di Marco Toscano
Nuovo appuntamento con le letture del nostro amico Marco Toscano intorno alla prima guerra mondiale, e alla guerra in generale.
Cari di storiAmestre,
mi è capitato di conoscere e di discutere per mail con Davide Zotto, dopo che vi ha mandato la sua scheda su Stefan Zweig. A entrambi, la scena davanti alla bottega di barbiere descritta da Karl Kraus e il richiamo all’amicizia tra Kraus e Elias Canetti ci han fatto venire in mente un passaggio dell’autobiografia di quest’ultimo: La lingua salvata.
Nel 1914, Elias Canetti (1905-1994) compiva nove anni e viveva con la madre e i fratelli più piccoli a Vienna. Nato in Bulgaria da famiglia ebraica che parlava giudeospagnolo (ma i genitori tra loro parlavano tedesco), dopo un soggiorno in Inghilterra e grazie a una governante gallese, Elias Canetti con i fratelli parlava inglese. Il 1° agosto 1914 Elias si trovava con i fratelli e la madre in un parco di Baden, località termale nei pressi di Vienna dove stavano trascorrendo l’estate. All’improvviso arrivò la notizia che la Germania aveva dichiarato guerra alla Russia. L’orchestra stava suonando sotto la direzione di un maestro che i bambini chiamavano con il nomignolo inglese Carrot, cioè Carota: e qui accade l’episodio che ho scelto per la mia scheda. Unica cosa da sapere: la musica dell’inno tedesco era la stessa, con parole diverse, dell’inno britannico God save the King.
In poche parole, gli episodi descritti da Kraus e da Canetti fanno riflettere sull’immagine del traditore e del nemico nell’epoca delle guerre nazionali, e sul ruolo che in tutto questo ebbe la prima guerra mondiale, quando i cittadini di Stati nemici vennero guardati con sospetto, furono oggetto di attacchi da parte della folla e internati in campi.
Come ho ricordato presentando Gli ultimi giorni dell’umanità, Canetti considerava Kraus suo maestro, ma ruppe con lui quando quest’ultimo nel 1934 sostenne il cancelliere Dollfuss nella speranza che potesse impedire l’ascesa del nazismo. Nel 1938 Canetti riparò con la moglie prima a Parigi e poi a Londra. Passò gli ultimi anni di vita a Zurigo.
Ringraziandovi per l’ospitalità a queste mie schede di lettura, vi manda un caro saluto il vostro
Marco Toscano
Inni nazionali e facce stravolte dall’odio, di Elias Canetti
Un giorno, credo che fosse il 1° di agosto, ebbero inizio le dichiarazioni di guerra. Carrot stava dirigendo l’orchestra quando qualcuno gli passò un foglietto: egli lo aprì e, interrotta la musica, batté con forza la bacchetta sul leggio e lesse con voce squillante: «La Germania ha dichiarato guerra alla Russia». Immediatamente l’orchestrina intonò l’inno imperiale austriaco, tutti, anche quelli seduti sulle panchine, si alzarono in piedi e cantarono in coro: «Dio conservi, Dio protegga il nostro imperatore e il nostro Paese». Io quell’inno lo conoscevo dalla scuola e un po’ titubante cantai con gli altri. Seguì immediatamente dopo l’inno nazionale tedesco: «Salute a te, o trionfatore». Era lo stesso inno che con parole diverse conoscevo dall’Inghilterra come God save the King [«Dio salvi il re»]. Sentivo però che in questo caso era rivolto contro l’Inghilterra. Forse fu per vecchia abitudine, forse anche un po’ per ripicca, fatto sta che mi unii al coro con quanta voce avevo in corpo, cantando le parole inglesi, e i miei fratellini, nella loro innocenza, mi vennero dietro con le loro flebili vocette infantili. Essendo stretti in mezzo alla folla, il nostro canto non poteva non essere udito da tutti. Improvvisamente vidi intorno a me facce sconvolte dall’ira, e braccia e mani che si abbattevano su di me. Persino i miei fratelli, compreso il più piccolino, George, si presero un po’ delle botte destinate a me, che avevo ormai nove anni. Prima che la mamma, che era stata sospinta un po’ lontano da noi, si rendesse conto di quel che stava accadendo, tutti si misero a picchiarci in una grande confusione. Ma ciò che più m’impressionò furono le facce stravolte dall’odio. Qualcuno certamente avvertì la mamma, perché lei si mise a gridare forte: «Ma sono bambini!». Ci raggiunse a fatica, ci afferrò tutti e tre e si mise a gridare infuriata contro quella gente, che a lei non fece nulla perché parlava il tedesco come una viennese; alla fine ci lasciarono persino uscire dalla ressa più fitta.
Io non compresi bene che cosa avessi fatto di male; a maggior ragione, quindi, quella prima esperienza di una massa ostile mi si impresse indelebilmente nell’animo. L’effetto fu che per tutta la durata della guerra, fino al 1916 a Vienna, e in seguito a Zurigo, i miei sentimenti rimasero profondamente inglesi. Ma da quelle percosse qualcosa avevo imparato: finché rimasi a Vienna mi guardai bene dal lasciar trapelare qualcosa dei miei sentimenti. Ora fuori di casa ci era severamente proibito di dire una sola parola d’inglese. Mi attenni a questa regola; e tanto più fervidamente mi dedicai in compenso alle mie letture inglesi.
Nota. Tratto da Elias Canetti, La lingua salvata. Storia di una giovinezza (1977), trad. di Amina Pandolfi e Renata Colorni, Adelphi, Milano 1991 (prima ed. it. 1980), pp. 124-125. (m.t.)
Le puntate precedenti:
11. Karl Kraus, Davanti a una bottega di barbiere
10. Jaroslav Hašek, Quale Ferdinando, signora Müller?
9. Virginia Woolf, Togliere dai cuori degli uomini l’amore delle medaglie e delle decorazioni
8. La rivolta della Catanzaro, da Plotone di esecuzione
7. Emilio Lussu, Un episodio di decimazione
6. Corina Corradi, La scena si faceva sempre più spaventosa
5. Helena M. Swanwick, Il senso dell’onore è causa di guerre
4. Romain Rolland, Ciascuno ha il suo Dio e combatte quello degli altri
3. Guglielmo Ferrero, Cesarismo, burocrazia, esercito
2. Bertha von Suttner, La storia insegna l’ammirazione per la guerra
davide zotto dice
Lo stesso episodio viene raccontato, partendo dallo stesso testo, in forma di "poesia narrativa" da Gilberto Forti in un libro dedicato in gran parte alla prima guerra mondiale, basandosi su memorie e avventure di scrittori legati all'impero asburgico. L'episodio viene contestualizzato e collegato a note che permettono di ritrovare il testo originale per chi volesse approfondire. A ogni personaggio dedica un capitolo di un paio di pagine: ritroviamo Krauss, Zweig, Hasek, Kafka, Rilke, Svevo e altri. Gilberto Forti, "Il piccolo almanacco di Radetzky", Adelphi (Piccola Biblioteca), Milano 1983 (ultima riedizione 2010).