di Maria Turchetto
Torniamo sulle vicende del 7-9 gennaio, di nuovo con Maria Turchetto che già ci aveva mandato una sua reazione a caldo e ora presenta brevemente il pensiero e l’opera di una delle vittime degli attentati, l’(anti)economista Bernard Maris.
C’è un personaggio davvero notevole fra le vittime della strage al Charlie Hebdo. Non che vignettisti e umoristi come il direttore Charb, Wolinski, Cabu, Tignous non fossero notevoli. Ma Bernard Maris, che sul Charlie si firmava Oncle Bernard, è davvero un caso speciale.
Bernard Maris era un economista: professore di Scienze Economiche all’Institut d’Études Européennes di Parigi, era consigliere della Banca Centrale di Francia. Ma anche militante dei Verdi e membro del consiglio scientifico di Attac France, uno dei maggiori movimenti no-global francesi. Non per il gusto di tenere i piedi in due staffe: perché era un oppositore (alle politiche economiche europee, alle ricette del FMI, al pensiero unico neoliberista, al capitalismo) intransigente e radicale impossibile da emarginare – e perciò prezioso.
Bernard Maris era un economista che odiava gli economisti. Non tutti gli economisti: stimava certamente Keynes («non se ne abbiano a male i moderni cultori della Scienza Economica in maiuscole e cappello a punta: Keynes è stato, oltre che un esperto di statistica, uno spirito universale, dotato di un’immensa cultura, capace di abbracciare tanto la storia che la filosofia, la logica, le matematiche e ovviamente l’economia del suo tempo» – da Bernard Maris, Keynes ou l’économiste citoyen, Presses de Science Po, Paris 1999 e 2007) e Marx («È poco dire che l’opera di Marx è stata rivoluzionaria, come lo sono state la teoria della relatività nel mondo di Newton e la nascita di Harry Potter nel mondo del Petit Prince» – Marx ô Marx, pourquoi m’as-tu abandonné?, Éd. les Échappés, Paris 2010). Bernard Maris odiava i «guru dell’economia che ci prendono per imbecilli», maestri nell’arte di giustificare a posteriori l’infondatezza delle proprie previsioni (Lettre ouverte aux gourous de l’économie qui nous prennent pour des imbéciles, Albin Michel, Paris 1999, ed. aumentata Seuil, Paris 2003, trad. it. Lettera aperta ai guru dell’economia che ci prendono per imbecilli, trad. di Francesco Bruno, Ponte alle Grazie, Milano 2000). Odiava gli economisti main stream, gli adepti della scuola neoclassica e dell’individualismo metodologico che descrivono la società come una somma di atomi “razionali” unicamente obbedienti al calcolo di costi e benefici, cui nessun comportamento sembra sfuggire: «sei altruista? è perché sei egoista e razionale e la tua generosità ti procurerà qualche vantaggio. Partecipi ai Ristoranti del cuore? è perché sei un freddo calcolatore che cerca profitti sul piano morale. Ti impicchi? è perché hai calcolato che la tua vita non valeva più nulla e hai razionalmente economizzato con una corda» (Houellebecq économiste, Flammarion, Paris 2014). Odiava gli economisti apologeti del mercato: «Gli economisti raccontano che il funzionamento delle società è naturale, che lo scambio di mercato è primordiale e naturale, che la concorrenza è anch’essa qualcosa di naturale, che non si può contraddire il mercato. Se per mercato s’intende il “girotondo dei potenti” (analisti, esperti, multinazionali, banche d’affari, agenzie di rating, giornalisti finanziari, uomini politici) è vero. Ma non vi è nulla di meno naturale di un mercato creato, organizzato, istituzionalizzato a favore di interessi molto particolari, né vi è nulla di più inefficiente. La storia, la genesi dei mercati, dei prodotti, delle invenzioni, le loro relazioni con la sociologia, l’antropologia, i costumi, la psicologia, la geografia, la politica – di tutto questo dovrebbe occuparsi una buona analisi economica, che privilegi la storia, i fatti. Tutto il resto è solo ideologia» (Antimanuel d’économie, Bréal, Rosny 2003, trad. it. Antimanuale di economia, trad. di Giovanni Negro, Marco Tropea, Milano 2005). Odiava gli economisti che – come diceva Keynes – semplicemente “non sanno”: non sanno che la sfera della produzione e del consumo è soggetta a variabili storiche, sociali, geografiche e antropologiche imponderabili che nessun modello economico può imbrigliare.
La morte di Bernard Maris è una perdita incalcolabile (a dispetto dei calcoli universali degli economisti). Perché hanno ammazzato questo antieconomista che denunciava le responsabilità dell’Occidente imperialista e gli orrendi interessi economici che supportano le guerre (Philippe Labarde, Bernard Maris, Ah, que la guerre économique est jolie!, Albin Michel, Paris 1998)? La Storia ha un ben strano senso dell’ironia.