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Claudio Zanlorenzi

Da Trieste a Pola. Racconto del viaggio a piedi di quattro pensionati e uno no

28/03/2020

di Claudio Zanlorenzi

Nell’ottobre 2019, il nostro amico e socio Claudio Zanlorenzi, insieme a quattro amici, ha raggiunto Pola a piedi, partendo da Prebenico, al confine tra Italia e Slovenia. Ispirati da un libretto di Paolo Rumiz, la comitiva ha seguito un itinerario autonomo, in sette tappe per un totale circa 130 chilometri. Rientrato a casa, Claudio ha steso il resoconto che pubblichiamo con alcune foto e un postscriptum.

L’idea di fare qualche giorno in viaggio a piedi ce l’avevo da tempo. Poi, un segno: E. mi regala un libretto di Paolo Rumiz, La strada degli ulivi. A piedi da Trieste a Capo Promontore.

Letto d’un fiato, la decisione era presa. Le indicazioni topografiche parevano abbastanza precise, l’Istria la conosco abbastanza bene, ho cartine dettagliate della regione. Si può fare. Rumiz poi era tranciante: “Se volete trovare scuse per non partire ne troverete una infinità. Partite e basta. L’Istria non è l’Africa”. Allora vado. Da solo. Poi in realtà da solo dove vado? Sono finito fisicamente. E se mi faccio male? E poi non è meglio in compagnia? 

Allora parlo in giro dell’idea. Le reazioni: 1) bello, vengo, ma facciamo il prossimo anno; 2) bello, ci penso; 3) bello, ma non dovevamo andare a fare il sentiero di Dante da Ravenna a Firenze?; 4) bello, a che ora partiamo domani? 

Poi G., dopo qualche ora da quando avevo parlato della proposta a sua moglie, era già sulle cartine a studiare il percorso. Insieme buttiamo giù le tappe. Scopriamo che la strada degli ulivi non esiste, è solamente il percorso che ha scelto Rumiz per arrivare a Pola da Trieste. Lui stesso scrive “fatevi voi il vostro percorso”. E così noi facciamo. Abbiamo la possibilità di aprire una via nuova, la nostra via Trieste-Pola.

 

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Archiviato in:Claudio Zanlorenzi, La città invisibile Contrassegnato con: camminare, Gianni Zanlorenzi, Istria, Mauro Lazzarini, resoconto

Parlare di Istria per il Giorno del ricordo. Dalla presentazione di un libro

15/03/2020

di Claudio Zanlorenzi

Pubblichiamo l’intervento con cui il nostro amico e socio Claudio Zanlorenzi ha introdotto la presentazione del libro di Giorgio Giannini, La tragedia del confine orientale. L’italianizzazione degli Slavi, le foibe, l’esodo giuliano dalmata (2019), che si è tenuta presso la sala municipale di Chirignago il 19 febbraio 2020. L’incontro era organizzato dalla Municipalità Chirignago-Zelarino nell’ambito delle iniziative legate al “Giorno del ricordo”. Con consigli di letture.

“Era Italia”?

A casa mia, quando si parlava di Istria, mio papà diceva: “Era Italia, era veneziana”. Si parlava – si parla ancora – l’istroveneto, è vero, ma ho scoperto poi che la storia e la geografia sono più complesse, e così anche l’Istria. Ho cominciato a capirlo quando in occasione di una ricerca su Ca’ Emiliani a Marghera sono venuto a conoscenza del fatto che lì si trovava il villaggio dei profughi giuliano-dalmati (lo chiamavano le Vaschette, era una serie di palazzoni oggi quasi tutti abbattuti, ne è rimasto uno), e che a Marghera c’era anche la sezione CAI Città di Fiume, con tanto di rivista pubblicata almeno fino agli anni Novanta. Ho capito allora il profondo legame dei profughi con la loro terra, e ho raccolto testimonianze di come i profughi istriani sono stati accolti in malo modo dai portuali a Venezia (bollati di essere fascisti perché fuggiti), e lo stesso era accaduto a Bologna; di come erano visti male perché avevano, in quanto profughi, diritto a una casa e alla precedenza in alcune liste di lavoro. Nelle conversazioni, ho raccolto una profonda amarezza.

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Archiviato in:Claudio Zanlorenzi, La città invisibile, Letture Contrassegnato con: Giorgio Giannini, giorno del ricordo, intervento, Istria, presentazione, storiografia

13. Acque alte a Mestre e dintorni

09/03/2013

Storie, luoghi, persone (2006-2011)

a cura di M. Luciana Granzotto e M. Giovanna Lazzarin

con contributi di: Giuseppe Baldo, Piero Brunello, Luigi D'Alpaos, Lorenzo Del Rizzo, Andrea Ferialdi, Claudio Pasqual, Alessandro Pattaro, Luca Pes, Pino Sartori, Francesco Vallerani, Giannarosa Vivian, Michele Zanetti, Claudio Zanlorenzi e numerose testimonianze raccolte dalle curatrici.

Uscita: marzo 2013, 184 pagine, 14 euro

Le alluvioni di terraferma che fin dall’Ottocento coinvolgevano ampie zone della terraferma veneziana sono un fenomeno conosciuto. Ma dal settembre 2006 e 2007 si sono verificati così estesi allagamenti e danni tanto ingenti ai quartieri urbani e alla zona industriale, da mobilitare persone e istituzioni. Dal 2008 storiAmestre ha cominciato a riflettere su ciò che era accaduto in quei giorni ai quartieri della terraferma veneziana e ai comuni di cintura investiti, con tempi e intensità diverse, dalla stessa emergenza. C’era inizialmente la curiosità di capire come un evento straordinario fosse riuscito ad attivare l’energia delle persone, in un momento storico in cui sembra esserci una forte disaffezione verso la cosa pubblica.

Tante erano le domande: Quali ne sono le cause? Quali forme di sapere del territorio vengono messe in gioco? Come agiscono le persone di fronte a un evento straordinario? Quale ruolo svolgono le istituzioni? Quale sviluppo si può pensare per un futuro sostenibile del territorio e delle sue acque?

Le risposte sono raccolte nei sei capitoli del libro, opera di studiosi di diversa esperienza: geografi come Francesco Vallerani, geologi come Aldino Bondesan, ambientalisti come Michele Zanetti, storici come Piero Brunello e Luca Pes, ingegneri idraulici come Luigi D’Alpaos, oltre a tecnici dei Consorzi di bonifica e agli esponenti dei diversi Comitati. Le curatrici hanno poi raccolto notizie ed esperienze di altre venticinque persone che in questi anni sono state alle prese con le conseguenze di alluvioni.

Archiviato in:Acque alte a Mestre e dintorni, Alessandro Pattaro, Andrea Ferialdi, Centro documentazione città contemporanea, Claudio Zanlorenzi, Francesco Vallerani, Giannarosa Vivian, Giuseppe Baldo, Lorenzo Del Rizzo, Luca Pes, Luigi D'Alpaos, Maria Giovanna Lazzarin, Maria Luciana Granzotto, Michele Zanetti, Piero Brunello, Pino Sartori, Quaderni Contrassegnato con: alluvione, intervento, intervista, ricordi, storiografia

Le parole volano: ma è giusto che le scritte rimangano? Graffiti nazifascisti al Forte Mezzacapo

03/11/2012

di Claudio Zanlorenzi

Il forte Mezzacapo a Zelarino (detto “forte alla Gatta” dal nome della località) fu costruito in calcestruzzo negli anni 1909-1912 per rafforzare il campo trincerato di Mestre, ma già nel 1915, smantellati i cannoni che erano protetti da cupole di acciaio, l’edificio venne adibito a deposito di munizioni. Dal 2004 l’associazione “Dalla guerra alla pace” ne promuove il recupero e l’uso pubblico (nel frattempo la proprietà del forte era passata dal Ministero della Difesa al Comune di Venezia). È nel corso di questa attività che l’associazione individua alcuni disegni e scritte nazifasciste sommariamente cancellate da uno strato di calcina e comincia a discutere su che farne.

1. Erano anni che si bazzicava dentro e fuori per il forte Mezzacapo, uno dei tanti del campo trincerato di Mestre, in località Gatta a Zelarino (Venezia). È un edificio in calcestruzzo lungo circa centotrenta metri e largo una ventina. Muri possenti e struttura defilata allo sguardo con, a poca distanza, due capannoni usati negli anni Trenta e Quaranta come laboratori per confezionare proiettili per la marina militare. C’erano anche quattro lunghe baracche in legno con tetto in amianto, pericolanti. A un certo punto sono state demolite e la zona bonificata. Per chi ha visto il film Stalag 17, erano fatte proprio così. Forse è anche per questo che con una infelice leggerezza nei tabelloni messi in opera di recente dal Comune si è scritto “che è stato usato come campo di prigionia”. Cosa che, dopo una ricerca basata su interviste e testimonianze (ci tornerò più avanti), si è rivelata non essere vera.

[Leggi di più…] infoLe parole volano: ma è giusto che le scritte rimangano? Graffiti nazifascisti al Forte Mezzacapo

Archiviato in:Claudio Zanlorenzi, La città invisibile Contrassegnato con: ANPI, fascismo, forte Mezzacapo, Mestre, nazismo, Resistenza, resoconto, restauro, scritte fasciste

Contro Veneto City. Dolo, martedì 13 dicembre 2011

27/12/2011

di Claudio Zanlorenzi

Di recente abbiamo segnalato il video (lo vedete ancora qui nella colonna di destra) fatto girare dal CAT (Comitati ambiente e territorio Riviera del Brenta e Miranese) per documentare la protesta inscenata la sera di martedì 13 dicembre, in occasione del consiglio comunale di Dolo, contro il progetto Veneto City. Si tratta di una gigantesca speculazione immobiliare a danno di ettari ed ettari di campagna per costruire quello che viene presentato come uno dei più grandi “centri polifunzionali” d’Europa, senz’altro il più grande del Nord Est. Tutto questo avviene in un territorio già saturo di centri commerciali e “direzionali”, per non parlare dell’edilizia residenziale, e inoltre a due passi da una vasta area de-industrializzata in attesa di riqualificazione e di riutilizzo come Porto Marghera. Per volontà della Regione Veneto e del suo presidente, la decisione, che pure riguarda un’estesa area metropolitana e un ampio bacino scolante, è in mano a due comuni: Pianiga e Dolo.

Claudio Zanlorenzi ha partecipato alla protesta di martedì 13 come cronista di storiAmestre, e qui di seguito pubblichiamo il suo resoconto. Anche in questo caso, così come in altre recenti proteste sociali, i manifestanti hanno fatto ricorso al rumore, riprendendo un rituale folclorico dalla lunga storia.

Nel frattempo è già arrivato un brutto finale: il pomeriggio del 20 dicembre 2011 la Giunta comunale di Dolo – dopo che quella di Pianiga l’aveva già fatto – ha approvato l’Accordo di Programma per Veneto City in un municipio blindato dalle forze dell’ordine e occupato fin dalle 13 da attivisti della Lega Nord e altre persone favorevoli al progetto. Ai manifestanti è stato impedito l’accesso alla sala. I rappresentanti della stampa sono potuti entrare solo in un secondo momento. L’opposizione ha abbandonato l’aula per protesta. Cercheremo di continuare a documentare una protesta che di certo il CAT proseguirà.

1. La mail arriva due giorni prima. Informa che la Conferenza dei Servizi il giorno venerdì 2 dicembre 2011 ha approvato lo schema definitivo dell’accordo di programma. Quello che a me pareva impossibile, e cioè che una cosa assurda e impopolare come Veneto City potesse concretizzarsi, nel giro di una ventina giorni arriva alla ratifica dei consigli comunali di Dolo e Pianiga. Regione e Provincia scaricano sui due comuni ogni responsabilità. Zaia, governatore della regione, ha già comunicato che agirà da semplice notaio ratificando le decisioni dei due comuni. Una delle più grandi – un’area come un centinaio di campi da calcio –, assurde e devastanti speculazioni edilizie, mai inserita in un piano regolatore, dopo tre anni si sta velocemente concretizzando.

Il CAT (Comitati Ambiente e Territorio), simbolo un gatto nero su fondo bianco, associazione che da anni coordina la lotta contro Veneto City, invita tutti a essere presenti al consiglio comunale di Dolo previsto per martedì 13 dicembre 2011 alle ore 16.45. Quello di Pianiga è stabilito per il 14 dicembre 2011. La richiesta è di portare fischietti, pentole e tamburi. Lo slogan è: “Facciamo sentire tutta la nostra indignazione!!! Uniti si vince!!!”.

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Archiviato in:Claudio Zanlorenzi, La città invisibile Contrassegnato con: cronaca, manifestare, Veneto City

Controllare le acque a vista. Un’intervista a Mirco Capo

07/04/2011

a cura di Claudio Zanlorenzi, Maria Luciana Granzotto, Maria Giovanna Lazzarin

Claudio Zanlorenzi ha intervistato Mirco Capo, geometra che ha lavorato per oltre trent’anni anni al Consorzio Dese-Sile durante il seminario “Acque alte a Mestre e dintorni” che si è tenuto martedì 16 novembre 2010. Luciana Granzotto e Giovanna Lazzarin hanno incontrato di nuovo il geometra Capo il 5 gennaio 2011. Il testo che segue è una sintesi delle due interviste.

Il geometra Mirco Capo ha lavorato per trentasei anni al Consorzio Dese-Sile, era responsabile della manutenzione, esercizio e tutela del territorio. Gli chiederei intanto com’era organizzato il Consorzio.

Sono “nato” nel Consorzio Dese Superiore nel 1968, il 2 maggio, ho finito il 30 giugno del 2004, trentasei anni abbondanti. Quando sono entrato il Consorzio aveva sede in via Carducci. Allora c’erano due Consorzi di bonifica: il Dese Superiore, da Mestre fino a Resana, a scolo naturale, e il Dese Sile Inferiore che aveva come limite la laguna di Venezia, a sollevamento meccanico. Nel 1980 la Regione ha riunificato i due Consorzi ed è nato il Dese-Sile.

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