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La città invisibile

Il riferimento a Italo Calvino è evidente, ma il titolo di questa sezione del sito è un’archeologia di storiAmestre: riprende quello del primo convegno organizzato dall’associazione nel 1988. L'associazione, allora ai suoi primi passi, proponeva di riflettere sia sulla storia di Mestre e di quel più ampio territorio il cui sviluppo nel Novecento è stato determinato dalla presenza del grande polo industriale di Porto Marghera, sia sulle storie e sulla memoria dei suoi abitanti.

Da allora, “città invisibile” riassume lo spirito dell’associazione, che si può trovare descritto anche nell’articolo 2 del suo statuto. Dal 2006, il sito ne dà un’interpretazione ampia, allargando i confini della città invisibile e cercando legami tra chi abita in molte città invisibili.

“No farmers, no food”. Chi manifesta a Toronto per i contadini del Punjab (dicembre 2020)

19/12/2020

di Andrea Lanza

Il nostro amico e corrispondente da Toronto si trova a seguire per caso una manifestazione che si svolge nel centro della capitale dell’Ontario e scopre una mobilitazione in corso nel Punjab. Si torna a un tema che abbiamo già incrociato con le recenti letture del libro di Marco D’Eramo: liberalizzazione è un eufemismo della nuova lingua, sta per incremento dello sfruttamento e dell’oppressione a favore delle grandi multinazionali, con il sostegno degli Stati. Tanti piccoli gruppi, sparsi per il mondo, dichiarano che questo mondo non è ovvio né inevitabile.

1. Martedì 1 dicembre ho finito la mia lezione online verso le quattro, con il solito senso di frustrazione per la stentata interazione virtuale con gli studenti. Dal basso provengono incessanti suoni di clacson e un confuso vociare. È diverso dalla voce enfatica, amplificata dalle casse portatili, del predicatore di strada che spesso si mette all’incrocio qui sotto, ventisei piani più in basso, per esortare la gente a ravvedersi. Mi affaccio: c’è una lunghissima colonna di veicoli che tendono a bloccare il traffico. Dai finestrini e dai tettucci spuntano braccia, teste, cartelli e qualche bandiera. Non sono in grado di decifrare i segni. 

Questi cortei motorizzati non sono eccezionali a Toronto. Dicono qualcosa su dove abitano i manifestanti: gli infiniti sobborghi della classe media, da cui ci si muove quasi solo in macchina. Difficile invece capire a colpo sicuro il senso della loro protesta. Diverse settimane fa, per esempio, mi era capitato di veder passare un’infinita fila di veicoli clacsonanti scendere su uno degli assi principali della città, verso Dundas Square: erano armeni che denunciavano la guerra in Nagorno-Karabakh.

Per via di alcuni grossi pickup scuri, mi convinco che in questo caso sia un corteo di quel crogiuolo piuttosto eterogeno che ho già visto concentrarsi nella vicina Dundas Square, la piccola Times Square torontina, il sabato pomeriggio, per denunciare la dittatura sanitaria, il soffocamento da mascherina e un assortimento vario di complotti. E che inneggia indomito a Trump.

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“Non ‘sembrava’ gentile, ‘era’ proprio così”. Un ricordo di Paolo Rossi dalla città che ha continuato ad amarlo

16/12/2020

di Elvio Bissoli

Il nostro socio e amico Elvio Bissoli ha partecipato all’omaggio che Vicenza ha dedicato a Paolo Rossi dopo la sua morte, avvenuta il 9 dicembre 2020. Ci ha scritto per ricordare i tempi in cui RossiGol (non ancora Pablito) giocava con il Lanerossi Vicenza, e spiegare perché la città ha continuato ad amarlo, fino a perdonargli perfino di aver vestito la maglia dell’Hellas Verona. Ritratto sentimentale di un giovane calciatore.

Quasi diecimila persone, un lungo serpentone che circondava le mura scrostate del vecchio stadio “Menti”, in attesa di poter entrare nel campo di gioco dove era depositata la bara di Paolo Rossi e salutare un amico tornato nella città che ha continuato ad amarlo, anche dopo tante peregrinazioni in squadre molto più blasonate del Lanerossi Vicenza. Eppure Paolo Rossi (per i tifosi vicentini RossiGol) è rimasto solo tre stagioni al Vicenza, ma nessuno come lui è entrato in sintonia con questa città sonnolenta, un po’ ipocrita e troppo spesso immobile e impegnata a rimirare le sue bellezze architettoniche. Così amato da perdonargli di aver concluso la sua breve carriera (a trentun anni) nell’odiatissimo – calcisticamente parlando – Hellas Verona: il più diffuso quotidiano locale lo ha ricordato pubblicando le sue foto con le maglie di tutte le squadre dove ha militato omettendo, piamente o perfidamente, quella in gialloblù.

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Cancella il debito. Considerazioni di fine anno

09/12/2020

di Maria Turchetto

Sannicolò, in missione per storiAmestre, ha fatto sì che ricevessimo queste considerazioni della nostra amica Maria Turchetto; le pubblichiamo sulla scia delle ultime letture che abbiamo ricevuto dal santo e da Mario Tonello.

Anche a me Sannicolò ha portato un regalo – attraverso il suo aiutante Piero Brunello, che ringrazio molto: il libro di David Graeber Debito. I primi 5000 anni. Ora, visto che ho trovato il dono nel mio piattino debitamente decorato con la carta ritagliata la mattina del 6 dicembre, non ho ancora avuto il tempo di leggerlo. Ma il tema stesso del debito mi ha comunque ispirato qualche considerazione.

“Cancella il debito”, cantava Jovanotti a Sanremo vent’anni fa. E a qualcuno – avrà riascoltato quella canzoncina? – è venuto in mente che si potrebbe cancellare il debito pubblico accumulato per l’emergenza pandemia. SIETE PAZZI?! GIAMMAI! hanno subito urlato i vertici europei. Eh sì: “rimetti a noi i nostri debiti” lo si può chiedere al Padre Eterno, non certo alla BCE. La quale BCE – va detto – a prestare i soldi fa anche presto: crea moneta, stampa soldi insomma. Lo fa per esempio con il QE (Quantitative Easing), cioè quando compra titoli di Stato sul mercato secondario (dalle banche). E vi dico la verità: piacerebbe anche a me comprare titoli stampando soldi, ma non ho la licenza.

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“Non mi è mai piaciuto tanto fare l’insegnante come quest’anno”. Dalla manifestazione di Firenze, 5 dicembre 2020

07/12/2020

di Carola Pagani

Pubblichiamo l’intervento che Carola Pagani, insegnante di scuola media a Pisa, ha tenuto alla manifestazione convocata da Priorità alla Scuola Toscana a Firenze, il 5 dicembre 2020.

Sono venuta da Pisa per intervenire alla manifestazione di oggi come mamma e come insegnante di scuola media. Sono arrivata a Firenze solo con un paio di amici e i nostri figli, perché è difficile convincere le persone a scendere in piazza, nonostante il malessere che vivono.

Parlerò della mia esperienza di insegnante. Per fortuna io ho una prima in presenza ed è dai ragazzi che traggo l’energia per andare avanti: un’energia incredibile. Non mi è mai piaciuto tanto fare l’insegnante come quest’anno, mi sento investita di un ruolo determinante e i miei alunni lo sentono. Mi guardo intorno però e vedo colleghi stanchi, demotivati, impauriti. E alienati dalla tecnologia.

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Sannicolò a Sant’Elena. Gli auguri di un amico 

06/12/2020

di Reinhold Mueller 

Il nostro amico Reinhold Mueller ha pensato a noi e al nostro santo favorito durante una sua passeggiata a Venezia. 

Care amiche e cari amici di storiAmestre,

qualche giorno fa ho visitato la chiesa di Sant’Elena a Venezia con un amico olandese, un medievista, per provare a trovare (ancora una volta) le tombe dei banchieri Borromei della filiale veneziana.

Niente da fare, ma ci ho trovato una sorpresa che mi ha fatto pensare a voi, a un discorsetto tenuto a una festa natalizia al Dipartimento di studi umanistici dell’Università Ca’ Foscari, e a un altro articolo che ho pubblicato sul sito di storiAmestre. 

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“Un’ora di storia in più ci salverà!?”. Manuali, insegnamento e studio della storia a scuola

22/11/2020

di Filippo Benfante

Pubblichiamo il testo dell’intervento con cui il nostro socio e amico Filippo Benfante ha aperto una discussione che si è tenuta per strada, a Firenze, sabato 14 novembre 2020, intorno ai manuali di storia per la scuola superiore e l’insegnamento della storia a scuola. L’occasione era quella del presidio permanente organizzato da Priorità alla Scuola dal 10 al 14 novembre, nel centro cittadino: in un’area pedonale tra la sede del liceo Galileo (chiuso agli studenti e alle studentesse, costretti a seguire tutte le lezioni a distanza dal 2 novembre, e già da fine ottobre il 75% delle lezioni erano a distanza) e la sede del Consiglio regionale della Toscana.

1. Il titolo che ho scelto per questa chiacchierata in piazza deriva dalle perplessità che mi ha suscitato quell’“appello per la storia” che ha avuto il suo momento di celebrità nella primavera del 2019. Lanciato da eminenti personalità animate da ottime intenzioni, rilanciato dal quotidiano “Repubblica” e dal suo sito, cominciava proclamando la “storia bene comune”, proseguiva invocando la difesa della ricerca storica di fronte alla deriva dei tempi moderni (dai revisionismi beceri alle bufale storiografiche, dall’indifferenza al razzismo), cercando anche di ristabilire il ruolo sociale di chi fa ricerca storica; concludeva infine con tre richieste sulla scuola e sull’università: il ripristino della traccia di storia all’esame di maturità, che le ultime indicazioni ministeriali abolivano; l’incremento delle ore di storia a scuola; l’aumento di posti di ricercatore all’università. L’appello, e l’enorme numero di firme che ha raccolto, mi hanno dato la sensazione che a uno scopo così ambizioso, e di per sé anche condivisibile, non corrisponda una concreta conoscenza di come funziona la scuola né, soprattutto, l’insegnamento della storia a scuola. Mi sembravano e mi sembrano tuttora indicazioni poco operative e, cosa più fastidiosa, scentrate rispetto alle premesse: di fronte ai mali del mondo, un tema e un’ora di storia in più a scuola? E cosa vorrà dire mai, concretamente, un’ora in più di storia?

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