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Matteo Melchiorre

Luci d’archivio. Una strenna di Natale

24/12/2017

di Matteo Melchiorre

Buone feste di fine anno da storiAmestre. All’interno di un racconto, il nostro amico Matteo Melchiorre riprende un discorso tenuto durante un incontro al Teatro Accademico di Castelfranco Veneto il 10 novembre 2017. L’occasione veniva da una domanda: “A cosa servono gli archivi?”. Si capisce che le risposte sono più d’una, ma “il sugo della questione” è che “le vicende umane sono indocili, complesse e non sempre pienamente comprensibili alla luce dei residui che esse ci hanno lasciato in mano”. Per questo abbiamo bisogno di strumenti che ci facciano “captare delle luci lontane, che vengono da una Lapponia a noi ignota e che proprio per questo, sissignori, ci emozionano”. Chi volesse leggere più comodamente, può scaricare il testo – arricchito da alcune illustrazioni – cliccando qui.

Giorni corti e neve ghiacciata

Proprio oggi, 13 dicembre, Santa Lucia, dovrebbe essere il giorno più corto che ci sia. Dicono gli esperti del cielo e degli astri che le cose non stanno esattamente a questo modo, dato che il giorno più corto dell’anno cade nel solstizio d’inverno, il 21 o 22 dicembre. Ma è pur vero che a Santa Lucia la notte cala con circa tre minuti d’anticipo rispetto al solstizio. Il che significa che oggi, Santa Lucia, è il giorno nel quale l’oscurità è più impaziente di arrivare e la luce ha più fretta di andarsene.

E poi c’è anche questa neve che è venuta il 10 dicembre, ed era una neve che cadeva minutissima e leggera, la quale poi, il giorno 11, ha buttato in pioggia; pioggia che a sua volta si è come vaporizzata in una nebbia densa il giorno 12. E oggi, che è il 13, la nebbia si è un poco alzata e ha svelato una giornata cruda sottozero; la nevaglia sfatta dalla pioggia è perciò divenuta stamattina una placca di ghiaccio antipaticissima.

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Grappa al corniolo. Un racconto di Natale

24/12/2016

di Matteo Melchiorre

È il 24 dicembre. Pubblichiamo un capitolo natalizio tratto da un libro inedito di Matteo Melchiorre – libro destinato, con tutta probabilità, a restare inedito. Ne abbiamo chiesto a Matteo le ragioni. Ci ha risposto che si tratta di un libro in cui vi sono ancora troppe cose da decidere. Il dubbio più grande è il protagonista. Potrebbe essere scambiato per un moralista, invece non è che un poveraccio, disilluso e incattivito. Più guarda il mondo, più si incattivisce, più annota ciò che vede, meno capisce, si contraddice, si offende, si inalbera. Uno screanzato. Vede nemici tutto attorno e li chiama Farisei. Ci scrive Matteo: “Per questo dico che il libro resterà nel cassetto. Vorremo mica sguinzagliare per il mondo un personaggio convinto che si possano distinguere i buoni dai cattivi?”. Nel testo compare un avvocato. È il confessore del protagonista.

Ormai da quasi dieci anni c’incontriamo in una ventina di amici la vigilia di Natale. Aspettiamo mezzanotte mangiando e bevendo. Non s’immagini chissà che lussi avvocato. La cena si svolge infatti in un’osteria del centro; l’osteria Garibaldi, ha presente?

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Sulla via. Pagine da un libro appena uscito

10/10/2016

di Matteo Melchiorre

Da qualche settimana è in libreria il nuovo libro del nostro amico Matteo Melchiorre, La via di Schenèr. Un’esplorazione storica nelle Alpi (Marsilio, Venezia 2016, 239 p.). Melchiorre vi ricostruisce una strada che non esiste più, quella dello Schenèr che per secoli, passando non a fondovalle come ora ma in alto tra i monti, collegava il territorio di Feltre e il Primiero, la Repubblica di Venezia e la Casa d’Austria, il mondo di biada olio vino sale (ma anche di panni di lana) e il mondo del ferro e del legname (ma anche dell’allevamento di pecore). Scavi d’archivio, escursioni a piedi, consultazioni in biblioteche: mentre studia le vecchie carte Melchiorre va a vedere i luoghi e racconta dubbi e ipotesi di ricerca.

La porta nella roccia

Non appena uscii dalla metropolitana alla fermata Moritzplatz e presi in direzione del Kreuzberg, nel cuore di Berlino, mi fermarono due giovani turchi, chiedendomi a gesti se volevo del fumo. Tirai dritto senza rispondere, depositai il bagaglio in un alloggio in Oranienstrasse e mi disposi a visitare la città. Non mi ero in alcun modo preparato. Niente libri. Niente ripassi storici. Niente liste di monumenti.

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San Nicolò patrono dei banchieri, degli ebrei e dei ladri

26/01/2016

di Reinhold C. Mueller

Come annunciato prima di Natale, chiudiamo un lungo ciclo cominciato in dicembre pensando ai riti e ai simboli di fine anno, con un altro intervento a proposito di san Nicolò del nostro amico Reinhold Mueller. Come di consueto quando si tratta di saggi lunghi, presentiamo qui di seguito un breve estratto (le prime pagine e le conclusioni); per leggere il testo integrale, cliccare qui. Oltre all’autore, ringraziamo Matteo Melchiorre per la generosa collaborazione.

1. Questo saggio propone un’incursione nei campi del diritto canonico e civile, della teologia, degli ebrei, dell’arte, dell’agiografia e della letteratura per richiamare l’attenzione su fonti relative a denaro e ricchezza che sono raramente frequentate dagli storici dell’economia. Sono fonti al tempo stesso letterarie – vite e miracoli di santi – e visive – la decorazione dello spazio ecclesiastico – che toccheranno diversi temi: l’elogio del credito; la razionalizzazione della ricchezza; la sollecitudine per il francescano usus pauper della ricchezza; l’interazione tra miracoli e impresa bancaria, sia cristiana che ebraica; l’incontro fra ebrei e cristiani nel mercato.

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Un cronista in viaggio (Natale 1405-1406)

05/01/2015

di Matteo Melchiorre

Concludiamo il nostro ciclo di strenne 2014-15 con il nostro amico Matteo Melchiorre che ci presenta un episodio tratto da una cronaca medievale bellunese: dove il diarista, Clemente Miari, fa un viaggio da Belluno a Venezia e a Padova, tra gli ultimi giorni del 1405 e i primi del 1406. Anche in questo caso, vista la lunghezza del saggio, ne presentiamo qui di seguito le prime pagine; per il testo integrale, cliccare qui.

Nota. Nell’ambito di un progetto di ricerca del Dipartimento di Studi umanistici dell’Università Ca’ Foscari e con l’appoggio e lo stimolo del Comitato per l’edizione delle fonti relative alla storia della Terraferma veneta, sto preparando l’edizione di una cronaca latina, nota come Chronicon bellunense e compilata da Clemente Miari, un canonico di Belluno, tra il 1383 e il 1412. Cogliendo l’invito di storiAmestre, ne propongo un episodio in certo modo “natalizio”; se non altro in termini di calendario. (m.m.)

1. Nel 1383, quando aveva poco più di vent’anni, un canonico della cattedrale di Belluno, di nome Clemente Miari, prese in mano un registro cartaceo che si trovava in casa propria. Vide che le prime dieci carte erano occupate da un inventario di terreni della sua famiglia, che le successive trenta, scritte solo in parte, riportavano le riscossioni effettive da quelle medesime terre e che tutte le altre carte, circa un centinaio, erano vuote. 

Clemente Miari giudicò che quel registro ormai in disuso potesse fare al suo caso. Cominciò ad annotarvi, prima ritagliandosi lo spazio tra le riscossioni di orzo, galline, capretti, eccetera e poi più comodamente su intere facciate, alcuni episodi riguardanti la sua città, la sua famiglia e se stesso. 

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Una “generazione breve”. A proposito del Quaderno 11

17/06/2012

di Matteo Melchiorre

Dopo quella di Guido Lanaro, riceviamo un’altra recensione sul Quaderno numero 11, Compagni di classe, di Cristiano Baldissera. Melchiorre ha più o meno la stessa età di Baldissera: da qui, comincia a ragionare di esperienze generazionali e di rapporti tra generazioni, con una punta di amarezza.

PS. Melchiorre dice che non è riuscito a trovare il quaderno dal suo libraio abituale. Ricordiamo a lettori e librai che ora i Quaderni di sAm si possono facilmente ordinare presso il distributore Cierrevecchi.

Zlatan Ibrahimovic ha scritto un libro autobiografico. L’ho letto perché l’autore è della mia classe (1981). Specie nelle pagine in cui Zlatan parla della sua infanzia-adolescenza, con mia grande sorpresa, ho trovato materia di riflessione. Non mancano usi e costumi, stati d’animo e riferimenti culturali (antropologicamente parlando) che mi sento di avere io stesso, mutatis mutandis, esperito. Comunanza generazionale? Parrebbe.

Si fa presto a dire generazione. Non so se sia possibile determinare un’unità scientifica della generazione come durata. Venticinque anni? Trenta? Di più? Di meno? La mia generazione è composta dai nati tra il 1979 e il 1988. Chi è nato nel 1978 o nel 1989 è già un altro discorso. Siamo, in effetti, la generazione breve.

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