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Letture

Sono brevi schede di libri, riviste, articoli o altre cose lette. Ne raccontano il contenuto, o parte di esso, e le ragioni per cui si è cominciato a leggere, i motivi per cui in quel momento un testo ci sembra adatto, ci accompagna, ci aiuta, oppure ci fa arrabbiare. Sono suggerimenti per cominciare una lettura, forse condividerla o forse evitarla.

Roncade dal neolitico agli anni Ottanta. Una lettura d’occasione

11/01/2014

di Plinio Vecchiato

Il nostro amico Plinio Vecchiato ha voluto renderci partecipi della recente lettura di un libro sulla storia di Roncade uscito nel 1991.

Per motivi del tutto indipendenti dalla mia volontà mi è toccato di sciropparmi La comunità roncadese nella sua storia, cultura e religione di Mario Andreazza (The courier, Firenze 1991). È un libro di quelli soliti che parte col fortunoso ritrovamento degli antichissimi manufatti in selce risalenti al neolitico e finisce con lo sviluppo dei mobilifici negli anni Ottanta, passando per l’urna cineraria di un signore venetico che di nome faceva Votunca, l’antico cardo e decumano, le vie di comunicazione di Annio Rufo («il pulsare di quella importantissima arteria significò calore e vita anche a qualche distanza dal nastro stradale»), il monastero benedettino, l’antico castello che però è una villa essendo «le mura costrutte ed ordinate per la comodità di una laboriosa fattoria o per una amena villeggiatura più che per la difesa dagli assalti», l’antica chiesa che sorge sulle antiche vestigia di un sacrario paleoqualcosa, gli illustri personaggi, le belle lavanderine, gli onesti artigiani che fanno gli antichi mestieri e i frugali contadini «d’indole rozza ma buona» guidati «dalla vigile opera dei parroci che condividono la situazione dei loro fedeli e li spronano al rispetto degli ideali cristiani ed alla venerazione verso l’autorità ricordando altresì che essa è a servizio del popolo»; e ancora, per venire al contemporaneo, i 234 «suoi [di Roncade] figli» morti nella prima («contributo alla Vittoria» e «sacrificio alla Patria»), quelli morti nella seconda, parte di qua e parte di là («fratelli divisi da rancori politici, interessi, e visioni distorte della vera salvezza della comunità civile»), il referendum del 2 giugno (perdono i monarchici, ma di un niente), l’elenco dei parroci, dei cappellani, delle suore, dei sindaci, delle giunte, cenni di demografia, note di araldica toponomastica e fonetica, lazzi e proverbi, curiosità varie tipo i semplici giuochi dei fanciulli d’un tempo e i mangiari delle feste, per finire con il coro, l’Avis, l’Aido e l’Associazione Veterani Calcio che dal 1977 crea «una rete di iniziative atte a cimentare la vera amicizia» e «cura con particolare attenzione, con coraggiosa disponibilità e sacrificio, la Sagra di San Giacomo» che si svolge in «una atmosfera di serena allegria» a differenza delle celebrazioni per la madonna dell’otto settembre che «un tempo avevano tutto il sapore paesano» mentre adesso «sono divenute forse un po’ sofisticate nella ricerca di una impostazione attuale che si compendia nella Pro Loco» (io ci sono stato, una volta, alla festa della madonna e ho avuto precisa quell’impressione lì: bello, per carità, ma sophisticated che mai coi sagrari unisoni in fitta schiera a fare i balli di gruppo).

L’autore del libro, laureato in storia a Firenze con Giovanni Spadolini relatore, era un prete di Roncade, di quelli paternalisti, l’importanza dello sport nel forgiare la gioventù, le pie donne al vespro, trevisani nel mondo, la Vita del Popolo… Parrebbe anche un filino fascista, d’altra parte se è vero che purtroppo a Roncade «il fascismo ostacola l’attività dell’azione cattolica» è vero anche che «durante il lungo periodo fascista la nostra comunità roncadese non ebbe a soffrire angherie, respirava la cultura e l’ideologia impartita nelle scuole, diffusa nella stampa, in un atteggiamento passivo, obbligato, ma comunque vivibile quotidianamente».

Questo pezzo qua secondo me è fenomenale. L’antefatto è che nel luglio 44 i partigiani uccidono il commissario politico di Roncade Raimondo Speranzon e due Menon da Roncade.

«Commosso il tributo del paese ai funerali, imponente la manifestazione, e serie minacce di vendetta; infatti si volevano impiccare due partigiani al passaggio del corteo funebre ma L’Arciprete e lo stesso Luigi Menon si opposero: furono infatti fucilati nei fossati del cimitero, privi di ogni assistenza religiosa».

Mi è piaciuto un sacco, specie dall’infatti in poi: L’Arciprete, il buon pastore, vedendo il gregge incline al capitale vizio dell’ira fu fermo nel riportare tutti alla ragione della pietà cristiana: non siamo mica bestie che pichiamo i tusi per strada mentre è in corso la religiosa funzione! Si coppino i tusi, ma con modestia, tirandogli piano con lo s’cioppo nel fosso del cimitero che peraltro viene anche comoda la traslazione.

Archiviato in:Letture, Plinio Vecchiato Contrassegnato con: antifascismo, clerico-fascismo, fascismo

Il mondo di oggi guardato da un editorialista di ieri. 9

08/01/2014

di Alain, a cura di Giacomo Corazzol

Cominciamo l’anno nuovo con il filosofo francese Alain letto e tradotto a Giacomo Corazzol. Con un pensiero particolare rivolto a tutti gli impiegati.

Bando ai convenevoli, di Alain

È inutile inveire, e non riesco a sopportare i luoghi comuni che si leggono e sentono dappertutto a proposito del venir meno della disciplina. È evidente che attorno a noi sta avvenendo un grande cambiamento. È evidente che il rispetto per le istituzioni – intendo dire un rispetto tutto fondato sulla gerarchia – è all’incirca morto. Ormai anche l’ultimo degli impiegati non esita a giudicare i propri capi. I padreterni non sono più salutati come una volta. È forse un male per la disciplina? Questo bisognerebbe esaminare.

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Archiviato in:Alain, Giacomo Corazzol, Letture

Letture a fianco della stufa economica

28/11/2013

di Carlo Freguglia

Passata l’estate, lasciato il fico, il nostro amico Carlo Freguglia continua a tenerci al corrente delle sue letture. Questa volta ci parla di Nicola Gardini, I Baroni. Come e perché sono fuggito dall’università italiana (Feltrinelli, Milano 2009). L’articolo è già apparso su “el Campanon. Rivista Feltrina”, a. XX, n.s., 31 (giugno 2013), pp. 56-60; ringraziamo la direzione della rivista che ci ha gentilmente concesso di riprenderlo.

Non va mica bene segnalare un libro a quattr’anni e passa dalla sua uscita. Salvo che ne sono venuto a conoscenza poche settimane fa. L’ho visto citato in una filippica contro un ex sindaco di Venezia. Per mia fortuna, e a mia parziale scusante, è stato ristampato in edizione economica proprio quest’anno.

Il libro parla parecchio di Feltre. Specialmente della sua università per antonomasia, vale a dire la sezione staccata di un istituto milanese nato sulle ceneri della Bocconi lingue, fiorita in cittadella or sarà mezzo secolo grazie agli auspici congiunti del professor Silvio Baridon e dell’onorevole Leandro Fusaro. L’unica vera, quella che, oltre a produrre laureati in gran copia, ha generato sulle principali vie d’accesso al borgo, grazie a degli amministratori più entusiasti che lungimiranti, una specifica segnaletica in bandone (città universitaria). Un’università che da qualche anno ha chiuso baracca e burattini ma, grazie a dio, non la biblioteca. Cosa ne sia della segnaletica vi saprò dire.

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Archiviato in:Carlo Freguglia, Letture Contrassegnato con: Feltre, università

Nessuno si consideri in salvo. Presentando Manlio Calegari

24/11/2013

di Piero Brunello

Pubblichiamo l’intervento con cui Piero Brunello ha introdotto Manlio Calegari, primo ospite della nuova serie degli “spunti-ni storici” di storiAmestre.

1. I soci di storiAmestre conoscono già Manlio Calegari. È venuto a trovarci più volte: ricordo la prima tanto tempo fa (forse i primi anni Novanta?), al Municipio di Mestre; poi, quando è uscito il quaderno di storiAmestre Pensieri da un motorino, di Gigi Corazzol, è stato lui, insieme a Giovanna Lazzarin, a presentarlo nella sede degli Itinerari educativi in via Pio X; un’altra volta, proprio in questa sede, ha presentato il suo Museo operaio, in cui ciascuno doveva scegliere un oggetto da mettere nel museo (un po’ quel che facciamo noi con la rubrica Oggetti del nostro sito). Abbiamo pubblicato una rievocazione sua e di Jeff Quiligotti sui fatti di Genova del 1960, in occasione del cinquantenario. 

Oggi Manlio ci rende partecipi delle sue riflessioni su una questione personale, se si vuole, ma che ha risvolti archivistici, storiografici e politici. Nel corso di un ventennio Manlio ha raccolto 201 cassette con interviste a ex partigiani e adesso, sembrandogli che quelle interviste possano essere difficilmente comprensibili se non a chi le ha raccolte, cioè a lui stesso, si chiede cosa farne. Su questo ci ha mandato gentilmente uno scritto per il nostro sito. Comincia così:

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Il mondo di oggi guardato da un editorialista di ieri. 8

21/11/2013

di Alain, a cura di Giacomo Corazzol

Nuovo appuntamento con il filosofo francese Alain letto e tradotto da Giacomo Corazzol.

Dottrina dell’azione, di Alain

Un certo saggio, il quale coltiva il proprio giardino e parla poco, si vanta di essere riuscito a far stare tutta la dottrina dell’azione in due capitoli, ciascuno dei quali di una sola parola. Capitolo I: Continuare. Capitolo II: Cominciare. L’ordine stupisce ma esprime quasi tutta l’idea. È meglio meditare che discutere. In questo modo i due capitoli si svilupperebbero rapidamente in un grosso tomo. Ecco una sintesi del grosso tomo.

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“Che i mandatarii rendano conto”. No, è una “inquisizione pedantesca”. Una discussione sulle procedure di voto (Venezia, febbraio 1849)

31/10/2013

a cura di Piero Brunello

Torniamo di nuovo al Quarantotto: la lettura del verbale di una seduta dell’Assemblea veneziana dei rappresentanti del febbraio 1849 è stata stuzzicata dalle discussioni che si ascoltano in questi giorni (fine ottobre 2013) a proposito delle modalità di una votazione nel Senato della Repubblica italiana.

Nota preliminare. Nell’Assemblea dei rappresentanti di Venezia del Quarantotto, votata a suffragio universale maschile su base parrocchiale, si discusse se adottare il voto palese o il voto segreto. A intervenire sono quasi tutti avvocati (professione del resto ben rappresentata all’Assemblea). La prima proposta si appella al diritto del popolo di controllare i propri rappresentanti; la seconda, al fatto che il rappresentante è eletto non per rendere conto al popolo, ma per fare il bene del popolo secondo coscienza. Chi è a favore del voto palese accusa il voto segreto di essere la maschera del suddito, mentre il cittadino si assume le proprie responsabilità alla luce del sole; chi sostiene il voto segreto risponde che il popolo non sempre riesce a capire come stanno le cose, e afferma che l’opinione pubblica non riflette le convinzioni del popolo (che oltretutto non dovrebbe occuparsi di politica ma pensare ad altro) bensì la faziosità dei partiti. In particolare a Venezia i sostenitori del voto segreto si appellano all’uso della Serenissima: cioè un’oligarchia aristocratica, ribattono i sostenitori del voto palese. Peraltro, tutti, indistintamente, escludono che il rappresentante del popolo possa essere influenzato da altri interessi che non siano il bene del popolo e la propria coscienza; si tratta di trovare, dicono, la garanzia migliore per assicurare tale condizione. 

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Archiviato in:Letture, Piero Brunello Contrassegnato con: 1848, documenti, Venezia, voto

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