di André Gorz
Buon Primo maggio. Riprendiamo alcune pagine da un libro del filosofo francese André Gorz uscito alla fine degli anni Ottanta – e tradotto in italiano da Stefano Musso nel 1992 sotto il titolo Metamorfosi del lavoro –, dedicate alla questione del reddito minimo e alla sua funzione. Il reddito minimo può essere una “carità istituzionale” che, oltre a dipendere da una volontà centrale, è utile a precarizzare ulteriormente il mercato del lavoro, senza modificare gerarchie e dinamiche in atto. Al contrario, potrebbe essere il punto di partenza di nuove forme di emancipazione, di un “progetto di una società in cui tutti possano lavorare, ma lavorare sempre meno pur continuando a migliorare il tenore di vita”, accompagnato “da una strategia di azioni collettive e di iniziative popolari”.
Queste pagine servono anche a ricordarci che discussioni come quella sul reddito minimo, che ci sembrano molto recenti, hanno invece alle spalle una storia lunga; e invitano a ricostruire il senso di una riflessione – parole, slogan, formule di programma – che accompagna il movimento operaio in Europa fin dalle sue origini.
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