di Marco Toscano
Nono appuntamento con le letture del nostro amico Marco Toscano intorno alla prima guerra mondiale, e alla guerra in generale.
Cari di storiAmestre,
nella scheda dedicata a Helena M. Swanwick ho ricordato, tra quanti si impegnarono nell’Union of Democratic Control, Leonard Woolf. Ed è a sua moglie Virginia, che dal marito prese il cognome, che dedico questa scheda. Come accadde alla sua generazione, Virginia Woolf (1882-1941) rifletté tutta la vita su come contrastare i motivi che avevano portato alla guerra e impedirne di nuove. Nel 1914 aveva trentadue anni, viveva a Londra ed era inserita in un circolo di intellettuali obiettori di coscienza o comunque contrari all’entrata in guerra dell’Inghilterra.
Vent’anni dopo (si era nel 1936-37) il segretario di un’associazione antifascista le chiese di fare qualcosa per prevenire la guerra, e lei, come si sa, rispose con un libro dal titolo Le tre ghinee, in cui si chiedeva come evitare che gli uomini vedessero nella guerra “una fonte di felicità e di esaltazione”, “uno sbocco per le virtù virili senza le quali l’uomo si deteriorerebbe” (p. 26).
Nelle prime pagine del libro Virginia Woolf riporta a conferma del giudizio sulla passione maschile per la guerra le parole di un ufficiale inglese in procinto di partire per il fronte nell’agosto 1914: “Grazie a Dio tra un’ora si parte. Che grande reggimento è il mio, con gli uomini migliori, i cavalli migliori! Tra una decina di giorni al più tardi vedremo in faccia i tedeschi, e Francis e io gli cavalcheremo incontro fianco a fianco” (p. 26). A queste parole Virginia Woolf contrappone quelle di Wilfred Owen, un poeta inglese ucciso nella prima guerra mondiale, che nei suoi appunti aveva lasciato scritto: “L’innaturalità delle armi…. Disumanità della guerra… L’insopportabilità della guerra… L’orrenda bestialità della guerra… Stupidità della guerra”; e ancora: “L’essenza del cristianesimo è in contraddizione con l’essenza del patriottismo” (p. 27).
Anche le donne, e non solo gli uomini, avevano partecipato alla “assurda agitazione dell’agosto del 1914”, precipitandosi negli ospedali (sul vostro sito si leggono già le pagine in cui Agatha Christie racconta la sua esperienza di infermiera volontaria), alcune accompagnate dalla cameriera, guidando camion o lavorando nelle fabbriche di munizioni: e più ancora usando “le loro inesauribili riserve di fascino e di simpatia per convincere i giovani che combattere era eroico, e che i feriti sul campo di battaglia erano degni di tutte le loro cure e di tutto il loro encomio” (p. 64).
Da dove cominciare per trovare una via di uscita? Una delle tre ghinee offerte al segretario dell’associazione antifascista come contributo per la pace è destinata all’istruzione delle figlie delle donne che non avevano potuto studiare, perché avessero possibilità di intraprendere le libere professioni. Non si trattava però di estendere alle donne l’istruzione maschile, che insegnava agli uomini le attitudini e le abilità necessarie a fare la guerra, ma di dar vita a un’istruzione nuova, che si proponesse di “cancellare la disumanità, la bestialità, l’orrore, la follia della guerra” (e qui possiamo sentire un’eco delle poesie di Wilfred Owen). «Prenda dunque questa ghinea, e la usi non per bruciare l’edificio, ma per una grande luminaria. Risplendano tutte le sue finestre. Che le figlie delle donne incolte intreccino una danza intorno alla nuova casa, la povera casa, la casa che dà su un vicolo dove passa l’autobus e si sente il grido dei venditori ambulanti; che cantino tutti insieme: “Basta con le guerre! Basta con la tirannide!”» (p. 117).
Non è questo l’unico scritto in cui Virginia Woolf riflette sulla prima guerra mondiale. Uno dei personaggi del romanzo La signora Dalloway (1925) è Septimus Warren Smith, che soffre di disturbi mentali dopo aver visto un amico morire in guerra, e che si getta da una finestra davanti alla moglie poco prima di essere rinchiuso in una clinica. Ma qui voglio riprendere un brano di un celebre scritto di Virginia Woolf, Pensieri di pace durante un’incursione aerea. Benché si riferisca a uno dei bombardamenti di Londra nei primi mesi della seconda guerra mondiale (lo scritto è dell’agosto 1940), Virginia Woolf ricorda la prima guerra mondiale come esempio della venerazione maschile per le medaglie e i riconoscimenti: un istinto, conclude, coltivato dalla tradizione e dalla cultura, che era necessario sostituire con attività più onorevoli e con sentimenti creativi che mirassero alla felicità.
Pochi mesi dopo, nel marzo 1941, Virginia Woolf si suicidò, lasciandosi annegare in un fiume.
Ringraziandovi dell’attenzione, vi saluta il vostro
Marco Toscano
Togliere dai cuori degli uomini l’amore delle medaglie e delle decorazioni, di Virginia Woolf
Cade una bomba. Tutte le finestre tremano. I cannoni antiaerei entrano in azione. Là, sull’alto del colle, sotto una rete con pezzi appiccicati di stoffa verde e bruna, imitando i colori delle foglie d’autunno, si nascondono i cannoni. Ora sparano tutti insieme. Il giornale delle donne ci dirà: «Questa sera sono stati abbattuti quarantaquattro aerei nemici, dieci dei quali dal fuoco antiaereo». E una delle condizioni della pace, dicono gli altoparlanti, sarà il disarmo. Non ci saranno più armi, né esercito, né marina, né forza aerea nell’avvenire. I giovani non saranno più addestrati a combattere con le armi. Quello sveglia un altro calabrone nelle camere del cervello, un’altra citazione: «Combattere contro un nemico reale, meritare eterno onore e gloria uccidendo dei perfetti sconosciuti, e tornare a casa con il petto coperto di medaglie e di decorazioni, quello era il colmo delle mie speranze… A questo era stata dedicata, finora, tutta la mia vita, la mia educazione, la mia preparazione, tutto…»
Queste sono le parole di un giovane inglese combattente nell’ultima guerra. Davanti a queste parole, possono credere onestamente i pensatori dell’accennata corrente che scrivendo «disarmo» su un pezzo di carta in una conferenza di ministri avranno fatto tutto ciò che si doveva fare? Otello non avrà più occupazione ma sarà sempre Otello. Quel giovane aviatore in cielo non è spinto soltanto dalle voci degli altoparlanti; è spinto anche dalle voci che ascolta in sé, antichi istinti, istinti incoraggiati e nutriti dall’educazione e dalla tradizione. […] Dobbiamo aiutare i giovani inglesi a togliere dai loro cuori l’amore delle medaglie e delle decorazioni. Dobbiamo creare attività più onorevoli per coloro i quali cercano di dominare in se stessi l’istinto combattivo, l’inconscio hitlerismo. Dobbiamo compensare l’uomo per la perdita delle sue armi.
Il rumore di sega sulle nostre teste aumenta. Tutti i riflettori puntano in alto, verso un punto sito esattamente sopra questo tetto. In qualunque momento può cadere una bomba in questa stanza. […] Non appena la paura scompare, la mente affiora di nuovo e istintivamente cerca di rivivere creando. Siccome la stanza è al buio, può creare soltanto con la memoria. Si protende verso il ricordo di altri agosti, a Bayreuth, ascoltando Wagner; a Roma, passeggiando per la campagna romana; a Londra. Ritornano le voci degli amici; frammenti di poesia. Ognuno di questi pensieri, anche nella memoria, era assai più positivo, rinfrescante, consolante e creativo di quanto non lo fosse quell’opaco spavento, fatto di paura e di odio. Perciò, se vogliamo compensare quel giovane della perdita della sua gloria e della sua arma, gli dobbiamo aprire l’accesso ai sentimenti creativi. Dobbiamo fabbricare felicità. Dobbiamo liberarlo dalla macchina. Dobbiamo tirarlo fuori dalla sua prigionia, all’aperto. Ma a che cosa serve liberare il giovane inglese, se il giovane tedesco e il giovane italiano rimangono schiavi?
Nota. Ho ripreso Pensieri di pace durante un’incursione aerea da Virginia Woolf, Per le strade di Londra, introduzione di Attilio Bertolucci, trad. di Livio Bacchi Wilcock e J. Rodolfo Wilcock, Il Saggiatore, Milano 1981 (seconda ed.), pp. 158-162; il saggio è consultabile con il titolo Pensare la pace durante un raid aereo, nella traduzione e cura di Roberta Cimarosti, in “DEP. Deportate, esuli, profughe. Rivista telematica di studi sulla memoria femminile”, 18-19 (2012), pp. 224-228, consultabile online.
Virginia Woolf, Le tre ghinee, introduzione di Luisa Muraro, trad. di Adriana Bottini, Feltrinelli, Milano 1979. La citazione “Grazie a Dio tra un’ora si parte…”, ibid., p. 26, Virginia Woolf la prende da John Buchan, Francis and Riversdale Grenfell. A memoir, T. Nelson & Sons, London 1920, p. 189, consultabile online. La citazione su Septimus Warren Smith volontario nella prima guerra mondiale è da Virginia Woolf, La signora Dalloway, trad. di Laura Ricci Doni, con in appendice uno scritto di Paul Ricoeur, SE, Milano 1992, p. 92. (m.t.)
Le puntate precedenti:
8. La rivolta della Catanzaro, da Plotone di esecuzione
7. Emilio Lussu, Un episodio di decimazione
6. Corina Corradi, La scena si faceva sempre più spaventosa
5. Helena M. Swanwick, Il senso dell’onore è causa di guerre
4. Romain Rolland, Ciascuno ha il suo Dio e combatte quello degli altri
3. Guglielmo Ferrero, Cesarismo, burocrazia, esercito
2. Bertha von Suttner, La storia insegna l’ammirazione per la guerra