di Giovanna Bison
Come ci aveva promesso all’inizio dell’anno, la nostra amica Giovanna Bison è tornata a esplorare l’area dell’ex Sava una decina di anni dopo la ricognizione fatta per la sua tesi di laurea. Anche questa volta in compagnia del papà, con un occhio sulle cose, sul paesaggio e chi lo anima, e un pensiero allo scorrere del tempo: quanto familiare o quanto esotico resta quanto ci era familiare o esotico dieci anni fa? Ritorno senza ritrovare il laminatoio lungo circa trecento metri, scomparso in un paesaggio dove tutto sembra provvisorio, tra grandi parcheggi, depositi per lo smistamento di container, edifici in rovina, un camping progettato da un celebre architetto e un’enorme centrale elettrica che porta il nome “Andrea Palladio”.
Undici anni fa, mese più mese meno, stavo concludendo la mia ricerca sulla Sava per la tesi di laurea. Ultime ricognizioni, ultime foto. Mi ricordo che ci divertivamo a pronunciare “Eysafsallajokull”, il vulcano islandese che aveva oscurato il cielo. Ero anche curiosa su questa novità da provare, Instagram si chiamava. I miei genitori avevano appena investito su un’altra novità: avevano comprato un i-Pad, anche quello da provare.
Allora sarei rimasta per sempre nel paesaggio di abbandono e di avventura dell’enorme ex fabbrica, ma dovevo finire la tesi. Dopo la discussione, e la mostra fotografica, per fortuna l’ossessione finì. Poi ho abbandonato Fusina.
Il 9 febbraio 2021 ci torno, anche questa volta con mio padre; approfittiamo di una novità del tempo presente: il “ritorno al giallo” della Regione Veneto, che gli permette di uscire dal suo Comune e di venire in quello di Venezia.
[Leggi di più…] infoRitorno in giallo. Una visita all’area ex-Sava, undici anni dopo