di Matteo Flumian
Matteo Flumian ripercorre le vicende degli abitanti di Erto (uno dei due poli del Comune di Erto e Casso, oggi in provincia di Pordenone, al confine con il Bellunese) dall’11 ottobre 1963 fino al 1971. Due giorni dopo aver assistito alla catastrofe del Vajont, gli Ertani ricevono dalle autorità un ordine di sgombero, benché le condizioni del paese non esigessero una misura così drastica. È un altro terribile capitolo dei rapporti tra le popolazioni di questa zona e lo Stato italiano. La comunità di paese da quel momento comincia a dividersi: una parte continuerà a voler abitare nel vecchio paese, una parte si trasferirà in una “Nuova Erto” presso Ponte nelle Alpi, un’altra ancora si stabilirà in una “città nuova” battezzata Vajont, ricavata in un’area del comune di Maniago. L’intervento dello Stato fu beffardo anche in materia di sovvenzioni per la ricostruzione economica: si trasformò in una speculazione sulla tragedia, a danno degli abitanti del posto.
La conoscenza dei fatti e delle vicende che portarono al “disastro del Vajont” è oramai consolidata; per quel che riguarda invece il dopo 9 ottobre 1963, gli sforzi di ricerca e di studio si sono concentrati soprattutto su Longarone e manca ancora una sistematica analisi dell’eredità della tragedia a Erto e Casso. Fu soprattutto Tina Merlin a richiamare l’attenzione su questa vicenda (la prima edizione del suo famoso libro Sulla pelle viva risale al 1983). Il mio contributo si inserisce oggi tra le ricerche inaugurate da Lucia Vastano nel 2003; si soffermerà soprattutto su Erto, la frazione del Comune posta a quota più bassa e orientata verso il Friuli (mentre Casso tradizionalmente gravitava sul Bellunese).
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