di Filippo Benfante
Pubblichiamo il testo dell’intervento con cui il nostro socio e amico Filippo Benfante ha aperto una discussione che si è tenuta per strada, a Firenze, sabato 14 novembre 2020, intorno ai manuali di storia per la scuola superiore e l’insegnamento della storia a scuola. L’occasione era quella del presidio permanente organizzato da Priorità alla Scuola dal 10 al 14 novembre, nel centro cittadino: in un’area pedonale tra la sede del liceo Galileo (chiuso agli studenti e alle studentesse, costretti a seguire tutte le lezioni a distanza dal 2 novembre, e già da fine ottobre il 75% delle lezioni erano a distanza) e la sede del Consiglio regionale della Toscana.
1. Il titolo che ho scelto per questa chiacchierata in piazza deriva dalle perplessità che mi ha suscitato quell’“appello per la storia” che ha avuto il suo momento di celebrità nella primavera del 2019. Lanciato da eminenti personalità animate da ottime intenzioni, rilanciato dal quotidiano “Repubblica” e dal suo sito, cominciava proclamando la “storia bene comune”, proseguiva invocando la difesa della ricerca storica di fronte alla deriva dei tempi moderni (dai revisionismi beceri alle bufale storiografiche, dall’indifferenza al razzismo), cercando anche di ristabilire il ruolo sociale di chi fa ricerca storica; concludeva infine con tre richieste sulla scuola e sull’università: il ripristino della traccia di storia all’esame di maturità, che le ultime indicazioni ministeriali abolivano; l’incremento delle ore di storia a scuola; l’aumento di posti di ricercatore all’università. L’appello, e l’enorme numero di firme che ha raccolto, mi hanno dato la sensazione che a uno scopo così ambizioso, e di per sé anche condivisibile, non corrisponda una concreta conoscenza di come funziona la scuola né, soprattutto, l’insegnamento della storia a scuola. Mi sembravano e mi sembrano tuttora indicazioni poco operative e, cosa più fastidiosa, scentrate rispetto alle premesse: di fronte ai mali del mondo, un tema e un’ora di storia in più a scuola? E cosa vorrà dire mai, concretamente, un’ora in più di storia?