apertura.

 

 

Un’altra strada verrà costruita poco distante e andrà a sbucare su quella che aggira i lavori. La terra è stata battuta, manca ora l’asfalto.

 

 

Oggi, approfittando di avere la macchina fotografica in mano per questo giro di foto, mi sono soffermata ancora a osservare il paesaggio che mi circonda. Ho visto capannoni incastrati con case, e ora questo centro commerciale che si incastona tra altri capannoni e altre case.

 

 

 

Non ci sono più spazi vuoti, ma questo l’avevo scritto anche l’ultima volta e forse qualcun altro ancora se ne inventeranno. Gli spiazzi che sono rimasti, come i parcheggi, sono stati sbarrati con blocchi di cemento che non fanno passare le roulotte dei rom.

 

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Camminando fuori porta. Vicenza, 17 febbraio 2007

02/04/2007

di Mirella Vedovetto

Le manifestazioni per la pace cui ho partecipato sono quattro. Tre a Roma, un paio d’anni fa o forse più. A due avevo preso parte perché mi trovavo già lì per altri motivi. Il 17 febbraio sono andata a Vicenza. Non avevo aspettative sull’esito della manifestazione, più che altro il desiderio di “far numero”, sentirmi per un momento vicina a chi da mesi resiste per un’altra Vicenza, manifestare contro la guerra e altro. Avevo cominciato a scrivere con l’idea di raccontare al mio compagno  come era andata la giornata. Alla fine sono riuscita a mettere insieme solo frammenti.

***

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