di Francesco Brunello, intervista a cura di Piero Brunello
Il 18 luglio, Piero Brunello ha intervistato Francesco Brunello (no, non sono parenti), un mestrino già collaboratore del nostro sito molti anni fa, oggi residente a Londra dove lavora in campo finanziario. Con altri amici e amiche che vivono nella capitale britannica ha assistito allo stadio di Wembley ad alcune partite del campionato europeo di calcio che si è concluso il mese scorso, tra cui l’ottavo di finale e la semifinale giocati dall’Italia, e la finalissima. Al centro della conversazione quanto accaduto intorno a una partita memorabile per i tifosi e le tifose italiane: fare i biglietti, raggiungere lo stadio, superare i controlli, le emozioni in curva, i cori e le canzoni, la tensione prima e dopo, gli sfottò, gli stereotipi, la City che il lunedì dopo è deserta, gli affari fermi, la soddisfazione di un “italiano all’estero” e “campione d’Europa”.
Mi racconti come hai vissuto la finale?
È stata un’esperienza fantastica, anche perché venivamo da due partite viste e vinte proprio a Wembley, e ci sentivamo “insieme”, come se avessimo fatto parte di un grande gruppo, molto vicini ai giocatori e allo staff della Nazionale. Siamo riusciti a trovare i biglietti anche per la finale, non un compito facilissimo per una partita così attesa, e sapevamo che saremmo stati in grossa inferiorità numerica, contro l’Inghilterra qui, in casa loro. Tutti gli inglesi erano assolutamente sicuri di vincere, col famoso “It’s coming home” («[Il calcio] sta tornando a casa»), che continuavano a cantare, in qualsiasi posto della città sin dall’inizio degli europei, e in particolare dopo la loro vittoria contro la Germania.
[Leggi di più…] info“Non volevamo andar più via”. L’11 luglio 2021 allo stadio di Wembley