• Passa alla navigazione primaria
  • Passa al contenuto principale
  • Passa alla barra laterale primaria
storiAmestre

storiAmestre

storia e documentazione del tempo presente

  • Chi siamo
    • Informativa sulla privacy e l’utilizzo dei cookie
  • Rubriche
    • La città invisibile
    • Letture
    • Oggetti
    • Centro documentazione città contemporanea
    • Agenda
  • Quaderni
  • Autori e Autrici
  • Altrochemestre

La città invisibile

Il riferimento a Italo Calvino è evidente, ma il titolo di questa sezione del sito è un’archeologia di storiAmestre: riprende quello del primo convegno organizzato dall’associazione nel 1988. L'associazione, allora ai suoi primi passi, proponeva di riflettere sia sulla storia di Mestre e di quel più ampio territorio il cui sviluppo nel Novecento è stato determinato dalla presenza del grande polo industriale di Porto Marghera, sia sulle storie e sulla memoria dei suoi abitanti.

Da allora, “città invisibile” riassume lo spirito dell’associazione, che si può trovare descritto anche nell’articolo 2 del suo statuto. Dal 2006, il sito ne dà un’interpretazione ampia, allargando i confini della città invisibile e cercando legami tra chi abita in molte città invisibili.

Covid e discriminazione di genere. Su alcuni discorsi e motivi iconografici in Italia

24/02/2021

di Francesca Trivellato

A distanza di alcuni mesi, riprendiamo un commento che la nostra amica Francesca Trivellato, storica che vive e lavora negli Stati Uniti, ha pubblicato in inglese all’inizio dell’estate scorsa, per discutere con un pubblico di Oltreoceano alcuni motivi iconografici utilizzati in quei mesi in Italia nelle campagne di comunicazione relative al Covid. A distanza di tempo, superato il picco dell’enfasi retorica, quelle immagini restano un documento dell’esperienza collettiva della pandemia e un attestato della persistenza di alcuni elementi nel discorso pubblico italiano riguardo al genere, alla condizione femminile, ai rapporti tra i sessi, alla famiglia.

Sulla scia della Peste Nera del 1348-50, emerse un nuovo motivo iconografico che avrebbe attraversato tutto il XV secolo: la danza macabra. Serviva a comunicare a chi lo guardava – per la maggior parte analfabeti e analfabete – che la peste uccideva senza riguardi per nessuno: la morte si prendeva allo stesso modo regine, vescovi e contadini. Salvo che il messaggio non era più vero di quanto non lo sia ora: la danza medievale era propaganda. 

[Leggi di più…] infoCovid e discriminazione di genere. Su alcuni discorsi e motivi iconografici in Italia

Archiviato in:Francesca Trivellato, La città invisibile Contrassegnato con: covid, genere, rapporti di genere

Chi davvero abbatte i monumenti? Note su memoria, storiografia e statue

02/02/2021

di Andrea Lanza

Il nostro amico e socio Andrea Lanza parte da una statua imbrattata – vista durante una passeggiata nel centro di Toronto dove vive – per riflettere sul rapporto tra memoria e storiografia, uso e ruolo sociale della storiografia, rapporti tra forme diverse di confronto con il passato. Sapendo che la vita è una cosa, la sua memoria e la sua storia sono un’altra.

Con il suo articolo, Lanza riprende da un altro punto di vista la discussione sulla public history avviata su storiamestre.it quasi un anno fa da Piero Brunello e Pietro Di Paola.

Egerton Ryerson con le mani macchiate di rosso

In una delle mie passeggiate da lockdown nel centro di Toronto mi fermo davanti alla statua di un uomo dell’Ottocento che insegna tenendo un libro nella mano. Dietro di lui, su una sorta di capitello, sono appoggiati altri libri. È Egerton Ryerson (1803-1882), pastore metodista e, come si legge sul basamento, fondatore del sistema scolastico dell’Ontario. Al suo impegno politico progressista e alla sua opera legislativa si deve infatti l’istituzione delle scuole pubbliche e gratuite nella maggiore delle province anglofone del Canada. Da quest’estate, la statua è coperta di vernice verdognola, mentre le mani sono sporche di rosso. 

[Leggi di più…] infoChi davvero abbatte i monumenti? Note su memoria, storiografia e statue

Archiviato in:Andrea Lanza, La città invisibile Contrassegnato con: identità, memoria, Public History, statue, storia, storiografia

Come un vascello fantasma che generava sgomento. Da un libro recente di Alberto Cavaglion

29/01/2021

di Alberto Cavaglion

Alla fine del 2020 il nostro amico Alberto Cavaglion ha pubblicato Primo Levi: guida a Se questo è un uomo (Carocci, Roma). Ne riprendiamo qui alcune pagine dove Cavaglion richiama la necessità di valutare eventi e contesti in prospettiva, ricordando: che per un lungo periodo del dopoguerra la Shoah non fu affatto “la misura del male assoluto”; che il libro di Levi ebbe difficoltà a trovare ascolto sia nel 1947 che nel 1958; che dagli anni Sessanta (e fino alla sua morte) Levi fu riconosciuto come testimone, ma non – a differenza di quanto accade oggi – come scrittore; che a una maggiore quantità di informazioni disponibili, non per forza corrisponde una maggiore curiosità e desiderio di informarsi. Con un suggerimento: tornare a leggere il testo della prima edizione del 1947.

Nel decennio che separa la prima edizione [di Se questo è un uomo, 1947] dalla seconda [1958], durante questa faticosa revisione, non solo per Levi, la testimonianza sul Lager continua a essere richiusa.

Se lo era posto il problema, a modo suo e con grande dottrina, un filologo come Giorgio Pasquali, che si era trovato ad affrontare la stessa situazione di Levi. Aveva infatti ricevuto infiniti dinieghi alla pubblicazione dei Ricordi di giovinezza di un professore tedesco di Mark Lidzbarski. Prima di arrendersi e pubblicare su rivista il suo magnifico saggio introduttivo (una pionieristica ricognizione nel mondo degli ebrei orientali) aveva bussato invano all’uscio di quattro o cinque editori1. Non aveva chiuso gli occhi davanti a quella dura realtà nemmeno Leo Valiani, che sempre nel fatidico 1947, in una bella pagina del suo Tutte le strade conducono a Roma, scrive: «Dai campi di concentramento sono stati rimossi i forni crematori e i seviziatori, ma son rimasti campi di concentramento per le nazioni vinte e per gli individui indifesi. Metà dell’Europa si è trasformata in una nuova razza ebraica, priva di diritti politici e spesso anche civili, che deve essere contenta, se le si concede il nutrimento»2.

[Leggi di più…] infoCome un vascello fantasma che generava sgomento. Da un libro recente di Alberto Cavaglion

  1. Si veda ora Mark Lidzbarski, Ricordi di giovinezza di un professore tedesco, prefazione di Giorgio Pasquali, postfazione di Marino Raicich, Passigli, Firenze 1988; Giorgio Pasquali, Autobiografia anonima di un Giudeo polacco, “La Rassegna d’Italia”, IV (1949), 10, pp. 981-992, poi in Id., Pagine stravaganti, introduzione di Giovanni Pugliese Caratelli, Sansoni, Firenze 1968, II, pp. 397-408. [↩]
  2. Leo Valiani, Tutte le strade conducono a Roma, La Nuova Italia, Firenze 1947, p. 357. [↩]

Archiviato in:Alberto Cavaglion, La città invisibile Contrassegnato con: pagine scelte, Primo Levi, Se questo è un uomo, Shoah

La salicornia rifiorirà a Fusina? Immagini dell’area della ex Sava (Porto Marghera, 2010)

06/01/2021

di Giovanna Bison

Condividiamo con le lettrici e i lettori del sito il regalo che ci ha fatto la nostra amica Giovanna Bison. Si parte, anche questa volta, da una tesi di laurea triennale in Discipline dell’Arte, della Musica, e dello Spettacolo discussa presso l’Università di Padova: un lavoro compiuto nel 2010 all’interno e nei dintorni della fabbrica abbandonata della ex Sava. Le immagini sono il frutto di una ricognizione cominciata tenendo presente la storia della documentazione fotografica relativa all’area industriale e i modelli dell’archeologia industriale, ma che a poco a poco ha cambiato di senso. Con una conclusione dal sapore leopardiano, in attesa di un nuovo sopralluogo – forse – a dieci anni di distanza.

Laurearsi al DAMS di Padova

Il lavoro che ho fatto per l’Università di Padova ha compiuto dieci anni. Allora mi proponevo una ricognizione fotografica all’interno della fabbrica abbandonata della ex Sava. 

L’esplorazione partiva da un approfondimento bibliografico sulle origini e sullo sviluppo di questa particolarissima zona industriale, con riferimento soprattutto a Fusina, ultima propaggine di Porto Marghera. Seguiva un’indagine, in ordine cronologico, sugli studi fotografici (uno su tutti l’archivio Giacomelli) che avevano compiuto lavori di reportage su queste realtà. Le mie foto dovevano scandire il disfacimento delle cattedrali ferrose, destinate a diventare archeologia industriale. 

A ogni passo, a ogni foto, il mio atteggiamento cominciò però a cambiare. 

[Leggi di più…] infoLa salicornia rifiorirà a Fusina? Immagini dell’area della ex Sava (Porto Marghera, 2010)

Archiviato in:Giovanna Bison, La città invisibile Contrassegnato con: escursione, Ex Sava, fotografia, Fusina, Porto Marghera, SAVA, strenna

Il naufragio della Veniera. Notizie da Cipro, primi mesi del 1499

31/12/2020

di Benjamin Arbel

Il naufragio di una nave veneziana ormai in vista del suo approdo a Cipro, il 27 febbraio 1499. Stando ai documenti non ci furono vittime e almeno una parte del carico venne recuperata. Ecco una “battuta d’arresto” – nota il nostro amico Benjamin Arbel concludendo la sua lettura delle fonti disponibili – che ci permette di cogliere il flusso degli scambi di uomini e mercanzie nel Mediterraneo alla fine del Medioevo 

Il saggio di Arbel ci rimanda a eventi calamitosi, a un tempo sospeso, a frammenti di informazioni – senza trama e senza finale –, a un elenco di merci, a spostamenti, viaggi e scambi che continuano comunque incessanti. Ci è sembrata, oggi, una strenna appropriata a questi tempi che ci sono dati da vivere. 

1. In una lettera del 7 marzo 1499, i governatori della colonia veneziana di Cipro annunciano nei termini seguenti il naufragio nei pressi delle Saline di San Lazzaro, l’ancoraggio principale sulla costa meridionale dell’isola: “Con gran displicentia significhemo a la Serenità Vostra esser rotta adì 27 fevrer de notte a Saline la nave patron Pasqual Vidale, la qual senza fortuna per mal governo hebe questo naufragio”1. Ulteriori informazioni sulla sciagura si trovano nel diario veneziano di Marino Sanuto. Riferendosi a una lettera scritta il 5 marzo dello stesso anno dal capitano di Famagosta il diarista nota, tra l’altro, il “rompersi di la nave patron Pasqual Vidal, zoè Veniera, participi sier Paolo Loredan e sier Marco Querini, sora le Saline”. Secondo la stessa lettera, “è sta recuperà solamente li gropi d’oro e d’argento”2.

[Leggi di più…] infoIl naufragio della Veniera. Notizie da Cipro, primi mesi del 1499

  1. Aikaterina X. Aristeidou, Anekdota Eggrapha tes Kypriakes Istorias apo to Archeio tes Benetias, Tomos A (1474-1508), Nicosia 1990, n. 37, p. 241. La lettera del Regimento non fu originariamente indirizzata ai Capi del Consiglio dei Dieci. La sua inclusione nell’archivio di questa magistratura, dove si trova finora, è legata, presumibilmente, alla scritta che figura sul verso della lettera, nella quale si nota che essa fu presentata ai Capi del Consiglio dei Dieci il 4 ottobre 1503. I motivi di questo procedimento sono ancora ignoti. [↩]
  2. Marino Sanuto, I diarii, II, pubblicato per cura di Guglielmo Berchet, Venezia 1879, col. 685. [↩]

Archiviato in:Benjamin Arbel, La città invisibile Contrassegnato con: Mediterraneo, storia del commercio medievale, storiografia, Venezia

“No farmers, no food”. Chi manifesta a Toronto per i contadini del Punjab (dicembre 2020)

19/12/2020

di Andrea Lanza

Il nostro amico e corrispondente da Toronto si trova a seguire per caso una manifestazione che si svolge nel centro della capitale dell’Ontario e scopre una mobilitazione in corso nel Punjab. Si torna a un tema che abbiamo già incrociato con le recenti letture del libro di Marco D’Eramo: liberalizzazione è un eufemismo della nuova lingua, sta per incremento dello sfruttamento e dell’oppressione a favore delle grandi multinazionali, con il sostegno degli Stati. Tanti piccoli gruppi, sparsi per il mondo, dichiarano che questo mondo non è ovvio né inevitabile.

1. Martedì 1 dicembre ho finito la mia lezione online verso le quattro, con il solito senso di frustrazione per la stentata interazione virtuale con gli studenti. Dal basso provengono incessanti suoni di clacson e un confuso vociare. È diverso dalla voce enfatica, amplificata dalle casse portatili, del predicatore di strada che spesso si mette all’incrocio qui sotto, ventisei piani più in basso, per esortare la gente a ravvedersi. Mi affaccio: c’è una lunghissima colonna di veicoli che tendono a bloccare il traffico. Dai finestrini e dai tettucci spuntano braccia, teste, cartelli e qualche bandiera. Non sono in grado di decifrare i segni. 

Questi cortei motorizzati non sono eccezionali a Toronto. Dicono qualcosa su dove abitano i manifestanti: gli infiniti sobborghi della classe media, da cui ci si muove quasi solo in macchina. Difficile invece capire a colpo sicuro il senso della loro protesta. Diverse settimane fa, per esempio, mi era capitato di veder passare un’infinita fila di veicoli clacsonanti scendere su uno degli assi principali della città, verso Dundas Square: erano armeni che denunciavano la guerra in Nagorno-Karabakh.

Per via di alcuni grossi pickup scuri, mi convinco che in questo caso sia un corteo di quel crogiuolo piuttosto eterogeno che ho già visto concentrarsi nella vicina Dundas Square, la piccola Times Square torontina, il sabato pomeriggio, per denunciare la dittatura sanitaria, il soffocamento da mascherina e un assortimento vario di complotti. E che inneggia indomito a Trump.

[Leggi di più…] info“No farmers, no food”. Chi manifesta a Toronto per i contadini del Punjab (dicembre 2020)

Archiviato in:Andrea Lanza, La città invisibile Contrassegnato con: cronaca, globalizzazione, manifestazione, movimento contadino, neoliberismo, Toronto

  • Vai alla pagina 1
  • Vai alla pagina 2
  • Vai alla pagina 3
  • Pagine interim omesse …
  • Vai alla pagina 81
  • Vai alla pagina successiva »

Barra laterale primaria

Per informazioni e per ricevere la newsletter scrivi a:

info@storiamestre.it

Cerca nel sito

Archivio

Ultimi commenti

  • GIGI CORAZZOL su Come un nuovo concetto di “Public History” cambia ruolo e scopo degli studi storici. Il caso delle università inglesi
  • Filippo Benfante su La scuola della Costituzione. Dalle manifestazioni per la scuola (Firenze, 25 giugno 2020)
  • Chiara su La Casa del Popolo di Ca’ Emiliani
  • Carlo su Il Villaggio marino di Caroman. Una gita e un libro (agosto 2012)
  • Cristina salvan su Mascherine protettive contro la “Spagnola” (1919-1920 circa)
  • Chiara Puppini su Foto di famiglia con Lambretta (1961-1997)

Copyright storiAmestre © 2021

Il sito storiAmestre utilizza cookie tecnici ed analytics. Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra in linea con la nuova GDPR.Accetto Ulteriori informazioni
Aggiornamento privacy e cookie (GDPR)

Privacy Overview

This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary
Sempre abilitato

Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.

ACCETTA E SALVA