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Maurizio Reberschak

Un’aria stranamente gelida. Dalla requisitoria del pubblico ministero

09/10/2013

di Arcangelo Mandarino, a cura di Maurizio Reberschak

Maurizio Reberschak considera la requisitoria del pubblico ministero di Belluno Arcangelo Mandarino, per il rinvio a giudizio di nove imputati per responsabilità legate al disastro del 9 ottobre 1963, forse il più appassionato resoconto dell’evento e dell’opera dei primi soccorsi. Tra le circa 500 pagine dattiloscritte, Reberschak presenta qui alcuni brani che descrivono la portata della frana e gli effetti dell’ondata, e danno notizie sull’opera dei primi soccorsi, in particolare il riconoscimento delle salme. Oggi, è anche un’occasione per ricordare l’esistenza del progetto “Archivio diffuso del Vajont”, promosso dalla Direzione generale degli archivi, dall’Archivio di Stato di Belluno e dall’Archivio di Stato dell’Aquila, con il supporto della Fondazione Vajont. Il progetto prevede il recupero, il censimento e la catalogazione informatica di tutti i documenti, non solo processuali, legati alla tragedia.

Le descrizioni del disastro non sono molte. I superstiti sono stati sempre restii a parlarne. Giustamente. Un trauma forte, indimenticabile, sconvolgente, viene forzatamente sottoposto alla rimozione della memoria anche personale. È comprensibile.

I giornali poi fecero a gara nel vincere la bandiera dell’ignoranza e dell’insensatezza; e alla gara concorsero nomi come Dino Buzzati, Giorgio Bocca, Giuseppe Longo, ecc., che dimostrarono di raggiungere vette di mancata conoscenza dei fatti e di superficialità nei giudizi sparati ad effetto.

Nelle relazioni delle varie commissioni di studio di quanto avvenuto o nelle motivazioni delle sentenze dei processi si possono rintracciare alcune rappresentazioni significative dell’evento. Forse la più appassionata tra queste è presente nella requisitoria del pubblico ministero di Belluno, Arcangelo Mandarino. La redazione di questo atto venne conclusa il 22 novembre 1967, con la richiesta fatta al giudice istruttore di rinvio a giudizio di nove imputati, essendo morti due imputati durante lo svolgimento dell’istruttoria.

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La liberazione di Venezia, 28-29 aprile 1945

24/04/2013

di Maurizio Reberschak

Per augurare buon 25 aprile, quest’anno ripubblichiamo un articolo di Maurizio Reberschak uscito il 28 aprile 1995, Cinquantenario della Liberazione di Venezia, sulle pagine del “Gazzettino” con lo stesso titolo che riproponiamo qui e il sottotitolo "Una liberazione anomala". Subito, dunque, l'autore mette in evidenza  che le modalità con cui Venezia e Mestre furono liberate rappresentarono un’anomalia rispetto a quanto accaduto nelle altre città del Nord. Reberschak rievoca peraltro anche altre "anomalie" di Venezia nell'ultimo scorcio della guerra, in primo luogo il fatto di essere diventata, nell'ambito della Repubblica Sociale Italiana, una "città ministeriale" . Sottolinea inoltre che il 28-29 aprile la scena principale (per le manifestazioni popolari, le trattative che si snodano tra i luoghi del potere in città, e infine l’esultanza) fu piazza San Marco, il che, a suo avviso, suggerisce qualche analogia tra l’aprile 1945 e il marzo 1848. Infine, nelle sue conclusioni, evoca le grandi discussioni (storiografiche e politiche) in corso in quel periodo, sulla scia dell’allora recente libro di Claudio Pavone, Una guerra civile: saggio storico sulla moralità nella Resistenza (prima edizione Bollati Boringhieri, Torino 1991). Per questa occasione, l’articolo è completato da una bibliografia e dalle indicazioni per raggiungere alcuni video, sempre a cura di Maurizio Reberschak.

La liberazione di Venezia avvenuta tra il 28 e il 29 aprile 1945 si configura come un’anomalia rispetto alle modalità della liberazione verificatasi nelle principali città del nord Italia dal 25 al 28 aprile, Genova, Milano, Torino. Mentre in queste città infatti la resa o l’evacuazione dei tedeschi avviene senza condizioni, a Venezia i meccanismi con cui si impostano le trattative con i comandi tedeschi si presentano inconsueti.

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Il Grande Vajont, trent’anni dopo

17/04/2013

di Maurizio Reberschak

È imminente l'uscita, per Cierre edizioni, della nuova edizione de Il Grande Vajont, curato da Maurizio Rebeschak: è la terza, dopo quelle del 1983 (patrocinata dal Comune di Longarone) e del 2003 (Cierre edizioni). Per l'occasione, pubblichiamo una parte della nuova introduzione scritta da Reberschak.

Mercoledì 9 ottobre 1963, ore 22,39: Vajont.

            

Una data, una storia. Ma la data è un picco di una lunga storia durata un secolo. Altro che «secolo breve» per il Vajont! È stato lo storico inglese Eric J. Hobsbawm a coniare per il Novecento la definizione di «secolo breve», un secolo che non dura un secolo ma meno di 80 anni, dal 1914-1918, prima guerra mondiale, al 1989-1991, caduta del muro di Berlino e fine dell’Unione Sovietica. Prima e dopo le cose sono state diverse. [Leggi di più…] infoIl Grande Vajont, trent’anni dopo

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Cinquant’anni di Vajont. 3. Una bibliografia (essenziale)

19/03/2013

di Maurizio Reberschak

Terzo articolo di Maurizio Reberschak dedicato alle vittime del Vajont, in occasione del cinquantesimo anniversario. Per leggere i primi due interventi, cliccare qui e qui.

Una bibliografia?

Una bibliografia è strumento di conoscenza, che si può ritenere di “vecchio stampo”, perché si pensa che con internet oggi si risolva tutto, si conosca il sapere universale, si acquisisca ogni informazione. Si provi a farlo con la ricerca del nome Vajont nei motori di ricerca: viene fuori di tutto, elenchi infiniti, argomenti disparati. Ecco per esempio alcuni dei principali motori internazionali e italiani – scartando quelli che si appoggiano su questi e lasciando invece quelli che sono collegati direttamente a server –, ordinati per numero di risultati trovati in un giorno qualunque (8 marzo 2013), perché in internet ogni giorno i numeri dei risultati cambiano per ciascun motore: Aol-Netscape 1.330.000, Google 1.150.000, HotBot 438.000, Lycos 437.000, Yahoo 337.000, Altavista 336.000, Msn 333.000, Bing 333.000, Volunia 261.000, Teoma 144.000, Arianna 134.000, Libero 133.000, Virgilio 133.000, Tiscali 5.510, Supereva 115, IlTrovatore 24; Excite e Ask forniscono solo il numero di pagine della ricerca – rispettivamente 55 (10-11 risultati per pagina) e 46 (circa 10 risposte per pagina). Sbizzarritevi pure con ricerche in altri motori o per voci specifiche (Vajont diga, disastro, foto, immagini, video, animazioni, e così via di seguito). Ma cosa si vuole trovare in 1.330.000 di risultati, la maggior parte dei quali sono tonnellate di ciarpame e spazzatura? Provate a fare un giretto, e constaterete a vostre spese di tempo e confusione. Oppure, qualche eroico donchisciotte, se vuole, apra non dico tutti i link del motore che fornisce più risultati, ma almeno tutte le pagine di elenco, e poi dica quanto tempo ci ha impiegato, e quindi quanto tempo ha sottratto inutilmente alla sua vita.

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Cinquant’anni di Vajont. 2. Dove sta il Vajont?

12/02/2013

di Maurizio Reberschak

Pubblichiamo il secondo articolo di Maurizio Reberschak dedicato alle vittime del Vajont, in occasione del cinquantesimo anniversario. Per leggere il primo intervento introduttivo, cliccare qui.

Dove sta il Vajont?

Entrate in Google Earth e andate in volo digitando “Diga Vajont”: vi porterà proprio sulla diga. Dove? Se volete avere le idee un po’ più chiare, prendete la ricerca del luogo più da lontano. Non dico dall’immagine satellitare dell’Italia, ma quanto meno da quella del nord-est, precisamente le regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia.

1. 

1. Il Vajont tra Veneto e Friuli (Google Earth)

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Cinquant’anni di Vajont

12/01/2013

di Maurizio Reberschak

1963-2013: a cinquant’anni dal Vajont ricordiamo le responsabilità della tragedia con una serie di articoli di Maurizio Reberschak, il primo studioso ad aver intrapreso una ricostruzione storica della strage e delle vicende giudiziarie trascinate per decenni. Questo intervento d’apertura offre un quadro generale; è scritto pensando a chi non conosce questa storia, magari perché non ha potuto ascoltare i racconti (fatti a teatro, in televisione, al cinema) che, per un breve periodo, alla fine degli anni Novanta, resero “popolare” il Vajont. Reberschak anticipa inoltre i temi dei prossimi articoli, che pubblicheremo a cadenza grosso modo mensile, per dieci mesi, a ricordo delle vittime di quel 9 ottobre 1963.

Vajont?

Vajont. Vajont? Ah, sì… quello in televisione di Marco Paolini, il Racconto del Vajont (1997); sì, anche quello del cinema di Renzo Martinelli, il film Vajont (2001). Grandezza della comunicazione di massa! Ma ci sono anche altri Vajont noti. Quello della benzina, l’accisa, che vuole dire addizionale, ma perché poi non chiamarlo col suo nome, tassa aggiuntiva; il Vajont come la guerra d’Etiopia (1935-36), come la crisi di Suez (1956), come la sequela dei terremoti – Belice (1968), Friuli (1976), Irpinia (1980) L’Aquila (2009), Emilia (2012) –, delle alluvioni – Firenze 1966, Liguria e Toscana 2011 –, delle “missioni di pace” – Libano (1983), Bosnia (1996) –, tutte accise sulla benzina, messe dallo Stato per fare cassa, e continuiamo a pagarle. Ancora il vajont, sì, con la “v” minuscola, quello delle parole vuote, del lessico abituale, della loquela volgare, che indicano il luogo comune di una rovina: «è tutto un vajont».

Già, il Vajont. Ma quale? Provate a chiedervelo e cercate di darvi una risposta, oltre a quelle ricordate poco fa.

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