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Claudio Pasqual

La chiesetta dell’ex ospedale Umberto I rivive nel “buco nero” di Mestre

09/05/2023

di Claudio Pasqual

Nella mostra ex Umberto I: il buco in mostra (26 aprile-3 maggio 2023) è stata esposta la locandina dell’incontro pubblico La città che cambia: la Comunità Moldava fa rivivere uno spazio abbandonato, organizzato il 16 ottobre 2022 da storiAmestre-Gruppo Voci fuori luogo e dalla Comunità Moldava della chiesa ortodossa della Natività della Madre di Dio.

Pubblichiamo una rielaborazione dell’intervento sulla storia della chiesetta e dell'area dell'ex ospedale Umberto I, fatto in quell’incontro dal nostro socio Claudio Pasqual, del quale potete trovare nel sito anche un articolo del 14/11/2013 dal titolo: L'ospedale Umberto I di Mestre, 1906-2008.

Ricordiamo che una storia dell’ex Umberto I è presente nel quaderno 18 di storiAmestre: Claudio Pasqual, Note mestrine. Cose viste, interventi, ricerche, Cierre, Sommacampagna (Vr) 2022, pp. 177-87. 

 

A inizio Novecento Mestre ebbe finalmente il suo ospedale. Intitolato alla memoria del re d’Italia Umberto I, esso fu inaugurato il 16 aprile 1906.  Il sito prescelto per il nosocomio era stato individuato in località denominata Castelvecchio – in età medievale qui era sorto il primo castello di Mestre – un’area ancora agricola a ridosso dell’abitato fra piazza Umberto I, ora Ferretto, a ponente e gli attuali Quattro Cantoni a nord-ovest1.

Inaugurazione dell'ospedale Umberto I. 1906
Un’antica via attraversava quest’area venendo dal Terraglio e, scavalcando con un ponte ad arco il ramo superiore del Marzenego, portava in piazza alla chiesa di San Lorenzo. Questa strada fu intercettata e cancellata dalle costruzioni dell’ospedale e sopravvive con due brevi tronconi, a nord come via Castelvecchio, a sud est come via Antonio da Mestre e via Ospedale.

All’inizio l’Umberto I constava di un solo edificio, quello che più avanti, dopo che altri se ne erano aggiunti, sarebbe diventato il padiglione intitolato a Tullio Pozzan, il medico primo direttore dell’ospedale. A questo edificio era annesso un preesistente fabbricato, adibito a “casa delle suore”.

 

Un luogo per la sofferenza dell’animo

Tuttavia passò pochissimo tempo perché a queste due si aggiungesse una terza costruzione. Alla sofferenza del corpo e dell’animo nella malattia l’ospedale opponeva il contrasto delle cure mediche, ma si giudicò necessario che offrisse ai degenti anche aiuto spirituale, mediante i conforti della religione. Serviva dunque un luogo di raccoglimento e di preghiera, un luogo consacrato al culto: una chiesa. E’ a questo punto che compare in scena Maria Berna. È grazie a questa "generosa benefattrice", alla sua donazione di 20.000 lire, che viene costruita la chiesetta dell’Umberto I.

Chi era Maria Berna? L’anziana signora – era nata nel 1844 – apparteneva a una delle famiglie più facoltose e in vista di Mestre. Suo fratello Pietro fu un personaggio di primissimo piano della vita pubblica cittadina. Di professione farmacista, cattolico osservante impegnato in politica, egli fu un esponente di spicco del “partito” clericomoderato locale. Ricoprì per tre volte la carica di sindaco di Mestre, sedette per un quarto di secolo in Consiglio e Deputazione provinciale, anche come suo presidente, lo si trova alla testa di vari enti e commissioni. All’ospedale teneva moltissimo, al punto che comprò e donò il terreno su cui avrebbe dovuto sorgere, fondò l’opera pia che lo doveva gestire, ne fu il primo presidente. Più che per l’Umberto I, però, è ricordato dai mestrini per l’istituto Berna, scuola e convitto, ora in via Bissuola, da lui fondato e che ne porta il nome.

Maria Berna era diplomata maestra. Nubile, dunque “libera da impegni familiari”, come il fratello animata da una profonda fede religiosa, si dedicava “con assiduo impegno e generosità” alle opere assistenziali e caritative. Durante la prima guerra mondiale, più che settantenne, sarà attiva nella Croce Rossa Italiana, prodigandosi a favore dei soldati feriti al fronte o malati2.

L’incarico di progettare la chiesetta fu assegnato all’ingegnere civile mestrino Giorgio Francesconi (1876-1963) che esercitava la libera professione ma era anche ingegnere comunale. Anche lui fu un personaggio importante in città. Lo vediamo infatti partecipare alla costruzione di mezza Mestre tra Ottocento e Novecento, come assiduo collaboratore dell’impresario edile Domenico Toniolo. Per intenderci, progetta il teatro, la galleria Umberto I – ora Matteotti -, il palazzo all’angolo tra le vie Rosa e Verdi (1912); suo è il grande palazzo Vivit in piazza Ferretto, all’imbocco di via Allegri (1923).

La chiesa, a una sola navata, fu realizzata in stile neogotico. L’inaugurazione cadde il 4 aprile 1908. Da allora essa seguì le vicende dell’Umberto I, lo vide ampliarsi, arricchirsi nei decenni di nuovi padiglioni e servizi. 

Ospedale Umberto I. 2004
Una storia ordinaria, interrotta da due momenti salienti, immortalati da altrettante lapidi affisse sulla facciata. Nel 1969, ricordando i fratelli Berna quali costruttori della chiesa (ma sbagliando l’anno, il 1909 per il 1908), Maria e Giuseppe Chiozza “rinnovarono questa casa di Dio a conforto di chi soffre. Laus Deo”. Ancor più memorabile fu l’evento del 17 marzo 1985, quando in questo spazio papa Giovanni Paolo II, in vista pastorale a Mestre, incontrò degenti e cittadini, “qui davanti a voi per guardarvi negli occhi e dirvi tutto l’affetto che ho per ciascuno di voi…”.

 

Chiusura dell’ospedale Umberto I

Alla dismissione dell’Umberto I, sostituito dal nuovo ospedale dell’Angelo a Zelarino, e alla cessione dell’area ai privati seguì la demolizione del complesso ospedaliero (2009). Demolizione parziale, perché fu deciso che assieme ai padiglioni storici fosse conservata anche la chiesetta.

Prima che le ruspe entrassero in azione, nel dicembre 2008 il Ministero per i Beni e le Attività Culturali aveva dichiarato di interesse culturale un unico manufatto dell’ospedale, il fabbricato denominato “ex casa delle suore”. Un muro di questo edificio appartiene forse alle costruzioni del castello medievale; all’interno, un locale con soffitto a volte è sorretto da due colonne duecentesche; in un altro ambiente altre due colonne risalgono probabilmente al Quattrocento. Strutture ed elementi architettonici, conservati e riutilizzati dopo demolizioni e rifacimenti, di manufatti ora scomparsi: la quattrocentesca casa-fattoria con barchessa dei monaci di San Salvador di Venezia, con annessa cappella dedicata a San Giacomo, sorta una volta abbattuto il castello vecchio e trasferito il possesso del fondo alla Chiesa; poi, tra fine Settecento e inizio Ottocento, una casa e corte a uso dei nuovi privati proprietari 3.

Sui beni di interesse culturale, quando messi in vendita, lo Stato ha il diritto di prelazione. Ma in questo caso lo Stato rinuncia, non acquisisce l’ex casa delle suore, quindi l’ULSS può trasferirla ai privati che hanno acquistato l’ex compendio Umberto I – la società trentina DNG – con apposito atto di compravendita, successivo a quello della cessione dell’intero complesso ospedaliero.

Tutto questo discorso non riguarda la chiesetta, a cui non è andato l’interesse statale; è stato il Comune di Venezia a stabilire che dovesse essere conservata, assieme ai padiglioni storici, attraverso la propria strumentazione urbanistica: la “Variante parziale al PRG per il centro storico di Mestre del compendio Umberto I” del 2005. Un vincolo urbanistico, dunque, suscettibile di essere modificato o soppresso da possibili ripensamenti del Comune, e non storico-artistico o architettonico, sotto tutela dello Stato.

Da quell’ormai lontano 2009 il cantiere dell’ex Umberto I è fermo, il recupero dell’area non è mai partito, i vecchi edifici stanno andando in rovina. Nel 2017 la DNG ha fatto fallimento, nel 2019 nella proprietà è subentrata la catena di supermercati Alì, che ha presentato un piano di riqualificazione al quale però non è ancora stato dato seguito4. Così, il “buco nero” di Mestre sta sempre là.
                                                                       

l'area dell'ex Umberto I vista dall'alto
Tuttavia non è esatto dire che nulla è successo. In seguito a una convenzione tra la proprietà e il Comune, nel 2014 nel vasto scoperto tra le vie Circonvallazione e Antonio da Mestre è stato creato un ampio parcheggio – provvisorio, che si vede nello slargo bianco della foto.

 

Il recupero della chiesetta

Ma un evento molto più significativo è stato il recupero e la valorizzazione della chiesetta, che nella foto si trova a destra del parcheggio, attorniata dal piccolo parco storico, perché in questo caso non soltanto si è salvato un manufatto di pregevole fattura, ma dentro e attorno a esso si è ricreato un contesto di socialità e relazioni. Protagonista di questo recupero è stata la comunità ortodossa moldava della città.

Esterno della chiesa restaurata. 2022
Già ai tempi in cui era proprietaria dell’area la società trentina DNG, gli ortodossi, in cerca di un luogo per il culto, avevano chiesto e ottenuto uno spazio nell’ex ospedale. Nella relazione di consulenza tecnica d’ufficio del fallimento DNG si cita una lettera, della quale non si riporta la data ma sicuramente precedente al novembre 2013, con cui la DNG concedeva alla “Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia ed Esarcato per l’Europa Meridionale” il piano terra della palazzina denominata “logistica di cantiere”.

Il consulente fallimentare ritiene che lo spazio in oggetto sia la chiesa, sebbene ciò non risulti esplicitato nella lettera. Il richiamo a una “palazzina” fa pensare tuttavia all’edificio posto sul lato est del giardino, il cui pian terreno si trova effettivamente oggi nella disponibilità della parrocchia. Nella lettera non vi è indicazione di durata e termine, bensì si specifica che “l’utilizzo autorizzato ha esclusivo carattere di temporaneità e, con la firma per accettazione della presente scrittura Vi obbligate a restituire immediatamente liberi i locali qualora da noi richiesto…”.

Nel novembre 2013, in seguito alla convenzione con la proprietà DNG, la chiesetta e il parco antistante, così come la ex casa delle suore e i padiglioni Pozzan, Cecchini e De Zottis passano nella disponibilità del Comune5.

L’anno seguente il commissario prefettizio Zappalorto, che amministra la città dopo le dimissioni della giunta Orsoni, concede la chiesetta in comodato d’uso alla Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia ed Esarcato per l’Europa Meridionale. Sostanzialmente una riconferma a rimanere nel luogo per gli attuali utilizzatori, per cui si è mossa anche la Chiesa cattolica. Al Comune ha rivolto una sollecitazione il patriarca Moraglia, tramite il suo vicario don Dino Pistolato.

Nell’incontro pubblico del 16 ottobre 2022: La città che cambia: la Comunità Moldava fa rivivere uno spazio abbandonato, Il parroco Anatolie Bitca e i suoi collaboratori hanno raccontato dello stato di abbandono, degrado e sporcizia in cui versava l’ambiente, diventato rifugio abituale di tossicodipendenti e senza tetto; del delicato, complicato lavoro di dialogo e mediazione per convincerli a lasciare il luogo; dell’impegno collettivo e della fatica nei mesi del restauro; della meraviglia alla visione della volta stellata dell’abside, rimosso lo strato di intonaco bianco che la ricopriva. L’interno è stato allestito e adornato secondo i precetti del rito ortodosso. Nell’edificio, consacrato e dedicato alla Natività della Madre di Dio, il 26 aprile 2015 è stata celebrata la prima funzione religiosa ufficiale.

interno della chiesa con l'allestimento ortodosso. 2022
Dovendo escludere che tali caratteristiche appartengano al parcheggio circostante, la chiesetta e il parco antistante sono i soli luoghi attualmente vivi e partecipati nel desolante panorama del “buco nero” mestrino.

Note

1Sulla storia del primo luogo di cura cittadino si veda: Claudio Pasqual: L’ospedale Umberto I di Mestre, 1906-2008, in Claudio Pasqual, Note mestrine. Cose viste, interventi, ricerche, Quaderni di storiAmestre, 18, Cierre, Sommacampagna (Vr) 2022, pp. 177-87

2Sui fratelli Berna si veda Breve storia dell’istituto Berna, https://istitutoberna.eu/isb/images/BreveStoriaDellIstitutoBerna.pdf.

3Sul sito di Castelvecchio si veda Wladimiro Dorigo, Mestre Medievale, “Venezia Arti”, 5, 1991, pp. 9-28, ripubblicato in Silvia Ramelli, Mestre medievale. Fascicolo insegnanti, Comune di Venezia, Venezia 2009, pp. 16-35.

4Per l’acquisto da parte di Alì e il masterplan del compendio ex Umberto I si veda https://www.alisupermercati.it/news/ali-presenta-castelvecchio-a-mestre-2008 e https://www.metropolitano.it/area-ex-umberto-i-progetto/.

5 La relazione 31 agosto 2018 dell’architetto Ruben Csermely, consulente tecnico d’ufficio nel procedimento fallimentare DNG, si può leggere in https://astetribunali24.ilsole24ore.com

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Note mestrine

07/07/2022

Cose viste, interventi, ricerche

di Claudio Pasqual

Uscita: maggio 2022, 205 pp., ill., 14 euro

Il diciottesimo Quaderno di storiAmestre raccoglie una ventina di pezzi di Claudio Pasqual, scritti tra il 2004 e il 2021, che hanno per oggetto Mestre. Quasi tutti sono già stati pubblicati su storiamestre.it (uno è inedito), ma per l’occasione tutti sono stati rivisti e arricchiti da molte illustrazioni. Tre le sezioni: In città; Interventi; Ricerche. Scrive Claudio Pasqual:

La città in cui sono nato e vivo da sempre è stata, fin dalla tesi di laurea, costantemente al centro della mia attenzione. L’ho studiata da una prospettiva storiografica, con un interesse particolare per la sua genesi urbana antecedente all’avvento della grande industria di Porto Marghera e all’aggregazione amministrativa della terraferma a Venezia. Altro argomento di ricerca sono state le rappresentazioni collettive di Mestre, per esempio attraverso le cartoline illustrate, o facendo ricorso a impressioni e memorie personali. “Andare a vedere!” è un motto di storiAmestre: un invito che mi ha portato a scrivere resoconti della vita pubblica cittadina dei quali sono stato osservatore o partecipe in prima persona. 

Nelle pagine di storiAmestre che completano il Quaderno si torna sulla rubrica Oggetti ospitata da storiamestre.it, riproponendo su carta le caffettiere offerte da Walter Cocco.

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Dare il nome alle vie. La nuova toponomastica nel Comune di Venezia (2015-2020)

16/04/2022

di Claudio Pasqual

Il nostro amico e socio Claudio Pasqual passa in rassegna le ventitré nuove intitolazioni di vie, piazze, rotonde, ponti, spazi pubblici deliberate dal Comune di Venezia tra il 2015 e il 2020, periodo che coincide con il primo mandato del sindaco Luigi Brugnaro. Uomini e donne, memorie extralocali e locali, esponenti della politica e del volontariato, dello sport e della vita religiosa, imprenditori e vittime. Con una riflessione sulle possibili motivazioni della giunta e una nota sull’intitolazione di una rotonda a Norma Cossetto.

…toponomastica, una nobile tradizione, e spiace 
vederla ridotta a strumento di propaganda faziosa…

(Alberto Cavaglion, Decontaminare le memorie, Add, Torino 2021, p. 124)

A Luisa e Mario

1. Il geografo Giuseppe Muti, intervistato una volta sull’argomento, ha risposto che “denominare una strada è un’espressione di potere, che perpetua nel paesaggio urbano la memoria di personaggi, date ed eventi giudicati (da chi?) meritevoli di onorificenza pubblica, e produce luoghi della memoria controllando l’infrastruttura simbolica della società”. Diversamente che in passato, nella nostra epoca i nomi delle vie pertengono integralmente alla memoria culturale, comunicano valori, sono veicolo di ideologie – e per questo la loro scelta è spesso fonte di controversie –, sono uno dei modi in cui una comunità – o, più propriamente, la parte che vi esercita il potere – immagina e rappresenta sé stessa. Per questo il peso dell’odonomastica, termine con cui si indica la denominazione di vie e altre aree di circolazione e spazi pubblici (dal greco odòs, strada), non va sottostimato.

L’ambito amministrativo-istituzionale che ho preso in considerazione è il Comune di Venezia, la mia città; le intitolazioni stradali prese in esame sono quelle deliberate dal 2015 al 2020 dalla prima giunta guidata dal sindaco Luigi Brugnaro, a capo di una lista civica – la “lista fucsia” – in coalizione con Forza Italia, la Lega e, dal gennaio 2019, Fratelli d’Italia (nel 2020 Brugnaro ha rivinto le elezioni, sempre con i medesimi partiti, ma non mi occuperò qui delle intitolazioni della seconda giunta del sindaco imprenditore). 

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“Mestre ha un buco nero”. Immagini da un presidio

17/12/2021

a cura di redazione di storiamestre.it, foto di Claudio Pasqual

Sabato 12 dicembre 2021 si è svolta a Mestre una manifestazione promossa dal Comitato ex Umberto I Bene Comune, a cui hanno aderito cittadine, cittadini e associazioni, tra cui storiAmestre. Dopo una prima sosta in via Circonvallazione, il presidio si è spostato all’entrata del vecchio ospedale, davanti al padiglione Cecchini, per concludersi dentro l’attuale parcheggio, in riva al Marzenego. Toccando questi luoghi – definiti il “buco nero” della città – la manifestazione ha voluto protestare per l’abbandono in cui versa l’area, e avanzare richieste per un intervento comunale sui padiglioni storici, che restano pubblici anche dopo la vendita dell’area al gruppo di supermercati Alì, e per la “restituzione del verde pubblico” ai cittadini.

Documentiamo la mattinata con alcune foto scattate dal nostro amico e socio Claudio Pasqual.

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Monumenti ai “caduti” con fotografie. Dese, Trivignano, Bissuola

24/05/2021

di Claudio Pasqual

Il nostro amico e socio Claudio Pasqual ha osservato tre monumenti “ai caduti nelle guerre del Novecento” che presentano una particolarità: hanno incastonate le foto dei volti dei morti. Spunti per una riflessione su memoria individuale e collettiva, privata e pubblica, locale e nazionale, rapporti tra Stato e Chiesa, Stato e cittadini (e un’idea di cittadinanza maschile centrata sul servizio militare e la disponibilità al sacrificio in guerra), spazi e monumenti pubblici, trasformazioni nella loro percezione e nel loro uso. Le foto sono dell’autore.

Tre monumenti ai caduti nelle guerre del Novecento fra i tanti sparsi nella terraferma veneziana si distinguono per un elemento che negli altri manca: recano affisse le fotografie dei soldati morti. È stato proprio questo dettaglio che ha catturato la mia attenzione ed è all’origine del presente scritto. 

I monumenti si trovano a Dese, Trivignano e Bissuola. Ho scritto “guerre del Novecento” perché nell’insieme essi celebrano tutti i conflitti armati dell’Italia nel XX secolo. I primi due appartengono alla disseminazione di monumenti commemorativi verificatasi in tutto il Paese all’indomani della Grande guerra, ma a Dese è stato aggiunto un tributo ai caduti durante il secondo conflitto mondiale, mentre a Trivignano si ricorda anche uno scomparso nella guerra di Libia del 1911-12; il terzo, quello alla Bissuola, è dedicato al 1940-45.

[Leggi di più…] infoMonumenti ai “caduti” con fotografie. Dese, Trivignano, Bissuola

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In città. Nei giorni della quarantena. 5

21/05/2020

di Claudio Pasqual

Quinto appuntamento con le cose viste in città, mentre si stava passando dalla fase 1 alla fase 2 (o, a seconda dei luoghi e dei punti di vista, mentre in Veneto si passava alla 1.1 in attesa della “vera” 2, o forse 2.1) delle misure di contenimento dell’epidemia. 

Oggi è lunedì 27 aprile, la fase due si avvicina. Noto più auto del solito nel parcheggio dell’ex Umberto I, e più gente in giro per strada.

*

Dialoghi tra cielo e terra. Dopo tanti arcobaleni di carta appesi su portoni, balconi e terrazzi, per dirci che “andrà tutto bene”, un arcobaleno vero, spuntato dopo un breve acquazzone il pomeriggio del 29 aprile. Mai visto così bello, nitido, luminoso, e durare così a lungo. Sceso in strada, l’ho fotografato e ho visto anche altri farlo. Più tardi in whatsapp qualcuno mi ha inoltrato una serie di bellissimi scatti del cielo sopra Venezia. Da un ragazzo, mi è capitato di sentire per via, detto a un amico, un discorso del tipo: “ti sembrerà strano, ma non riesco a staccare gli occhi da una simile meraviglia!”.

 

 

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