di Giannarosa Vivian
Giannarosa Vivian ha letto l’autobiografia di Agatha Christie e ce ne ripropone le parti relative agli anni della prima guerra mondiale. È il periodo in cui la ventenne Agatha Miller lavora come infermiera in un ospedale di Torquay, sulla costa del Devon, che accoglie anche i feriti dal fronte; si sposa prendendo il cognome di Christie; quando viene destinata a un monotono lavoro nel dispensario, comincia a pensare le sue storie poliziesche e crea Hercule Poirot. E gli ultimi mesi della guerra li passa a Londra, alle prese con le incombenze di una giovane donna che si trova a mandare avanti una casa.
1. Prima del 1913 non si era avuta alcuna premonizione della guerra, ricorda Agatha Christie nell’autobiografia che scrisse tra il 1950 e il 1965 e che uscì postuma nel 1977 (An Autobiography, Collins, London), tradotta l’anno dopo in italiano col titolo La mia vita (traduzione di Maria Giulia Castagnone, Mondadori, Milano 1978).
«Gli ufficiali di marina a volte scuotevano il capo e mormoravano “Der Tag”, ma l’avevamo già udito con tanta frequenza negli ultimi anni da finire per non prestarvi più attenzione. Poteva forse essere un ottimo spunto per un romanzo di spionaggio, ma la realtà era un’altra. Nessun paese sarebbe stato tanto pazzo da far guerra a un altro, tranne che in posti come la frontiera di nord-ovest o qualche angolo dimenticato» (p. 229). Questa la convinzione diffusa tra la gente.
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