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Anna Di Qual

Andare a vedere in Sicilia. Eric J. Hobsbawm in Italia negli anni Cinquanta

07/07/2020

di Anna Di Qual

Pubblichiamo alcune pagine del recente libro della nostra socia e amica Anna Di Qual, Eric J. Hobsbawm tra marxismo italiano e comunismo britannico (Edizioni Ca’ Foscari, Venezia 2020). Abbiamo scelto quelle dedicate a un viaggio che Hobsbawm fece in Sicilia, presumibilmente nel 1953; qualche anno dopo ne scrisse un resoconto rimasto inedito. È il tema che Anna Di Qual ci aveva già presentato in anteprima il 30 maggio 2015 durante la festa di storiAmestre. Per la pubblicazione di questi brani sul sito, Anna Di Qual ha tradotto le lunghe citazioni dagli appunti di Hobsbawn, che nel libro si leggono in inglese.

Sulla scia delle discussioni con amici comunisti italiani, Hobsbawn affrontò il suo viaggio in Sicilia pensando ai nessi tra le recenti lotte contadine e una tradizione ribellistica, propria della Piana degli Albanesi, che nella memoria degli abitanti aveva contrassegnato la storia di una comunità insediatasi in Sicilia nel secolo XVI per scampare ai Turchi Ottomani. Iniziò così la ricerca che avrebbe portato Hobsbawm a studiare quelle forme di ribellismo contadino che gli erano state presentate come “arcaiche”, e che tali gli sembravano alla luce della sua formazione politica segnata dal marxismo britannico.

Durante la sua prima visita romana, negli ultimi giorni dell’agosto 1951, [Eric J.] Hobsbawm entrò in contatto, grazie all’intercessione di [Delio] Cantimori, con i quadri culturali del Partito comunista italiano: era un ambiente, quello della fondazione Gramsci, dove dopotutto era facile essere accolti con grandi onori se si poteva dire, come fece Hobsbawm, di conoscere [Piero] Sraffa. La persona con cui Cantimori lo mise in contatto fu Ambrogio Donini, che all’epoca era direttore del Gramsci, delle edizioni di Rinascita così come, a fianco di Togliatti, anche del mensile omonimo, la rivista politica culturale del partito. Militante comunista dagli anni Venti, con alle spalle una storia di lotta antifascista in Europa e di emigrazione politica oltreoceano, Donini dalla fine della guerra era entrato nel comitato centrale del PCI: era un convinto assertore del ruolo dell’URSS come guida del movimento comunista internazionale ed era molto impegnato nel movimento internazionale dei Partigiani della pace; di lì a breve sarebbe diventato anche senatore. Non era solo un uomo di partito, era anche un importante studioso della storia delle religioni: Cantimori, più o meno suo coetaneo, lo aveva definito nelle chiacchierate con Hobsbawm uno dei maggiori storici marxisti-leninisti italiani. Una commistione, quella tra attività politica e attività intellettuale, che – come vedremo – colpì Hobsbawm. 

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Archiviato in:Anna Di Qual, Letture Contrassegnato con: biografia, Eric J. Hobsbawm, pagine scelte, Sicilia, storia del movimento operaio, storiografia

La guerra mantiene lo Stato in buona salute

03/11/2018

di Randolph S. Bourne

Ricordiamo un doppio centenario: quello della fine della Prima guerra mondiale (per l’Italia l’armistizio entrò in vigore il 4 novembre 1918) e quello della morte del pacifista statunitense Randolph S. Bourne (scrittore e critico letterario morto di influenza spagnola nel dicembre 1918).

Quando morì, Bourne stava lavorando a un libro sulla natura dello Stato, da cui è tratto il presente articolo, tradotto per la prima volta in italiano da Anna Di Qual. In queste pagine, riprendeva i temi antinterventisti e antimilitaristi per cui si era battuto fin dagli inizi della guerra in Europa nel 1914. In particolare, denunciava come la guerra stimolasse l’istinto gregario, deresponsabilizzando gli individui, con il risultato di accentuare il carattere totalitario dello Stato, il conformismo e la persecuzione delle minoranze.

La guerra mantiene lo Stato in buona salute. Essa mette automaticamente in moto nell’intera società irrefrenabili forze che spingono al conformismo e a una calorosa cooperazione con il governo nel costringere all’obbedienza le minoranze e gli individui che non intendono entrare nel branco. La macchina di governo impone e applica drastiche sanzioni: le minoranze sono o intimidite al silenzio o lentamente plagiate attraverso un sottile processo di persuasione che a loro stesse potrebbe sembrare in realtà una vera e propria conversione. Beninteso, l’ideale di una perfetta lealtà e di un totale conformismo non è mai raggiunto pienamente. Le classi a cui spetta l’informale lavoro di coercizione sono instancabili nel loro zelo, ma spesso la loro mobilitazione invece di convertire serve solo a irrigidire la resistenza. Le minoranze si incupiscono, alcune posizioni intellettuali diventano rabbiose e mordaci, ma in generale nel periodo bellico la nazione raggiunge un’uniformità di sentimenti e una gerarchia di valori tali da culminare nell’apice indiscusso dell’ideale di Stato, risultato che nessun ufficio del governo può realizzare, se non attraverso la guerra. Altri valori come, per esempio, l’arte, la conoscenza, la ragione, la bellezza e l’aspirazione a condizioni di vita migliori vengono prontamente e quasi con unanime consenso sacrificati, e le classi dirigenti che si sono date il ruolo di informali rappresentanti dello Stato non solo si adoperano per privarsi esse stesse di questi valori ma costringono anche tutte le altre persone a rinunciarvi.

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Archiviato in:Anna Di Qual, La città invisibile, Letture, Randolph S. Bourne Contrassegnato con: anniversari, antimilitarismo, pensiero libertario, prima guerra mondiale

Il Risorgimento della Lega Nord

23/06/2014

di Anna Di Qual

Pubblichiamo il testo dell’intervento tenuto da Anna Di Qual il 24 maggio 2014, in occasione della festa di storiAmestre, dove l’autrice riprende e sintetizza il suo articolo Revisionismo leghista a 150 anni dall’unità d’Italia, pubblicato su “Italia contemporanea”, aprile 2014, n. 274, pp. 120-157.

Con questo intervento, propongo di leggere il centocinquantenario dell’Unità d’Italia attraverso le lenti della Lega Nord, basandomi sull’analisi dell’annata 2011 della Padania, l’organo ufficiale del partito, e di alcune pubblicazioni di stampo divulgativo e argomento risorgimentale pubblicizzate dal giornale leghista nel corso dell’anno giubilare. Inizierò descrivendo la posizione della Lega nei confronti delle celebrazioni del 2011, cercando di interpretare le molteplicità di significati che la sua posizione sottende, per poi soffermarmi su alcuni nodi della narrazione (o meglio contro-narrazione) elaborata in quell’anno dal Carroccio sul Risorgimento e sulla storia d’Italia. Come si sa, i grandi anniversari nazionali costituiscono un oggetto di ricerca di notevole importanza: portando il passato sulla scena del presente, essi diventano degli ideali osservatori che permettono di cogliere le dinamiche più profonde del corpo sociale e di studiare il complesso rapporto che una società intesse con la sua storia.

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Archiviato in:Anna Di Qual, La città invisibile Contrassegnato con: Lega Nord, leghismo, Risorgimento, storiografia, uso pubblico della storia

Un restauro o un falso storico? Notizie da Sutrio (Udine)

22/12/2012

di Anna Di Qual

Torniamo sul tema aperto da Claudio Zanlorenzi sulle scritte di forte Mezzacapo a Mestre. Anna Di Qual abita a Sutrio, un paese in provincia di Udine che – ci racconta la nostra corrispondente – conserva alcune scritte fasciste, ma nel 1944 fu parte del territorio della repubblica partigiana della Carnia. Fu anche luogo di un eccidio commesso da soldati delle SS e della RSI. Vicino a dove ogni anno si commemora quel tragico fatto, un committente privato fa restaurare, con sovvenzioni della Regione, una scritta fascista quasi illeggibile sul muro di una vecchia segheria che dovrà diventare un museo. “Mio padre è tornato da Dachau che pesava quaranta chili e ora si vede quella scritta lì”, dice chi non dimentica. Ma la cronaca di Anna Di Qual riflette anche sul gesto del restauro e sulla filologia. La cancellatura non è anch’essa un segno storico da restaurare? e un restauro che sposta più in alto sul muro di un edificio una scritta e allarga la fascia bianca in cui è inserita, si può chiamare ancora restauro?

Una presenza silenziosa e lontana

Le ho sempre notate le scritte fasciste sui muri del mio paese, Sutrio (Carnia, in provincia di Udine). Non mi hanno mai dato fastidio: così sbiadite le percepivo come la testimonianza di un passato storico lontano. La retorica del regime che ci stava dietro mi sembrava non potesse aver presa; a volte ci ridevo su. Mi chiedevo come la gente avesse potuto credere e riconoscersi in quegli slogan. Alcuni anni fa le avevo fotografate – erano quattro, superstiti solo parzialmente – per “salvarle” da una perdita che pensavo inevitabile, con l’idea di fare prima o poi una piccola ricerca. Mai però avevo ragionato sul loro restauro, fino a una riflessione di Suan.

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Archiviato in:Anna Di Qual, La città invisibile Contrassegnato con: ANPI, fascismo, Resistenza, resoconto, restauro, scritte fasciste, Sutrio (Udine)

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