Interventi del gruppo di ricerca “Acque alte a Mestre e dintorni” e di Pino Sartori
Sotto un titolo preso in prestito da Antonio Cederna, pubblichiamo una rielaborazione dell’intervento che Pino Sartori, membro delle associazioni la Salsola e Terra Antica, ha tenuto nell’ambito dei seminari “Acque alte a Mestre e dintorni” il 14 dicembre 2010. L’intervento è preceduto da un’introduzione dei curatori del seminario, che spiega a che punto è arrivato il Piano di assetto del territorio (Pat) del Comune di Venezia. In fondo, un post-scriptum illustra gli ultimi sviluppi della situazione.
Introduzione, di Laboratorio “Acque alte…”
Il tema del seminario Evitare futuri allagamenti (ciclo “Acque alte a Mestre e dintorni”, 14 dicembre 2010) era quello dei rischi idraulici legati ai nuovi progetti di edificazione presenti nella proposta di Piano di assetto del territorio (Pat), cioè quel nuovo piano regolatore che tutti i Comuni del Veneto devono darsi in base a una legge regionale del 2004.
La definizione del Pat del Comune di Venezia che “delinea le grandi scelte sul territorio e le strategie per lo sviluppo sostenibile; individua le principali funzioni delle diverse parti del territorio comunale e le aree da conservare e valorizzare per il loro valore ambientale, paesaggistico e storico-architettonico”, è ancora in corso e se ne sta tuttora (fine 2011) discutendo in consiglio comunale. Tra i punti più delicati c’è la questione del progetto denominato “Quadrante di Tessera”.
Il Pat di Venezia (consultato nella versione provvisoria che abbiamo ricevuto dal consigliere comunale Domenico Ticozzi) dichiara come linee guida dello sviluppo territoriale i seguenti criteri: “scala metropolitana, sviluppo senza consumo di suolo, dotazione infrastrutturale”; tuttavia prevede a Tessera un’“Area attrezzature economiche varie” di 376.000 metri quadri e un’“Area sportiva e spettacolo” di 594.000 metri quadri, che sommate fanno 970.000 metri quadri (per dire: più di due volte la superficie della Città del Vaticano). Questo nuovo amplissimo complesso di aree edificabili non corrisponde al Piano Regolatore Generale vigente, ma coincide con una “osservazione” presentata congiuntamente alla Giunta Regionale da due privati – Save spa (la società che gestisce l’aeroporto Marco Polo di Venezia) e Marco Polo srl (la società immobiliare del Casinò di Venezia) – il 25 luglio 2008, con quattro anni di ritardo sui tempi previsti per l’adozione dello strumento urbanistico “Quadrante di Tessera” (dell’allora giunta Costa).
In dettaglio, il Pat prevede: a) 60mila nuovi abitanti nel comune di Venezia nei prossimi dieci anni (quando il comune di Venezia dal 2001 al 2010 è passato da 270.963 a 270.884 abitanti); b) la costruzione del “Quadrante di Tessera” (definito “contesto territoriale destinato a programmi complessi”), da attuare con procedure straordinarie, completamente urbanizzabile ed edificabile (anche se l’assessore della giunta comunale di Venezia Ezio Micelli parla di “nuovo consumo di suolo zero”); c) tra il Quadrante e l’aeroporto viene lasciata una vasta area vuota dove il Piano aeroportuale pubblicato dalla Save prevede il raddoppio delle piste aeroportuali, contestato da anni dagli abitanti; d) drastica riduzione delle grandi aree destinate a bosco nel Prg e nel Palav (Piano di area della laguna veneziana), destinando a “compensazione” un’area a bosco a est del Quadrante di 1.055.000 metri quadri; e) il tracciato della Tav Trieste-Venezia non lungo la linea ferroviaria attuale, ma lungo la gronda lagunare; f) una indeterminata “Linea di forza del trasporto lagunare” (la sublagunare); g) un “carico insediativo aggiuntivo” superiore a 2 milioni di metri cubi rispetto a quanto previsto dal Prg vigente, prevedendo 350mila metri quadri destinati ad attività commerciali e uffici, 110mila ad attività turistico-alberghiere, e 50mila ad attività produttive.
Stefano Boato, che ha elaborato questi dati (S. Boato, Tessera City. Come spianare la strada alla speculazione. Due immagini e una storia, Corte del Fontego editore, Venezia 2011, pp. 26-30) conclude: «[…] tutte le grandi infrastrutture pubbliche […] vengono realizzate non per soddisfare i bisogni di mobilità della popolazione ma per rendere appetibile agli investimenti il nuovo grande polo urbano, valorizzandone le aree. La giunta intravede un radioso futuro […] nell’interesse manifestato da un gruppo d’investitori russi che chiedono di realizzare nell’area, oltre allo stadio per la società “Venezia calcio” (già da loro acquistata), anche una “accademia per i ragazzi di business e sport”, dieci campi da calcio per il ritiro invernale delle squadre russe, due alberghi, attività direzionali e “anche altri progetti”».
Il gruppo di ricerca “Acque alte a Mestre e dintorni” ha chiesto a Pino Sartori, che con l’associazione la Salsola è da tempo impegnato nella difesa e nella riscoperta dei valori etnografici e ambientali della laguna di Venezia e della gronda lagunare di Campalto, di descrivere il territorio dove dovrebbe sorgere questo amplissimo complesso di aree edificabili denominato “Quadrante di Tessera”. Il testo che segue è una rielaborazione dell’intervento fatto da Pino Sartori al seminario Evitare futuri allagamenti del 14 dicembre 2010.
Le trame dell’ambiente a Tessera, di Pino Sartori
L’ambiente naturale di Tessera / Ca’ Noghera
Il territorio di terraferma del Comune di Venezia che cinge l’area urbana di Mestre soprattutto nel quadrante nord-est è una importante testimonianza non solo di aree a prevalente utilizzo e destinazione agricola del comprensorio perilagunare ma anche della fascia di transizione ecosistemica da tipologie di biotopi planiziali (boschetti, praterie, zone umide di acqua dolce, …) alle forme di ambienti salmastri tipici della laguna.
A partire dalle aree immediatamente a nord di Mestre, in corrispondenza del sistema boschivo di Carpenedo in direzione est si susseguono in siepi, boschetti, giardini, numerose tracce di vegetazione riferita al querco-carpineto tipico delle zone planiziali e non è raro imbattersi in esemplari, talvolta vistosi, di Farnia (Quercus robur), di Frassini maggiore e ossifillo (Fraxinus excelsior, F. angustifolia), Carpino bianco (Carpinus betulus), Acero campestre (Acer campestre), Tilia cordata (Tilia cordata), Ontano nero (Alnus glutinosa), Salici (Salix spp.), Pioppo bianco (Populus alba), accompagnati da corteggi di arbusti caratteristici delle siepi di pianura.
Talvolta questi luoghi, come quello di Forte Cosenz, diventano davvero preziosi naturalisticamente per la presenza di alcune specie di flora rare, che comprovano che questa fascia di territorio ha una preminente vocazione ecologica che i nostri amministratori dovrebbero attentamente considerare. Lo comprovano anche le rilevazioni dei faunisti che hanno osservato, in corrispondenza delle aree da poco dedicate all’espansione del progetto “Bosco di Mestre”, specie di tritone crestato (Triturus carnifex), tritone punteggiato (Triturus vulgaris meridionalis), rana agile (Rana dalmantina) e rana di Lataste (Rana latastei). Ma anche tra i rettili: il biacco (Coluber viridiflavus), il colubro liscio (Coronella austriaca), la natrice dal collare (Natrix natrix), il ramarro occidentale (Lacerta bilineata) e la testuggine palustre europea (Emys orbicularis).
Si possono trovare, soprattutto nel periodo riproduttivo, specie di uccelli legati agli ambienti boschivi o coltivi con siepi come picchio rosso maggiore (Picoides major), torcicollo (Jynx torquilla), cuculo (Cuculus canorus), civetta (Athene noctua), cinciallegra (Parus major), usignolo (Luscinia megarhynchos) e ghiandaia (Garrulus glandarius). Segnalati passeriformi degli ambienti agrari diversificati come cutrettola (Motacilla flava), averla cenerina (Lanius minor), saltimpalo (Saxicola torcuata) e allodola (Alauda arvensis). Nel periodo invernale sono stati visti poiana (Buteo buteo) e sparviere (Accipiter nisus).
Tra i mammiferi, le specie che frequentano queste zone sono toporagno acquaiolo di Miller (Neomys anomalus), toporagno di Arvonchi (Sorex arunchi), crocidura ventrebianco (Crocidura leucodon), crocidura minore (Crocidura suavolens), il riccio europeo occidentale (Erinaceus europaeus), l’arvicola di Savi (Microtus savii), l’arvicola campestre (Microtus arvalis), l’arvicola terrestre (Arvicola terrestris), il topo selvatico (Apodemus sylvaticus), la donnola (Mustela nivalis) e il tasso (Meles meles).
Questo territorio ancora ricco di siepi, macchie verdi, intersecato da fossati, corsi d’acqua minori della bonifica (cosiddette “acque basse”), e limitato a nord dal fiume Dese, costituisce una vera rete ecologica, una infrastruttura verde indispensabile all’equilibrio ecologico di un ambito densamente urbanizzato come la terraferma del Comune di Venezia.
Ma il complesso di questi territori agricoli, che costituiscono di fatto la “green belt” di Mestre, svolge anche un’altra funzione vitale per la città. Essendo gli unici territori liberi dall’edificazione costituiscono la garanzia per un corretta gestione delle criticità idrauliche di un ambito che le ha già vissute in più di una occasione. Insomma sono la fidejussione che non possono darci le vasche di prima pioggia o i piccoli bacini di laminazione per stoccare precipitazioni intense e non previste.
L’elemento sconcertante che emerge dalla lettura dei documenti proposti per la nuova pianificazione del Comune di Venezia (Piano di Assetto del Territorio, Pat) è che l’analisi territoriale è così frammentata in tante voci settoriali burocratiche e aspecifiche – cioè non legate alle discipline territoriali specialistiche (per esempio: Tavole dei vincoli, delle invarianti, delle fragilità, delle trasformabilità, dei valori e tutele, ecc.) che si perdono i significati di funzioni sinergiche evidenti fra reti ecologiche, reti idrologiche, contesti del paesaggio rurale della bonifica, e anche i sistemi produttivi agricoli.
Il valore di questi territori non può essere vagamente approssimato con le tecniche di estimo economico, ma va indicizzato in funzione della protezione idraulica che assicurano in casi di nuove copiose precipitazioni, della conservazione delle biodiversità agraria e naturale, e anche del contesto paesaggistico tipico della bonifica.
Un’altra riserva che si può muovere al Pat è che le indicizzazioni della naturalità del territorio (cfr. Allegato 3 relazione agronomica-ambientale) sono esclusivamente basate su rilievi di tipo vegetazionale (semplificato) e omettono (volutamente o sbadatamente?!?) un approccio conoscitivo della fauna che invece rivela anche l’importanza di micro ambienti (come i fossi e piccoli corpi idrici) nella valutazione della destinazione di un ambito territoriale. Ne consegue che territori assolutamente analoghi e contigui nel progetto assumono incomprensibili destinazioni diverse.
Se infine ci si dimentica di considerare che gran parte dei terreni dell’ambito orientale del Comune giacciono a quote declinanti fino a circa 2 metri sotto il livello del medio mare, ci si rende edotti che scelte di nuove urbanizzazioni in questi luoghi sono da avventurieri incoscienti.
Testimonianze storiche ed archeologiche
Se agli appunti sopra citati aggiungiamo elementi conoscitivi della storia e dell’archeologia di questo territorio si comprende davvero la specificità di un contesto ambientale complesso e antico.
È noto a tutti che la parte orientale del territorio veneziano custodisce le tracce più o meno nascoste del percorso dell’antica strada romana “Annia-Emilia-Altinate” che consentiva il collegamento fra l’antica Padova e il centro della penisola italica con Altino, Concordia e Aquileia. Tracce importanti sono comprovate dai ritrovamenti di Marcello (1956 e successivi) e altri, poi custodite nel Museo di Altino. Di detta via hanno scritto numerosi cultori della storia di Venezia (Filiasi, Mutinelli, Gallicciolli, Tentori, Morolin, Sandi, Temanza, ecc.) dai quali si capisce che esiste un evidente ascendente dell’origini di Venezia nell’Altino romana, e in altri insediamenti costieri dell’antichità.
Cito da Margherita Tirelli, Il museo archeologico nazionale e le aree archeologiche di Altino (Editoriale programma, Padova 1993): “Nel 131 a.C. il pretore T. Annio Rufo fece costruire un’importante strada denominata Annia per collegare Padova, Altino, Concordia ed Aquileia. Per chilometri, fuori della città, le strade erano affiancate da necropoli monumentali, costituite da recinti funerari e da mausolei di grandi dimensioni, che davano lustro al defunto ed alla sua casata ed un’immagine di prosperità e potenza alla città nel suo complesso. Inoltre, a distanze regolari (5-6 miglia) vennero istituite le cosiddette ‘mutationes’ (stazioni dove i corrieri postali potevano effettuare il cambio dei cavalli). A 3 miglia da Altino vi era la ‘mutatio ad tertium’ (presso l’attuale località di Terzo), a 9 miglia la ‘mutatio ad nonum’ (presso l’attuale Forte Marghera)”.
Quindi le tracce della via Annia, ancorché visibili da una semplice foto aerea, hanno una profonda ragione di continuare essere una delle radici fondative del territorio di Tessera e Ca’ Noghera da preservare da trasformazioni urbane e banalizzazioni culturali che invece possono essere dirottate su territori già irrimediabilmente trasformati.
Foto aerea del territorio di Tessera con evidenziato dalle frecce il tracciato sommerso della via Annia.
La storia di questi luoghi si arricchisce anche di ulteriori testimonianze alto medievali e moderne legate a presenze di monasteri, pievi e piccoli abitati (vedi la Torre di Tessera del IX secolo) che non fanno altro che confermare che questo territorio merita considerazioni e progetti ben diversi (si ricorda il progetto di legge VI legislatura per un parco archeologico di Altino comprendente anche i territori limitrofi di Tessera e Ca’ Noghera) dalla replica di un’altra pista aeroportuale o dalla realizzazione di una nuova città del divertimento che suscita l’interesse prevalentemente di speculatori edilizi, e capitali maleodoranti.
Postscriptum Pino Sartori ha pubblicato una versione del suo intervento, leggermente modificata e con un'aggiunta rispetto a questa, anche sul sito dell'associazione Terra Antica. Nel frattempo, il 2 gennaio 2011, mentre si sta avvicinando la data in cui i consiglieri comunali di Venezia saranno chiamati a votare la proposta di Pat, Michele Boato ha lanciato uno sciopero della fame per sensibilizzare sulla questione. Le ragioni del digiuno sono spiegate in questo video. La protesta di Boato è sostenuta da quaranta associazioni che si sono unite in un Coordinamento per un AltroPat. Con le adesioni di altre persone, tra cui lo stesso Sartori e Fabrizio Zabeo del Comitato allagati di Favaro, la protesta sta diventano uno sciopero della fame a staffetta.
Tullio Padovese dice
Seguo con interesse ma da lontano la vicenda del PAT; è la dimostrazione palese di come i politici siano incapaci di uscire dal cul de sac di un cannibalismo ambientale nel quale città in stallo demografico divorano il proprio territorio “disponibile” devolvendolo all’ottusa uniformità del cemento; tutto questo per dare ossigeno alle casse esangui di quattro costruttori rimasti “col cerino in mano”, reduci sconfitti della mezza bolla immobiliare di cui sono stati, peraltro, i principali responsabili.