di Carlo Freguglia
Dopo molti mesi, il nostro amico Carlo Freguglia torna a condividere con noi le sue letture.
Nel Corriere del Veneto del 28 aprile 2015 il professor Cesare De Michelis definisce il saggio di Carlo Ossola, Erasmo nel notturno d’Europa, Vita e Pensiero, Milano 2015, “breve e fulminante”.
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Sul breve non si discute. Le pagine, al lordo delle bianche, sono 125. Pagine? Paginette (griglia cm. 14,5 per cm. 8; 30 righe per pagina, 53 battute per riga). Da esse ne vanno detratte undici per l’indice dei nomi. Le son undici invece delle quattro bastevoli a causa del combinato disposto dei caratteri di corpo generoso e della scelta di proporli su di una singola colonna.
Il libro si compone di quattro capitoli, diversi per ampiezza e temi. Il primo pp. 9-39 si occupa di Erasmo e il suo tempo. Il secondo, lungo sei pagine e mezza, sviscera La ricezione d’Erasmo nei secoli XVII e XVIII, così, alla Alessandro Magno, tous pays confondus. Il titolo del terzo capitolo recita: Erasmo: un faro per il XX secolo. Trattandosi di rivendicare l’esemplarità di un Erasmo umanista cosmopolita di contro a un Ottocento immagato nell’idolatria delle identità nazionali le pagine occorrono. Difatti sono tredici. Il quarto e ultimo capitolo intitolato Comprendere, comprendere (un calco dotto da Stefan Zweig), serve a ribadire la speranza bruciante in Ossola che “nel secolo ferito che si è aperto” (videlicet adesso, qua) Erasmo “prezioso faro per il viaggio e le tempeste che l’umanità incontra e suscita” non abbia a patire blackout di sorta (undici pagine). Il nesso sussistente tra la luce e il fulminante è intuitivo.
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Il libro è stato pubblicato per la prima volta in francese (Érasme et l’Europe, Éditions du Félin, Paris 2014). Giudizioso proporre una Postfazione all’edizione italiana. Essa è intitolata Di alcune ragioni della sfortuna di Erasmo in Italia nel XX secolo. Consta di undici pagine di testo più undici pagine di note. Tanto per regolarvi sappiate che le note relative al capitolo sulla ricezione europea di Erasmo nel ‘600 e nel ‘700 di pagine ne occupano solo cinque. Morale: Postfazione (relativa a un paese solo nell’arco di mezzo secolo) batte ricezione (resto del mondo, per due secoli) 22 pagine a 11.
Bisogna che questa Postfazione si faccia carico di un tema spinoso. Lo si avverte fin dall’incipit:
“L’Italia è pallidamente presente nella vicenda europea di Erasmo, qui sinteticamente delineata.”
È uno dei più formidabili esercizi di cacerolazo (in italiano battere i coperchi) che io conosca. Un cacerolazo per verba di trascendentale maestria (14 sbattimenti totali, 2 in in, 4 in en e due in ne – en retrogrado – su un totale di 79 lettere).
Il cacerolazo oltre che ai governanti disgrati d’oggidì, in altri tempi era offerto per la prima notte di nozze allo sposo novello recidivo, specie se in età, vedovo e con numerosa prole. Oggi come allora ci si dà al cacerolazo per irrogare una sanzione.
Dedicatario della censura di Ossola non è, diolìberi, né un governante né un vedovo irrequieto, ma un professore universitario di storia italiano morto nel 1966. Il suo nome? Delio Cantimori.
È grazie alle mene occulte di questo fautore di ogni totalitarismo, nazista prima, comunista poi, alla sua avversione non negoziabile a ogni forma di liberalismo illuminato che Erasmo in Italia tra il 1945 e il 1987 ha vissuto una vita stenta, fantasmatica.
Perché fino al 1987? Perché in quell’anno, spiega Ossola, uscì il libro che Silvana Seidel Menchi ha dedicato alla fortuna di Erasmo in Italia. Libro finalmente risarcitorio. Di lì a un anno, continua Ossola, toccò a Eugenio Garin di spazzare via le macerie residue.
Come è stato ampiamente dimostrato da una lunga e larga attività investigativa di cui dobbiamo esser grati a diverse questure d’ateneo, tra il 1945 ed il 1960 Cantimori si oppose, alla pubblicazione da parte della casa editrice Einaudi di libri di importanza capitale e ciò per il solo motivo che in essi si esprimevano concezioni liberali della vita e della cultura.
Eccovi ( lo ricavo da Ossola) l’elenco delle opere che subirono la sua Verbannung.
J. Huizinga, Nelle ombre del domani. La crisi della civiltà, Einaudi, Torino 1962;
T.W. Adorno, Minima moralia, Einaudi, Torino 1954;
F. Braudel, Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II, Einaudi, Torino 1953.
Quanto a Erasmo il maggiore sfregio commesso da Cantimori ai suoi danni consistette nell’“imporre – nella ristampa dell’Elogio della pazzia (del 1964 n.d.r.) – l’eliminazione della premessa di Fiore […] per sostituirvi la propria”.
Roba buona? No di certo. Un compilaticcio; mezzo copiato (senza dirlo, scrive Ossola a p. 78) da uno scritto di Croce del 1914.
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Un rapido sguardo all’Opac del Sbn. L’edizione di Fiore del 1943 fu ristampata da Einaudi nel 1953, nel 1957, nel 1959, nel 1961. Quattro volte in nove anni. Anni in cui l’influenza di Cantimori all’Einaudi era al culmine.
Come mai Erasmo la passò liscia per un quindicennio? Perché Cantimori non si rese conto prima del 1964 del grave pericolo rappresentato dalla Premessa di Tommaso Fiore? Ossola ce lo spiegherà in qualche suo prossimo, parimenti breve e fulminante, testicciuolo. A volo d’uccello, sì come suole.
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Quale effetto ebbe più in generale sulla cultura italiana l’ostilità di Cantimori verso Erasmo? Sono lieto di informarvi che non le riuscì di seppellire sotto un una cappa di piombo il suo capolavoro. Merito del samizdat? No, no. Tra il 1945 ed il 1966 l’Elogio della pazzia/follia oltre che da Einaudi, fu stampato dagli editori Colombo, Curcio, Istituto editoriale italiano, L’Espresso, Laterza, Mondadori, Mursia, Nuove edizioni romane, Rizzoli, Sonzogno. Da alcuni anche più volte. Sempre farina del sacco dell’Opac Sbn.
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Mi creda signor pretore. Non ho conosciuto il professor Delio Cantimori. Con lui non ho legami di parentela o di affinità. Non mi sono mai occupato di temi di storia religiosa, di giacobinismo, di pensiero marxista, di riformatori tedeschi. Non nutro nei suoi confronti, che dio mi perdoni, nessuna particolare simpatia. Posso provarlo.
Perché dunque, mi chiede lei, ben giustamente signor pretore, inalberarsi, io untorello di mandamento, nei confronti di un Linceo, di un professore del Collège de France, del direttore dell’Istituto di Studi Italiani dell’Università della Svizzera Italiana a Lugano (maiuscole del risvolto di copertina)? Uno a cui uno come lei – mi dice giustamente il pretore – non è degno di nemmeno di spolverare i (Mephisto)-sandali?
Per amore dello sport equo e solidale, signor pretore. Un conto è la pugna d’Ettorre col Pelide. Passi (se non sai come stanno le cose) che Tancredi voglia provar Clorinda nell’armi a paragone. Ma applaudire al trionfo per ko fulminante del Tecoppa (Ferravilla) su Cantimori, bene, a questo dico no. Non solo questo fa male allo sport, di più. Nuoce alla ripresa economica e all’armonioso sviluppo delle forze produttive del nostro paese.
Mi ricordi, la prego, alla sua Signora.
Mario Infelise dice
E anche il “risarcitorio” Erasmo in Italia di Silvana Seidel Menchi qualche rapporto con Cantimori doveva pur avercelo, dato che nella dedica si legge: “A Delio Cantimori, battuta tardiva di un dialogo interrotto”.