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Letture

Sono brevi schede di libri, riviste, articoli o altre cose lette. Ne raccontano il contenuto, o parte di esso, e le ragioni per cui si è cominciato a leggere, i motivi per cui in quel momento un testo ci sembra adatto, ci accompagna, ci aiuta, oppure ci fa arrabbiare. Sono suggerimenti per cominciare una lettura, forse condividerla o forse evitarla.

Emigrante, partigiano, anarchico: Carlo Aldegheri (1902-1995), veronese, tra Italia, Francia, Spagna e Brasile

20/10/2021

a cura di Andrea Dilemmi

Riprendiamo alcune pagine da una recente raccolta di scritti dedicata a Carlo Aldegheri, basata su interviste che gli furono fatte a Santos, in Brasile, poco prima che morisse (nel 1995). Nella sua introduzione, Andrea Dilemmi ripercorre la biografia di Aldegheri, nato nel 1902 nel Veronese. I brani di un’intervista di Aldegheri del 1991 si riferiscono alla sua infanzia e adolescenza, fino alla fine della Prima guerra mondiale.

1. Dal Far East al mondo, di Andrea Dilemmi

Nato nel Veronese agli inizi del secolo in una famiglia di braccianti, Aldegheri aveva fatto il muratore e il calzolaio in Francia, partecipato come volontario antifranchista alla guerra di Spagna, dove aveva conosciuto la futura moglie Anita Canovas Navarro. Profugo in Francia, era stato riconsegnato alla polizia fascista italiana che l’aveva mandato al confino e in carcere, da cui era riuscito a fuggire. Tornato nel Veronese, aveva preso parte alla Resistenza, per emigrare nel 1950 a Santos, nello Stato di San Paulo, in Brasile. Qui, nell’ultimo periodo della sua vita incontrò un gruppo di punk metropolitani che vollero conoscerlo e intervistarlo per allacciarsi a una tradizione che la dittatura in Brasile aveva cancellato. 

Del tempo trascorso da Carlo Aldegheri a Verona non sappiamo molto. O, meglio, non molto di più di ciò che lui stesso ha raccontato in occasione delle interviste che leggerete nelle pagine che seguono. Ma possiamo dire con certezza, per cominciare, che nella sua vita Carlo Aldegheri ha attraversato molti confini.

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Archiviato in:Andrea Dilemmi, Carlo Aldegheri, Letture Contrassegnato con: anarchismo, antifascismo, emigrazione, pagine scelte, prima guerra mondiale, storia del movimento operaio

Viaggio nello sfruttamento post-industriale. Leggere “L’ultimo miglio” di Angelo Mastrandrea

03/10/2021

di Andrea Lanza

Il nostro amico e socio Andrea Lanza ha letto L’ultimo miglio, il libro-inchiesta che Angelo Mastandrea ha dedicato alla logistica e alla distribuzione di prodotti venduti online. Tre le questioni che, secondo Lanza, attraversano il libro, rendendolo particolarmente interessante per chi vuole ragionare, oltre che sulla storia del lavoro, sulla storia della città e del territorio: come il commercio elettronico influenza e trasforma la geografia e le mappe mentali con cui interpretiamo lo spazio; quale l’impatto sull’organizzazione del lavoro; come si fanno sempre più sottili i confini tra legalità e illegalità. 

1. Il sottotitolo del libro, Viaggio nel mondo della logistica e dell’e-commerce in Italia, tra Amazon, rider, portacontainer, magazzinieri e criminalità (Manni, Lecce 2021), sintetizza l’argomento di questo libro uscito pochi mesi fa. L’autore, Angelo Mastrandrea, è un giornalista di quelli che si prendono il tempo per visitare, osservare, incontrare chi la realtà la vive o ne osserva i dettagli da anni e, infine, scrivere un reportage fatto per bene. Il libro si compone di cinque approfondimenti (alcuni dei quali anticipati in forma ridotta su Internazionale e Manifesto) dedicati a luoghi chiave della logistica italiana.

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Archiviato in:Andrea Lanza, Letture Contrassegnato con: Angelo Mastrandrea, e-commerce, grande distribizione, storia del lavoro

Porto Marghera, l’incubo di Eugenio Cefis. Leggere una biografia-inchiesta, tenendo sotto mano qualche altro documento

24/09/2021

di Lorenzo Feltrin

Lorenzo Feltrin ci ha inviato la sua lettura di un libro dedicato a un personaggio in cui si è imbattuto di continuo nel suo lavoro di ricerca sulla storia di Porto Marghera: Eugenio Cefis. 

Occupandomi di Porto Marghera, mi sono spesso imbattuto nel nome di Eugenio Cefis. D’altronde, l’ex presidente di Eni e Montedison è una personalità molto chiacchierata. Soprattutto dopo la sua morte, è stato oggetto di tutto un sottobosco di letteratura – al confine tra il giornalismo d’inchiesta e il complottismo – che ipotizza il coinvolgimento di Cefis negli omicidi di Enrico Mattei, Mauro De Mauro e Pier Paolo Pasolini, nella fondazione della loggia massonica P2 e nella pianificazione di un colpo di stato, giusto per citare le accuse più eclatanti. Così, quando ho scorto il volto del misterioso manager sulla copertina del libro Eugenio Cefis. Una storia italiana di potere e misteri di Paolo Morando (Laterza, Roma-Bari 2021), non ho resistito alla tentazione.

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Cosa significano “patrimonio”, “patrimonio Unesco”, “heritage”? Leggendo un documento e un libro recente

21/09/2021

di Piero Brunello

Dopo il suo intervento di fine agosto, Piero Brunello torna sul documento deliberato dal Consiglio regionale veneto nel luglio 2020, 2030: La strategia regionale per lo sviluppo sostenibile. Per tradurre e decostruire alcuni dei termini e dei discorsi diventati d’uso corrente e irriflesso, Brunello si aiuta con un libro recente di Marco D’Eramo.

Pensavo di non dover più tornare sul documento della Regione Veneto 2030: la strategia regionale per lo sviluppo sostenibile, a meno di non dover rispondere a obiezioni alla lettura che ne avevo proposto, quando mi capita di vedere la mail con cui la Confindustria Veneto invita a partecipare a una giornata promossa il 24 settembre da Reti per la sostenibilità delle imprese nel Territorio Veneto “negli splendidi spazi dell’M9 Museo del ‘900 di Mestre (Ve), un esempio virtuoso di recupero urbano in chiave sostenibile a 360 gradi”. Ora, quando sento parlare di sostenibilità a 360 gradi mi prende un boresso (ridarella ndr) che non riesco proprio a star serio. Ma appena mi sono ricomposto, mi sono chiesto: dove ho già letto qualcosa del genere? Controllo il documento della Regione Veneto, e vedo che una delle 6 macroaree in cui esplicare “la strategia regionale” ha per titolo: “Per l’innovazione a 360 gradi”. Si capisce allora che il convegno all’M9, come si precisa nell’invito della Confindustria Veneto che ho ricevuto per mail, sia finanziato dalla Regione Veneto (ma con un certo numero di collaborazioni tra cui l’Università Ca’ Foscari).

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Salve per un soffio. L’attività di soccorso di suor Pier Damiana a Venezia nel 1943-1944

23/04/2021

di Albarosa Ines Bassani

Suor Pier Damiana nel 1944 si trovava nell’istituto San Filippo di Venezia, dipendente dalla casa delle Suore Maestre di Santa Dorotea di Vicenza. Riprendiamo alcune pagine a lei dedicate dal recente libro di suor Albarosa Ines Bassani, Le suore della libertà. Tra guerra e resistenza (1940-1945) (2020), che documenta attività di soccorso a favore di donne ebree e perseguitate politiche prestate dalle suore dorotee durante la Seconda guerra mondiale. Ce le ha segnalate il nostro socio e amico Elvio Bissoli, come occasione per riflettere sui temi della Resistenza civile, del rapporto tra obbedienza e scelte di coscienza, delle reti di relazione e della fiducia (cercare aiuto bussando a una porta con una lettera di presentazione, senza certezza sull’esito di quel gesto).

Era successo dieci anni prima, nel 1944. Con fatica aveva tentato di rimuovere il ricordo di quell’angoscia terribile, e ora che si trovava da due anni nella Casa Madre di Vicenza, come responsabile del laboratorio di paramenti sacri, non capiva perché le avevano mandato quella grande busta. Conteneva una lettera del presidente della Comunità Israelitica di Venezia, datata 24 ottobre 1955, e un cartiglio disegnato a matita, intitolato “Certificato di riconoscenza”. Nell’aprile di quell’anno l’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane aveva conferito la medaglia d’oro a ventitré persone scelte tra quelle che avevano rischiato la vita per salvare gli ebrei negli anni della persecuzione. Ma ne rimanevano fuori tante, e poiché quelle segnalate dalle varie Comunità o da singoli ebrei erano numerosissime, il Comitato centrale aveva istituito un Certificato di riconoscenza, a ricordo “del bene che, fra tanto male, è stato compiuto in quei tristissimi anni”1. 

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  1. Cfr. il certificato di riconoscenza con la lettera accompagnatoria 24 ottobre 1955, del presidente della Comunità Israelitica di Venezia Vittorio Fano, in AIF [Archivio Istituto Farina], Persone, al nome “Suor Pier Damiana”. […]. [↩]

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In nome di quale Stato? Il processo contro i torturatori di Emanuele Artom, a 70 anni dalla prima sentenza

18/04/2021

di Bianca Guidetti Serra

Ci avviciniamo al 25 aprile pensando a chi ebbe “la strana idea di battersi per la libertà”, ma non poté vedere la Liberazione. Riprendiamo le pagine che Bianca Guidetti Serra dedicò a Emanuele Artom, ucciso nell’aprile del 1944, dopo due settimane di orrende sevizie. Vent’anni dopo, la Guidetti Serra decise di verificare se i torturatori di Artom (e dei partigiani Ferrero e Costabel, e di Giovanni Balonsino, Guglielmo “Willy” Jervis, Jacopo Lombardini, altri compagni uccisi dopo essere stati seviziati) avevano pagato per i loro crimini, consultando gli archivi giudiziari: la sua attività di avvocato la aiutò ad accedere alla documentazione. Appurò altri vilipendi: lo Stato italiano, che nelle carte processuali si era intestato l’attività partigiana di Artom, depennò la condanna emessa in contumacia contro l’unico responsabile identificato con nome e cognome, latitante; entro il 1960 gli riconobbe addirittura la pensione, con gli arretrati. Nulla da ridire sul piano formale: tutto legale sulla base di articoli del codice, di provvedimenti di legge, di sanatorie, e di una legge del Regno Sardo del 1858 passata al Regno d’Italia e infine alla Repubblica. Una “storia esemplare”, avvisa amaramente Bianca Guidetti Serra cominciando la sua ricostruzione.   

Sono trascorsi più di vent’anni ed una sera, riandando con amici al tempo passato, si discorre di Emanuele. Di lui il ricordo è ben presente. Ma i suoi torturatori furono individuati, giudicati, con quali esiti? E qui la memoria di ciascuno si confonde, diviene approssimativa. Non solo: c’è chi si chiede se valga la pena ricordare quei fatti infami. Le opinioni sono divise. Io decido di rivangare un po’ di quel passato.

Comincio dall’Archivio della Corte d’Assise di Torino che ha giudicato una parte della vicenda. Il fascicolo del processo dapprima non si trova. Mi aiuta, con la memoria, un vecchio Cancelliere: “Guardi che è finito in Cassazione e poi a Genova…”. Insomma lo trovo quel benedetto fascicolo: incompleto, privo di molti verbali e di altri atti, ma l’essenziale, la sentenza e qualche documento rilevante ci sono. Quanto basta per ricostruire una storia esemplare.

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