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Scatola di latta (primi anni Trenta)

16/10/2012

di Antonella Turra

   

 

È una scatola di latta che ho sempre visto nell’armadio di mia mamma e che apparteneva alla mia nonna materna; si è salvata, insieme al suo contenuto, da diversi traslochi, durante e dopo la seconda guerra mondiale (la casa dei miei nonni era stata bombardata). Adesso, continuando la tradizione di famiglia, la tengo nel mio armadio.

È di colore verde scuro sul quale spiccano dei rami di rose selvatiche di un rosso stinto e reca nel mezzo una scritta in oro “Cachet Rosa” con sotto la dicitura “Infallibile”. Da una scritta in alto si scopre che conteneva rimedi per “Mali di testa, di denti, reumi, nevralgie”.

La cosa più affascinante, per me quand’ero piccola, era il contenuto: un paio di guanti lunghi di pelle bianca, un po’ consunti, quelli che nelle foto d’epoca portavano le donne del primo Novecento; due piume nere, penso di struzzo, che non so proprio a cosa servissero; un fermaglio di metallo, forse per cintura, in puro stile liberty e una borsettina di stoffa nera su cui sono applicate, a mo’ di ricamo, piccole sfere di metallo che creano un motivo ornamentale.

Con quegli oggetti potevo interpretare i personaggi delle favole che tanto amavo farmi raccontare; regista di tutto questo era un a vecchia zia che viveva con noi e mi aiutava a creare estrosi travestimenti.

Archiviato in:Antonella Turra, Oggetti

Libri di conti (anni Sessanta-Ottanta)

30/09/2012

di Filippo Benfante

   

 

Sono due dei libri di conti che teneva mia mamma. Quello ad anelli, formato A5 con una copertina-custodia di tela a fiori che si chiude con un bottone, comincia con un frontespizio: “Libro dei conti”. Contiene annotazioni dal 1971 al 1988 relative a sintesi di entrate e uscite, situazione di conto corrente e risparmi. Sono segnate le spese eccezionali, per esempio un motorino nel 1977; la tv a colori e un viaggio a Parigi nel 1978; la quota per il rifacimento della facciata del condominio nel 1979; una gita a Firenze nel 1984; ecc. Per gli anni Settanta ci sono anche i bilanci preventivi che mia mamma faceva a inizio anno, con i relativi scarti a consuntivo. Non escludo che siano andati smarriti dei fogli per colpa di fori rotti.

Quello a spirale, formato A4 con copertina marrone di cartone, è un contenitore di oggetti: si direbbe l’inventario di un corredo mentre si faceva (mia mamma si sposò nell’aprile 1962); è suddiviso per stanze (cucina, soggiorno, sala da pranzo, camera, cameretta, bagno) di una casa che non ho conosciuto, mentre alla pagina “Varie” si trovano accessori e piccoli elettrodomestici; accanto alla descrizione dell’oggetto ci sono la quantità, la data di acquisto, il prezzo. [Leggi di più…] infoLibri di conti (anni Sessanta-Ottanta)

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Soprammobile (anni Cinquanta o Sessanta)

26/09/2012

di Filippo Benfante

Bottiglia di vetro di Murano, a forma di pappagallo. Secondo una versione che giurerei di aver sentito quando ero piccolo, entrò in casa per una autogratificazione che mia mamma si concesse dopo aver riscosso il primo stipendio, dunque intorno alla metà degli anni Cinquanta. Sono altrettanto sicuro che mia mamma stessa a un certo punto, quando ero già grande, smentì la leggenda, dicendo che l’aveva comprato tempo dopo (anni Sessanta?). Possibile che io non abbia mai chiesto la storia precisa di uno degli oggetti feticcio che c’era in casa? oppure non la ricordo? (Gli studi e le letture e la storia orale: eppure solo dopo la morte di mia mamma mi sono reso conto davvero che nessuno poteva più ripetermi le storie che ascoltavo senza sforzarmi di memorizzare i dettagli, sempre certo di poterle riascoltare prima o poi; le storie di persone e cose di famiglia, per me, sono svanite più o meno tutte così.) [Leggi di più…] infoSoprammobile (anni Cinquanta o Sessanta)

Archiviato in:Filippo Benfante, Oggetti

L’8 settembre nei ricordi di Corrado Vivanti

23/09/2012

di Gigi Cameroni

Riceviamo e pubblichiamo la lettera che un nostro recente ma già buon amico ci ha spedito dopo aver letto i ricordi sull’8 settembre che abbiamo pubblicato le scorse settimane.

Cari di storiAmestre,

non mi conoscete ancora e io vi conosco da poco. Vi dico come è capitato. Una mia e vostra cara amica milanese mi ha segnalato i ricordi sull’8 settembre che avete pubblicato sul vostro sito. Mi ha colpito soprattutto la testimonianza di Angelo Vianello, con il commento di suo figlio Dario e i rimandi a storie simili segnalati da Pietro Monai. A parte che quella di Vianello è una storia che sembra di leggere i Miserabili, c’è l’emozione di quelle voci amiche sentite nel buio, voci che fanno luce, letteralmente. Persone che spontaneamente aiutano altre persone in circostanze pericolosissime e decisive. Sapremmo, saprei fare lo stesso, se capitasse? È quel che penso sempre – con timore e incertezza – quando mi imbatto in racconti del genere, o quando sento certe notizie, le cronache di questi anni neri (avrete capito che ho fatto un giro anche nella vostra sezione Quaderni: la mia amica mi ha detto che me li procurerà).

[Leggi di più…] infoL’8 settembre nei ricordi di Corrado Vivanti

Archiviato in:Corrado Vivanti, Gigi Cameroni, La città invisibile Contrassegnato con: 8 settembre, Carpi, Mantova, pagine scelte, ricordi

8 settembre 1943: fuga nel tunnel

11/09/2012

di Angelo Vianello, a cura di Giannarosa Vivian

Questo ricordo dell’8 settembre 1943 è tratto da un manoscritto inedito di Angelo Vianello (Pellestrina 1922-Campalto 1999). Ortolano, reduce dalla ritirata di Russia, viene a sapere dell’armistizio nella caserma di Montorio, oggi periferia di Verona. Fatto prigioniero dai Tedeschi, sente che è giunto “il momento di lottare per la mia libertà”: rifiuta l’arruolamento nei reparti militari italo-tedeschi, abbandona lo zaino, prende con sé una borsa con vestiti borghesi messi da parte in precedenza, e con un commilitone s’infila in un tombino di scarico delle fogne.

Dunque [… ] si tratta d’una cosa mia personale accadutami da militare, in un mattino dopo i susseguenti primi giorni dell’otto settembre 1943. Allora mi trovavo a Montorio di Verona, nella caserma, in attesa di nuove disposizioni dopo gli eventi avvenuti con la caduta del Regime Fascista e lo sfasciamento delle Forze Armate.

Io allora ero appena da poco tempo rientrato dal fronte Russo, con le peripezie mie provate con la ritirata in quell’inverno freddo, ma fortunato o graziato di avermi salvato e ritornato in Italia. Ma improvvisamente mi sono trovato come tutti gli altri militari presenti a questo nuovo evento militare, tragico e confusionale, disordinato, e quasi subito immediato, ci siamo trovati presi e dominati dai Tedeschi, che ci disarmarono lasciandoci umiliati, nell’abbandono personale, attendendo notizie tranquillanti nei nostri riguardi da parte dei nostri comandi del reparto del nostro gruppo. Ma che non arrivarono mai, lasciandoci in balia ai Tedeschi.

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Archiviato in:Angelo Vianello, Giannarosa Vivian Contrassegnato con: 8 settembre, Montorio Veronese, Pellestrina, ricordi

8 settembre 1943: all’Arsenale di Venezia per chiedere armi

09/09/2012

di Armando Gavagnin, a cura di redazione sito sAm

Questo ricordo dell’8 settembre è di Armando Gavagnin (1901-1978), veneziano, che aveva alle spalle quattro anni di carcere per antifascismo. Dopo che molti marinai, scappati da Venezia a piedi lungo il ponte verso la terraferma, sono fatti prigionieri dai tedeschi, alcuni esponenti antifascisti – tra cui Gavagnin – tentano di arginare il disfacimento dell’esercito e di predisporre la difesa della città. Risultato inutile un colloquio con il prefetto, corrono all’Arsenale, dove sperano di trovare armi e di organizzare i soldati che si trovavano ancora nelle caserme.

Il martirio dei nostri fratelli avviati in campo di concentramento, chiusi in carro bestiame e spediti non come bestie, ma come cose, subì a Venezia una modificazione: soldati e marinai, con i relativi ufficiali, incolonnati, furono avviati a piedi lungo il ponte che si chiamava allora del Littorio e si chiama oggi della Libertà, affiancati da soldati tedeschi armati di mitra. Contemporaneamente transitavano per il porto piroscafi carichi di altri fratelli nostri, prigionieri e affamati.

Nella serata di quello stesso giorno 8 giunse notizia, non controllata, che i tedeschi fossero a Osoppo. Nella nottata seguirono febbrili trattative per la formazione di un corpo di volontari e al mattino del 9, in una riunione dei partiti convocata in casa dell’avvocato Cerutti, ancor prima che fosse noto il precipitare della situazione, fu deciso di mettersi decisamente all’opera. [Leggi di più…] info8 settembre 1943: all’Arsenale di Venezia per chiedere armi

Archiviato in:Armando Gavagnin, redazione sito sAm Contrassegnato con: 8 settembre, pagine scelte, ricordi, Venezia

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