di Adolfo Bernardello
Presentiamo alcune delle prime pagine del nuovo libro di Adolfo Bernardello, Venezia nel Regno Lombardo-Veneto. Un caso atipico (1815-1866). Dove si illustrano le ragioni per rileggere la storia della Venezia ottocentesca abbandonando i miti della città romantica, arretrata e decadente. Con un elogio della frequentazione gli archivi, un invito a soffermarsi su fatti economici e avvenimenti e non solo su “simboli, rituali, figure retoriche”, a praticare una storia sociale che dia spazio alle classi popolari, e a esporre i risultati della ricerca con una scrittura chiara e narrativa.
Accingendomi anni fa allo studio del Lombardo-Veneto nel XIX secolo, mi sono sempre proposto di portare alla luce, per quanto possibile, a mano a mano che scorrevo buste e faldoni, aspetti inediti o poco indagati sulla Venezia dell’Ottocento, come il minatore che scava cunicoli sotterranei volendo trovare vene nuove. Gli storici hanno sempre preferito occuparsi dei ben più celebri secoli precedenti, per cui al periodo della dominazione austriaca è spettato uno spazio, malgrado non manchino le opere di pregio, tutto sommato modesto. Mettendo le mani avanti per rispondere a possibili obbiezioni, dirò subito che questo libro se ha un difetto è quello di muovere da un’angolatura tutta veneziana nella pretesa di aggiungere o raccogliere o modificare alcuni aspetti che mi sono apparsi bisognosi di studi ulteriori. Rifuggendo dalla torpida pratica, molto spesso tutta ideologica, di rimestare nel calderone di quanto ormai è assodato e digerito, mi sono proposto fin dall’inizio di metter mano alla ricostruzione particolareggiata di fatti e avvenimenti (per quanto è umanamente possibile scoprire e recuperare) occupandomi preferibilmente delle condizioni economico-sociali della città e della regione, nella convinzione maturata negli anni della loro rilevanza nelle vicende di una comunità, di un popolo, di un territorio. In questo sono consapevole di andare piuttosto controcorrente rispetto alle tendenze affermatesi nei dibattiti storiografici in questo ultimo decennio, che hanno sottolineato fortemente piuttosto gli aspetti ideali e simbolici nell’agire di individui disposti al sacrificio estremo di sé per la patria, privilegiando i ceti in possesso di un certo livello di alfabetizzazione, una sorta di Risorgimento delle persone istruite, dei lettori di testi ispiranti gesta magnanime fino al martirio. Nell’imboccare i nuovi indirizzi aperti dai fondatori di questo recente revisionismo storiografico, come spesso accade per l’affermarsi di novità se non di mode, da parte dei seguaci si è fatto a gara per superare i maestri nello sfoggio di un periodare zeppo di un lessico complicato e spesso ermetico, quasi da adepti di un neo idealismo strutturato su un profluvio di rimandi semiologici e semantici, di veri e propri sistemi morfologici in cui si si notano la preminenza anzi il monopolio dati a novelle grammatiche riboccanti di simboli, rituali, figure retoriche.
[Leggi di più…] infoQuando arriva Prometeo. Sulla storia di Venezia nel periodo austriaco