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Matteo Melchiorre

Camminare. Pagine da un Quaderno di sAm

07/05/2012

di Matteo Melchiorre

Fra qualche giorno, sarà Matteo Melchiorre inaugurare la nuova iniziativa di storiAmestre: “Spunti-ni” storici. In vista di questo incontro che, lo ricordiamo avrà luogo il 10 maggio, alle 17,30 presso la sede del Centro di documentazione sulla città contemporanea, riprendiamo sul sito un altro intervento di Melchiorre, pubblicato nel Quaderno numero 4, Andare a vedere, dedicato all’inchiesta, al reportage e al resoconto.

Qui il tema […] è il camminare come metodo, o pretesto, d’inchiesta. Il che si regge sull’assioma secondo il quale, camminando, si può fare inchiesta: osservare, ascoltare, decifrare segni, notare cambiamenti, incontrare persone, praticare tagli nelle vedute. Ciò comporta un elogio del camminare, che indubbiamente va fatto. 

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A piedi oggi?

01/03/2012

di Matteo Melchiorre

Tomo di Feltre, 29 dicembre 2008, mattino, meno nove, scarponi da montagna ai piedi: Matteo Melchiorre esce di casa deciso a una camminata, per far prendere aria alla testa. Dopo un po’, la meta diventa casa di sua morosa: una decina di chilometri fino a Celarda. “Occorre abbandonare la pendice del Tomatico e recarsi, in discesa prima e poi via dritto in piano, fino all’ansa del Piave presso la quale si trova Celarda. Occorre lasciare, e scusa se è poco, questo ambiente prealpino e approdare sugli argini del fiume patrio. Un passo alla volta, ho pensato. Per intanto basti dirigere la rotta verso la piazza di Tomo”. La camminata è descritta in un nuovo libro ancora inedito, che attende risposta dagli editori. Ne riparleremo presto con l’autore, intanto presentiamo in anteprima alcuni brani: dove Melchiorre ha appena superato la rotatoria di Anzù.

*

Fuori dalla rotatoria, la regionale 348 va percorsa per un centinaio di metri appena, giusto il tempo di passare davanti al benzinaio Erg. «Ciao!» mi fa «A piedi oggi? Hai rotto la macchina?». Ho risposto che non è rotta, e nemmeno incidentata, ma solamente ferma sotto il suo baito. Sono in viaggio, dico. Allora il benzinaio sorride e la signora impellicciata che si rifornisce alla pompa numero 1, addirittura, ride di me. Ormai è chiaro. Uno che va a piedi passa per matto. Anzi peggio. Viene decifrato come uno di quei soggetti che, per evenienza sfortunata – leggi disoccupazione – o difformità di carattere – leggi inquietudine – è in giro invece che a lavorare. A rigore, tuttavia, egli può passare anche per uno snob, o un radical chic.

Oltre il distributore, a sinistra, c’è la strada provinciale 37. Per andare a Celarda questa è la via da seguire. Ma questa strada, specialmente, come dice lo stendardo di lamiera, è l’accesso per la zona industriale di Villapaiera. Di solito per di qua passano camion e, agli orari di inizio e fine lavoro, vi si estende tutto il traffico degli operai che vanno al lavoro o che rincasano. Prendo a sinistra e mi incammino, con gli scarponi, lungo la provinciale.

Anche questo, mi dico, deve apparire non poco sospetto ai guidatori di macchine. Figurarsi: uno col passo pesante di scarponi, che arranca più per quelli che per la difficoltà della via, lungo il propileo della zona industriale. Forse è un contadino che non sa niente del mondo. Forse è un veneziano che ha perduto la strada. Forse è un poveraccio.

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Un feltrino a Venezia

20/01/2012

di Matteo Melchiorre

Per gentile concessione dell’autore, pubblichiamo alcuni brani dell’avvertenza (Storia di una decisione) che il nostro amico e socio Matteo Melchiorre ha premesso al suo saggio Ebrei a Feltre nel Quattrocento (uno scarto di bottega), Famiglia Feltrina, Feltre 2011 (Collana “Studi e Ricerche”, edizione fuori commercio). Ci fa piacere ospitarlo per la sua sintonia con i temi dell’associazione: attenzione e sentimenti per il luogo in cui si vive; amore per la storia. Nella bottega d’artigiano di Melchiorre si sente molto Marc Bloch, e questo “scarto” ricorda i “trucioli dell’atelier” di cui parlò una volta lo storico francese a cui è dedicato il terzo quaderno di sAm. (Ricordiamo che qualche mese fa abbiamo pubblicato alcune pagine di un altro lavoro recente di Melchiorre: La banda della superstrada…).

1. Questo piccolo libro è uno scarto di bottega. Succede, allo storico come a ogni artigiano, che in un angolo della bottega rimanga a tarlarsi un pezzo che si vorrebbe fosse venuto diversamente e che si è deciso, per vari e opportuni motivi, di lasciare alla polvere. Può accadere tuttavia che prima o poi giunga in bottega un visitatore il quale manifesti un interesse incomprensibile per quello scarto. Così è stato. Un visitatore entra nella mia bottega, si guarda attorno e vedo che prende in mano il plico di carte con su scritto Ebrei a Feltre nel Quattrocento. Ho spiegato che il prodotto finito rispondeva poco alle aspettative che avevo nutrito nei suoi confronti all’inizio. E ho anche confessato che alcuni Critici, il cui giudizio non posso che venerare, avevano espresso più di una perplessità in merito a questo prodotto del mio atelier. Di fronte al fermo diniego, il visitatore se ne è andato a malincuore. Un anno dopo è tornato, rigirando tra le mani lo scarto con un tale amabile interesse e rivolgendomi preghiere così cortesi che ho promesso di riflettere meglio: mi desse tempo fino all’estate, e avrei pensato se lo scarto poteva uscire dalla bottega oppure no. […]

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SS 50 bis/var non mi avrai

31/07/2011

di Matteo Melchiorre

Nell’aprile 2004 uno dei cantieri per la costruzione della superstrada denominata SS 50 bis/var si apre a due passi da casa di Matteo Melchiorre, a Tomo, nel feltrino. Che fare di fronte agli sventramenti che cominciano subito a cambiare fisionomia al territorio? Che fare di fronte a un progetto che oltre alla terra muove parecchi soldi, ma sulla cui utilità e “sostenibilità” per le vite di chi abita in quella zona ci sono molti dubbi?

Melchiorre comincia a osservare, prende nota di come procedono i cantieri, scatta foto, segue i dibattiti e le cronache sui giornali locali, fa qualche ricerca d’archivio, discute con gli operai che lavorano alla strada, con i vicini di casa, con amici che come lui sono refrattari a questa ulteriore cementificazione di un territorio già saturo. Peraltro non tutti sono contrari alla costruzione della strada, anzi.

Cinque anni abbondanti di note: dal 2004 al 2009. Al diario-cronaca, l’autore affida anche riflessioni “sul dissenso” che sviluppa in un racconto di pura invenzione: le gesta di una “banda” creata dal protagonista-narratore e dai suoi amici per sabotare l’avanzamento dei lavori.

Nel maggio 2011, il manoscritto diventa un libro: La banda della superstrada Fenadora-Anzù (con vaneggiamenti sovversivi), edito da Laterza. Per gentile concessione dell’editore e dell’autore, che tra le altre cose è un socio di storiAmestre, ne pubblichiamo qui di seguito alcuni brani. Sia anche il nostro piccolo segno di solidarietà e stima – queste, invece, grandissime – per chi sta passando l’estate a resistere in Val di Susa.

Cani maledetti! Cos’avete fatto nel tempo di una giornata? Via la strada antica per il paese, con le sue muràde, via il sorgo, via il prato, via tutto. Ma non è mica un cantiere singolo, è una catena prodigiosa di escavazioni e smaltamenti. Tutto un cantiere che si tira. Nove chilometri.

[…]

La superstrada aggirerà da sud una subcittà diffusa: Feltre. […] La subcittà sta in provincia di Belluno, in cima al Veneto, territorio vagamente alpino e a margine delle correnti stradali. Considerate le esigenze dello sviluppo, la presenza di strade è giudicata un imperativo. Si deve arrivare nelle zone industriali, concentrate nelle valli, e raccogliere i turisti in strade più pratiche.

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Dici tradizione? Alcune notizie da Feltre

05/06/2010

di Matteo Melchiorre

Come ci ha scritto qualche giorno fa, Marco Toscano naviga in rete per sagre palii e giostre. Matteo Melchiorre, un altro amico di storiAmestre, invece è un testimone diretto. Vive a Tomo di Feltre (Belluno) e dopo aver letto la lettera di Marco Toscano ha pensato bene di mandarci alcune precisazioni sul Palio di Feltre. In due righe di accompagnamento, Melchiorre ci ha detto: “il testo viene da un romanzo ancora inedito che ho scritto dal 2004 al 2009, a partire dal fatto che nel 2004 hanno cominciato a costruire una superstrada proprio sotto i miei occhi, sotto casa mia. Il manoscritto, giudicato ‘bizzarro’, è ancora in giro per case editrici. Il titolo non si sa”.

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Il motorino fa una sosta a Feltre. Presentazione del Quaderno di Gigi Corazzol (aprile 2007)

03/03/2008

a cura di redazione sito sAm

Si presentano qui di seguito gli interventi di Valter Deon, Reinhold Mueller, Ferruccio Vendramini, Pietro De Marchi, Matteo Melchiorre alla presentazione di Pensieri da un motorino. Diciassette variazioni di storia popolare, «Quaderni di storiAmestre», 6 (2006), che si è tenuta a Feltre, presso la Sala degli Stemmi del Comune di Feltre sabato 21 aprile 2007. Si ringraziano la direzione e la redazione della rivista «El Campanón», che ci hanno messo a disposizione i testi pubblicati nel numero del giugno 2007.

Pensieri da un motorino, di Valter Deon

Il titolo del libro dà subito un’idea di leggerezza, ed è fortemente iconico. Ma il sottotitolo richiama agli oggetti di tali pensieri. Sono 17 variazioni di storia popolare, pensieri sul vivere e del vivere, suggeriti certo dallo studio e dalla professione di Gigi Corazzol, ma legati alla vita, agli interessi quotidiani, alle vicende civili e culturali. Del libro parleranno con libertà gli amici che generosamente sono intervenuti. Raccoglie scritti vari dal 1983 al 2006. È illustrato da Rosario Morra. È un libro nel quale Gigi è entrato stando sulla porta. I 17 saggi – ma so che questo non è il loro giusto nome – sono apparsi in luoghi e riviste non sempre facilmente accessibili, ieri e oggi: ma – si sa – non è il luogo ciò che illustra un testo. Lo illustra chi quel luogo frequenta: e quindi il destinatario, che è certo più importante della destinazione. Ho riletto questi pensieri e, per il mestiere che faccio, mi hanno incuriosito particolarmente i primi tre scritti, apparsi tra gli anni Ottanta e Novanta su «Protagonisti», la rivista dell’Istituto storico della Resistenza di Belluno. Sono tre saggi sull’insegnamento della storia. Mi hanno colpito perché mi sono sembrati più che mai attuali, scritti ieri mattina. E mi sono detto che, in questo ambito, o il pensiero si è fermato, o Gigi ha la capacità di vedere molto lontano.

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