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Andrea Lanza

Stanchi di essere una minaccia. Dalle manifestazioni del movimento “Black Lives Matter” (Toronto, 5-13 giugno)

20/06/2020

di Andrea Lanza

Un nuovo reportage da Toronto del nostro Andrea Lanza, che da qualche anno vive in Canada per lavoro. Le foto nell’articolo sono sue.

1. Da Toronto, gli Stati Uniti sono vicini. Nelle giornate limpide si intravedono anche, a saperlo, guardando la costa del lago nel punto in cui diventa invisibile. Il fiume Niagara, che segna il confine, è a un paio di ore di pullman, cui bisogna aggiungere il non poco tempo che esigono i normali controlli di frontiera. Con la pandemia hanno deciso che frontiera si può passare solo a piedi. 

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Non prender rilevazione per rivelazione. Consigli su come resistere alla mistica della curva

11/04/2020

di Andrea Lanza

Il nostro amico e socio Andrea Lanza, a partire da quello che vede in Canada – dove vive – e segue a distanza dall’Italia, riflette sull’uso delle statistiche mediche al tempo della quarantena: la confusione tra dati e realtà, la costruzione delle variabili osservate, i giochi di prestigio, l’uso rituale. Consigli su come resistere alla mistica della statistica anche in tempi ordinari.

In questo tempo di coronavirus le statistiche sono diventate il principale strumento per rappresentare il pericolo invisibile. Su di esse si basano le decisioni delle autorità. La loro riproduzione massiva non solo legittima la riduzione delle libertà individuali, ma condiziona i nostri comportamenti, studiati a loro volta da altre statistiche, più o meno improvvisate quali quelle messe a disposizione da google.

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Spine meticolosamente svitate. Frammenti dell’immediato dopoguerra da carte di famiglia (1945-1948)

30/01/2020

di Andrea Lanza

Il nostro amico e socio Andrea Lanza ha recuperato tra le carte di famiglia cinque lettere ricevute da suo nonno, Giuseppe Lanza, tra il 1945 e il 1948. Ricostruisce così alcune scene della vita di chi era sopravvissuto e riprendeva un’esistenza dopo la guerra e il genocidio. La moglie Ania Goldstein (di origine russa ed ebraica) era morta di tubercolosi nel 1943; il cognato Ramik aveva lasciato l’Italia per gli Stati Uniti all’indomani delle leggi razziali del 1938; la suocera Anastasia era stata deportata dopo essere stata arrestata dalle SS nella casa di cura di Milano in cui aveva cercato di nascondersi. Giuseppe apriva le lettere di chi cercava di avere notizie in una casa ancora spoglia di tutto per via di una requisizione tedesca nel 1944, e ora condivisa con una famiglia di esuli fiumani. I primi passi di una ricerca da fare.

Degli anni del primissimo dopoguerra, non ho che due foto in cui si possa vedere mio nonno, Giuseppe Lanza: una del 1946 e una del 1947. 

La prima, scattata in estate durante una gita fra il lago di Lugano e il lago Maggiore, è una foto di famiglia. Giuseppe porta una camicia a maniche corte e dei pantaloni corti dalla vita altissima. Oggi si direbbe che sembrava molto più vecchio dei suoi quarantasei anni; nato il 16 dicembre 1899, a Valguarnera nell’entroterra siciliano, era stato registrato all’anagrafe il 1° gennaio seguente, evitando così il fronte della Prima guerra mondiale. Dopo il militare si era trasferito “al Nord”, dove si era sposato con Ania Goldstein nel 1935, che morì meno di otto anni dopo. Nella foto, vicino a Giuseppe stanno mio padre Diego, di nove anni, e i quattro membri della famiglia di esuli fiumani che vivevano nel loro stesso appartamento a Milano. 

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Il Primo maggio a Toronto si lavora. Cronaca di una manifestazione

06/05/2019

di Andrea Lanza

Il nostro Andrea Lanza ha seguito le manifestazioni del Primo maggio a Toronto, in Canada, dove vive, prendendo qualche appunto e scattando alcune foto. 

Il Primo Maggio a Toronto si lavora: in tutto il Canada è un giorno feriale come gli altri. C’è un Labour Day, il primo lunedì di settembre, ma già dal nome si capisce che non è il Workers’ Day. Anche a Toronto ci sono però delle manifestazioni, che cominciano alla fine dell’orario di lavoro.

Mi avvio verso la piazza del municipio, il cielo è grigio e la pioggia incomincia a farsi noiosa. Arrivo nella grande spianata che si apre davanti al palazzo nuovo del comune che sono le cinque, l’ora di inizio delle dimostrazioni. Nonostante, in questa città, la manifestazione del Primo Maggio non richiami mai grandi folle, ci sono diversi preconcentramenti nella gigantesca piazza.

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“In che senso rivoluzione?”. Il Quarantotto a Venezia

16/03/2019

di Piero Brunello, a cura di Andrea Lanza

Primavera, tempo di rivoluzioni. Quest’anno ricordiamo l’anniversario delle “giornate rivoluzionarie” del Quarantotto a Venezia (17-22 marzo) riprendendo alcune pagine da un libro recente di Piero Brunello, Colpi di scena. La rivoluzione del Quarantotto a Venezia (Cierre, Sommacampagna 2018). L’autore parlerà del suo libro lunedì 18 marzo (il giorno dell’insurrezione popolare a Venezia, la prima delle cinque giornate del Quarantotto a Milano e il primo giorno della Comune di Parigi del 1871), alle ore 19 all’Avamposto a Rialto. Il libro sarà presentato a Mestre il 20 marzo, presso lo spazio Negozio Piave 67, alle 17,30 (con l’autore, Paola Sartori e Fabio Bortoluzzi).

Nota del curatore

Il libro di Piero Brunello di cui presentiamo qui alcune pagine è diviso in due parti diverse per approcci e linguaggi, separate da un breve intermezzo. Le prime duecento pagine sono un racconto corale di una rivoluzione in divenire, scandito per giornate: dal 17 al 22 marzo 1848. Sulla base di fonti raccolte in una quarantina d’anni di ricerche, l’autore alterna punti di vista diversi, con testimonianze talvolta inconciliabili, di persone che si trovavano in posizioni diverse – nella società e nello spazio fisico –, mettendole a confronto con il racconto degli eventi rivoluzionari che sarebbe diventato quello “ufficiale”. Brunello mostra come gli eventi che portano alla proclamazione della Repubblica si producano al di là delle previsioni e delle attese delle persone coinvolte, e grazie all’apparente convergenza di classi e visioni politiche diverse. Allo stesso tempo, osserva come non furono mai realmente superate le distanze e le diffidenze che separavano le classi popolari anche da quei benestanti impegnati nella rivoluzione, che si autodefinivano membri della classe “intelligente” (aggettivo che oltre a dare un’idea delle qualità che si attribuivano, contiene specularmente tutta l’incapacità di capire l’intelligenza popolare). Se per le prime la rivoluzione non poteva che essere sociale, per i secondi non doveva che essere politica, e agli stessi termini (repubblica, per esempio) erano attribuiti significati ben diversi.

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Modernità di classe. Le relazioni del prefetto di Parigi Delessert (1786-1858)

24/12/2018

di Andrea Lanza

Natale 2018. Per la nostra tradizionale strenna, Andrea Lanza ci porta nella Parigi della prima metà dell’Ottocento, sulle tracce di un prefetto che già ci aveva mostrato in azione durante lo sciopero dei carpentieri parigini del 1845. La figura di Gabriel Delessert permette di esplorare una nascente borghesia, in cui ruoli istituzionali, salotti, reti di relazioni e alleanze familiari si intrecciano, e dove maturano precise idee di progresso, “interesse pubblico” e “buon ordine sociale”. Con il suggerimento di riflettere simultaneamente sulla “modernità” immaginata dalla classe dirigente francese del XIX secolo e sulla “modernità à la Macron” dei giorni nostri. Qui di seguito proponiamo solo le prime pagine del testo, chi vorrà leggerlo integralmente dovrà cliccare qui.

Parole di prefetto

Due dicembre 2018, Parigi, in conferenza stampa il prefetto di polizia della capitale evoca le “deliberate violenze” commesse da gente “desiderosa di affrontare le forze dell’ordine”; non esita a identificare i facinorosi come appartenenti a “gruppuscoli dell’ultradestra e dell’ultrasinistra”. Fra i 378 fermati il giorno prima, secondo le dichiarazioni del PM, nessuno però risulta già segnalato dai servizi di informazione. Di fronte all’incoerenza dei dati forniti, mi è subito tornata in mente una vecchia conoscenza: Gabriel Delessert.

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