di Hugo Pratt
Riprendiamo alcuni dei ricordi che Hugo Pratt (1927-1995) pubblicò per la prima volta nel 1971. L’8 settembre 1943 Pratt si trovava al Collegio premilitare di Città di Castello. Pochi giorni dopo, rientrato a Venezia, accoglie lo zio Ruggero, marinaio scappato appena in tempo, mentre i tedeschi prendevano il controllo dell’Adriatico.
Se per il collegio il 25 luglio fu uno scossone, l’8 settembre fu il terremoto: scapparono tutti. Lasciati soli, noi ragazzi del collegio potemmo finalmente giocare a fare gli uomini. Ricordo che firmai le licenze per tutti e compilai i fogli di viaggio. Consegnammo poi ai carabinieri le armi che si trovavano nella scuola. Vennero anche dei tedeschi, ma se ne andarono subito. Penso ora che in effetti non devono neanche aver capito chi fossimo. […]
Settembre 1943: trascorsero per gli italiani i più bei giorni del secolo. C’era nell’aria una disperata allegria. Escluso mio nonno e pochi altri incancreniti tutti erano tragicamente contenti. Vibrava nell’aria una travolgente risata trattenuta. Poteva succedere tutto. In quei giorni ogni italiano fece una sua pace separata, ognuno si mise secondo la propria disposizione in pace col mondo: dal re all’ultimo dei soldati ciascuno fece per sé. Quello che è stato scritto intorno all’8 settembre è una colossale bugia di convenevole: nessuno si sentì tradito, tutti si sentirono liberi.