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Marco Toscano

Avvisi per i posteri. Dalla Prima guerra mondiale. 25

22/11/2014

di Marco Toscano

Nuovo appuntamento con le letture del nostro amico Marco Toscano intorno alla prima guerra mondiale, e alla guerra in generale.

Cari di storiAmestre,

forse ricorderete, da una mia scheda di qualche mese fa, le parole di Virginia Woolf che invita a sostituire la venerazione maschile per le medaglie e le onorificenze con sentimenti creativi che comportino felicità. Ritrovo idee analoghe nel piccolo volume che raccoglie uno scambio epistolare tra Sigmund Freud e Albert Einstein. Nell’estate 1932 Einstein scrive a Freud e gli pone una domanda: “C’è un modo per liberare gli uomini dalla fatalità della guerra?”. A volere la guerra era “un piccolo ma deciso gruppo di coloro che, attivi in ogni Stato e incuranti di ogni considerazione e restrizione sociale, vedono nella guerra, cioè nella fabbricazione e vendita di armi, soltanto un’occasione per promuovere i loro interessi personali e ampliare la loro personale autorità”. Su questo nessun dubbio, scriveva Einstein. Ma “com’è possibile che la minoranza ora menzionata riesca ad asservire alle proprie cupidigie la massa del popolo, che da una guerra ha solo da soffrire e da perdere?” E non si trattava di «masse incolte». L’esperienza (Einstein doveva pensare alla prima guerra mondiale – rimando a un’altra mia scheda dal diario di Rolland) dimostra infatti che «la cosiddetta “intellighenzia” cede per prima a queste suggestioni collettive» (pp. 61-62). 

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Avvisi per i posteri. Dalla Prima guerra mondiale. 24

12/11/2014

di Marco Toscano

Nuovo appuntamento con le letture del nostro amico Marco Toscano intorno alla prima guerra mondiale, e alla guerra in generale.

Cari di storiAmestre,

questa volta ecco una poesia: la Ninna-nanna de la guera che Trilussa scrisse nell’ottobre 1914, quando l’Italia era ancora neutrale. Non so quanto sia oggi conosciuta. Quarant’anni fa godette di una certa fortuna grazie a Claudio Baglioni, che la cantò in un disco di successo del 1974. Del resto la poesia venne cantata ben presto sull’aria di una canzone popolare piemontese. Pubblicata nei fogli socialisti fin dal 1915, veniva cantata come canzone antimilitarista a Torino, ma anche dai soldati in trincea: versioni furono registrate nei primi anni Sessanta. Nel 1917 fu musicata per canto e per pianoforte, e lo spartito pubblicato. 

Nel 1921 Togliatti scrisse sull’Ordine nuovo che la Ninna-nanna aveva avuto nel 1917 “un grande successo e una diffusione enorme tra il popolo, quantunque naturalmente in quel tempo il cantarla fosse reato di… disfattismo”. Togliatti in guerra si era arruolato volontario, per combattere gli imperi centrali in nome dei diritti delle nazioni: sarà per questa sua scelta che mise i punti di sospensione prima di scrivere “disfattismo”? 

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Avvisi per i posteri. Dalla prima guerra mondiale. 23

10/11/2014

di Marco Toscano

Cari di storiAmestre,

il libro Non uccidere. Considerazioni politiche è un Oscar Mondadori del 1987 che raccoglie scritti di Hermann Hesse dal 1914 al 1961; mi limiterò a illustrare le pagine relative alla prima guerra mondiale.

Quando il governo tedesco dichiarò guerra alla Francia, ai primi di agosto 1914, Hermann Hesse (1877-1962) aveva quasi quarant’anni e viveva con la moglie e i tre figli in una casa di campagna vicino a Berna, in Svizzera. Nato nel Württemberg da padre russo di origine baltica e madre svizzera francese nata in India, aveva la nazionalità tedesca, così come due delle sue sorelle; un fratello e una sorella, invece avevano quella svizzera. Hermann si era trasferito dopo il matrimonio con la moglie in un villaggio sul lago di Costanza, vicino al confine con la Svizzera. Nel 1913 aveva compiuto un viaggio in Oriente ed era rientrato in Europa da pochi mesi quando scoppiò la guerra. Trovandosi, come si è detto, in Svizzera, Hesse si presentò al consolato tedesco a Berna per mettersi a disposizione: era riservista inabile, un suo richiamo era molto improbabile. Nel suo diario scrisse che l’idea di combattere lo inorridiva.

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Avvisi per i posteri. Dalla Prima guerra mondiale. 22

04/11/2014

di Marco Toscano

Nuovo appuntamento con le letture del nostro amico Marco Toscano intorno alla prima guerra mondiale, e alla guerra in generale.

Cari di storiAmestre,

l’autobiografia di Robert Graves (1895-1985), Addio a tutto questo, ha in copertina (mi riferisco alla traduzione italiana del 2005) la scritta “Un grande libro contro tutte le guerre. The Times”. 

Conosciuto per i suoi studi sui miti greci, Robert Graves era di ottima famiglia: il padre Alfred Perceval era irlandese e la madre, Amalie Von Ranke, tedesca, era bisnipote del famoso storico Leopold. Cresciuto in una casa londinese con bambinaia e servitù, Robert era destinato a un college a Oxford quando scoppiò la guerra. Volontario a diciannove anni nel 1914, fu mandato al fronte in Francia, mentre i suoi cugini e i suoi parenti materni combattevano con l’esercito tedesco. Partecipò alle battaglie della Somme come ufficiale; ferito e dichiarato morto, si salvò e venne ricoverato in un ospedale a Oxford; quando si ristabilì, fu destinato come istruttore in un battaglione di allievi ufficiali. Malato ai polmoni, passò lunghi mesi di convalescenza (anni dopo avrebbe ricordato che continuava a tossire fino a vomitare). Trasferito in Irlanda, venne smobilitato nel febbraio 1919.

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Avvisi per i posteri. Dalla Prima guerra mondiale. 21

31/10/2014

di Marco Toscano

Nuovo appuntamento con le letture del nostro amico Marco Toscano intorno alla prima guerra mondiale, e alla guerra in generale.

Cari di storiAmestre,

mentre leggevo nell’Introduzione al pamphlet Militarism versus Feminism che non si può capire il movimento per la pace tra le due guerre in Europa senza l’esperienza delle donne nella Prima guerra mondiale, ho pensato in primo luogo a Helena M. Swanwick, femminista e pacifista fin dal 1914, che nei primi anni Trenta chiese la messa al bando dell’aviazione militare. Subito dopo ho pensato a Vera Brittain, che di fronte ai bombardamenti aerei compiuti dalle forze angloamericane nel 1944, “profetizzò” (prendo il termine dall’Introduzione di Claudia Baldoli all’unica raccolta in italiano di suoi scritti): “La fredda crudeltà che ha causato la distruzione di vite umane innocenti nelle città europee più popolate, e il vandalismo che ha annientato i tesori di alcune delle città più belle, apparirà alla civiltà futura come una forma estrema di malattia criminale dalla quale i nostri leader politici e militari hanno volontariamente scelto di venire colpiti”.

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Avvisi per i posteri. Dalla Prima guerra mondiale. 20

25/10/2014

di Marco Toscano

Finita l’estate, aumentano gli impegni, ma Marco Toscano ha trovato il tempo per mandarci ancora qualche sua lettura intorno alla prima guerra mondiale, e alla guerra in generale.

Cari di storiAmestre,

l’opuscolo che ho sotto gli occhi, Militarism versus Feminism. Writings on Women and War, raccoglie scritti di due donne, Mary Sargant Florence e Catherine Marshall, e di un uomo, Charles Kay Ogden; l’editore è Virago di Londra; l’edizione, del 1987, riprende quella originale del 1915. La mia copia viene da una bancarella, e la pagina che precede il frontespizio porta una firma che non riesco a decifrare.

Nelle prime righe dell’Introduzione, le curatrici Margaret Kamester e Jo Vellacott spiegano di aver pubblicato il libro per dimostrare la falsità dell’immagine che viene normalmente data del femminismo del primo Novecento. Si dice infatti che il femminismo chiedeva il diritto al voto alle donne, appoggiò la guerra e alla fine fu ricompensato con la concessione del suffragio. Non è vero, sostengono le curatrici: c’era anche un movimento femminista pacifista che reclamava un cambiamento sociale e un nuovo ordine internazionale, opponendosi alla guerra e alla coscrizione (cosa che sfuggì anche ad Andreas Latzko). Solo così, aggiungono, si può capire la grande attività della Lega internazionale delle donne per la pace e la libertà negli anni Trenta: un movimento, concludono, che illumina ancor oggi il nostro comportamento e ci incoraggia a proseguire nelle nostre mobilitazioni. Nel ricordare i moniti che vengono dalle parole qui pubblicate, l’Introduzione si chiude così: “Possano queste parole non essere state scritte invano”.

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