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Lucio Sponza

Da Piazza Fontana alle terre tra Italia e Jugoslavia, passando per Piazza Armerina. Una lettura

15/11/2020

di Lucio Sponza

Il nostro socio e amico Lucio Sponza ha letto l’ultimo libro di Adriano Sofri (Il martire fascista: una storia equivoca e terribile, Sellerio, Palermo 2019), che ci era già capitato di incrociare sul nostro sito, sotto la penna di Claudio Zanlorenzi. Persone e luoghi a distanza di migliaia di chilometri e di decine di anni, una storia di “imprevedibili collegamenti, coincidenze, convergenze e anche digressioni – ma anche di lacune e distorsioni della memoria”.

Tra gli anniversari più o meno celebrati durante il 2020, uno poco ricordato è stato il centenario del Trattato di Rapallo (12 novembre 1920). Per il Regno d’Italia fu firmato da Giovanni Giolitti, che da qualche mese era ritornato alla guida di quello che sarebbe stato il suo ultimo governo, e dai rappresentanti del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni – la futura Jugoslavia. Scopo della trattativa era risolvere la difficile questione del confine fra i due paesi. A sollecitare il raggiungimento di un accordo contribuì l’occupazione dannunziana di Fiume (settembre 1919), che non era fra i territori assegnati all’Italia dall’armistizio e dal novembre 1918 era sotto il comando militare interalleato.

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Archiviato in:Letture, Lucio Sponza Contrassegnato con: Adriano Sofri, antifascimo, confine orientale, fascismo, Piazza Fontana

Una bambina veneziana in gita a Favaro nel 1925. Da un diario di scuola

09/04/2020

di Lucio Sponza

Il nostro amico e socio Lucio Sponza ha recuperato il diario scolastico che Giulia, sua mamma, tenne negli anni 1924-25 e 1925-26, quando, tra i 13 e i 14 anni, a Venezia frequentava la scuola Giustina Renier Michiel (a San Trovaso, dove tuttora si trova). Da questi quaderni, che cerca di leggere collocandoli nel clima cittadino e nazionale di quegli anni, quando il fascismo si stava affermando come regime, Lucio ha estratto un brano dell’aprile 1925. La classe di Giulia, con alcune altre scolaresche veneziane, partecipò a una gita a Favaro, allora in campagna: vaporetto da Rialto a San Giuliano, tram fino alla piazza di Mestre, poi a piedi passando per Carpenedo, merenda e rientro, per una strada più breve, e l’approdo dove la mamma la aspetta.

I nuovi programmi delle scuole “complementari, avviate con la riforma Gentile, prevedevano che alunni e alunne tenessero un diario – da scrivere a casa, senza vincoli di consegna – esprimendosi liberamente, su qualunque argomento, anche se di solito le annotazioni riguardavano attività scolastiche: osservazioni su lezioni e letture svolte in classe; racconti di visite a musei e altre istituzioni; resoconti di gite collettive. Queste classi “complementari” erano una estensione di due anni delle scuole elementari, che allora consistevano di cinque oppure sei anni (dipendendo dalle circostanze locali) ed erano perciò chiamate classi di “settima” e di “ottava”. Non durarono a lungo, soprattutto perché miravano a una formazione senza precisi e immediati sbocchi pratici, come invece faceva la loro alternativa per le classi sociali inferiori: la “scuola integrativa di avviamento professionale”.

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Leggendo la recensione di un libro sulla peste del 1630 a Firenze

19/03/2020

di Lucio Sponza

Quel che un recensore della London Review of Books nota in uno studio recente sulla peste del 1630 a Firenze, letto mentre le situazioni descritte del libro cominciavano ad assomigliare alla nostra vita quotidiana.

Ho letto in questi giorni di metà marzo l’interessante recensione di un libro su Firenze durante la peste del 1630: Florence Under Siege. Surviving Plague in an Early Modern City, scritto da John Henderson e pubblicato da Yale University Press nel 2019. Fra molte altre fonti Henderson si avvale delle memorie e cronache contemporanee di Giovanni Baldinucci e di Francesco Rondinelli. La recensione è di Erin Maglaque ed è apparsa nella London Review of Books del 20 febbraio scorso. 

Si tratta della peste di manzoniana memoria, che ai veneziani ricorda anche di più l’erezione della Basilica della Salute. Pare che fosse giunta in Italia con l’arrivo di truppe mercenarie germaniche nell’autunno del 1629; il contagio si diffuse rapidamente nel nord della penisola e le autorità fiorentine speravano di restarne immuni bloccando ogni traffico e ogni movimento di persone per i passi appenninici, ma pare che dei contadini li attraversassero di nascosto mentre le guardie, annoiate, giocavano a carte. E al ritorno i contadini portarono la peste.

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Gran Bretagna e classi sociali. Una lettura

14/09/2019

di Lucio Sponza

Il nostro amico e socio Lucio Sponza, che a lungo ha lavorato e vissuto in Inghilterra, ci ha mandato la sua lettura di un libro recente della storica Selina Todd dedicato alla “ascesa e caduta della working class”. Con uno sguardo alla crisi sociale e politica attualmente in corso in Gran Bretagna.

1. Gli inglesi sono ossessionati dal concetto e dalla realtà delle classi sociali. La cosa non sorprende se si pensa che buona parte della ricchezza fondiaria, immobiliare e finanziaria è nelle mani della stessa aristocrazia da circa mille anni al vertice dello Stato. Le differenze di classe si manifestano, oltre che negli aspetti materiali e socio-culturali, anche nella lingua. Non è un caso che il “perfetto” inglese sia indicato come “Upper-class English” o addirittura come “Queen’s English”.

La classe, e la classe lavoratrice (working class) in particolare, sono state oggetto di riflessione e di analisi da parte di storici, sociologi, politici e scrittori di questo paese fin dalla metà del XIX secolo. Dato poi che il mondo contadino è diventato del tutto marginale già alla fine di quel secolo, è sulla working class operaia che l’attenzione si è concentrata.

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Intorno a un ciclo di film inglesi all’Ateneo Veneto. Febbraio-giugno 2019

13/04/2019

di Lucio Sponza

Il nostro socio e amico Lucio Sponza ha organizzato la visione di un ciclo di film inglesi presso l’Ateneo Veneto di Venezia (appuntamento il sabato mattina). Gli abbiamo chiesto di presentarcene il programma. Ecco che cosa ci ha risposto.

In febbraio ho cominciato a presentare una serie di film inglesi all’Ateneo Veneto di Venezia, dei matinée (orario 9,30-11,30) nell’ambito del programma di Incontri di lingua e cultura inglesi 2019. Sono nove pellicole risalenti al primo quindicennio del secondo dopoguerra, che mi interessano particolarmente: hanno una narrativa semplice (queste proiezioni sono anche strumento di osservazioni linguistiche), ma allo stesso tempo ricca di significati, non ultimi quelli che mettono in rilievo pregi e difetti degli inglesi e più in generale dei britannici.

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L’Arsenale, gli arsenalotti, il sestiere di Castello e la città. Dalle pagine del “Gazzettino” (1945-2015)

05/12/2015

di Lucio Sponza

Comincia il periodo delle strenne: è San Nicolò. Per l’occasione, Lucio Sponza ci offre un suo saggio che esamina la rappresentazione dell’Arsenale e degli arsenalotti, e la discussione sulla loro “sorte”, attraverso le pagine del Gazzettino, dal 1945 a oggi. Vista la lunghezza del saggio, come di consueto ne proponiamo qui di seguito una parte (quella conclusiva); per scaricare il testo integrale, cliccare qui.

Quanto al rapporto fra l’Arsenale e Castello, gli abitanti di questo sestiere non sembravano più essere preoccupati per la lenta agonia di quella che era un tempo la loro principale fonte di lavoro e di identità professionale. Chiedevano invece il lancio turistico del sestiere, e a tale scopo fu istituito un comitato che si limitò ad avanzare queste richieste:

1) l’utilizzo dell’imbarcadero ACTV della Biennale come punto di imbarco e sbarco di tutto il traffico da Punta Sabbioni al Cavallino; 2) lo sgombero della Riva degli Schiavoni dai rimorchiatori e da buona parte dei mezzi ACTV; 3) la rivalutazione della stazione marittima di riva dei Sette Martiri, con afflusso di navi passeggeri; 4) la valorizzazione del Museo Navale (spesso chiuso per carenza di personale), della chiesa di S. Giorgio degli Schiavoni, della basilica di S. Pietro di Castello e in genere delle bellezze turistiche del sestiere; 5) la creazione al pontile dell’Arsenale di un vero e proprio terminal per la linea del Tronchetto e per altre linee turistiche. (“Il Gazzettino”, 1 giugno 1979)

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