Fabbrica e lavoro nei primi anni Cinquanta a Porto Marghera
di Omar Favaro, prefazione di Rolf Petri
estate 2008, 104 pp., 8 euro
«Il reparto era nocivo per le innumerevoli perdite e per i materiali impregnati di gas. Succedeva spesso che gli operai si lamentassero per i continui dolori alla testa. Alla Vetrocoke-Azotati, avevamo messo una gabbietta con un cardellino. Quando il cardellino moriva per via di questo gas, scappavamo via tutti, come nelle miniere».
Andare a lavorare in una grande azienda a Porto Marghera, nei primi anni Cinquanta, significava assunzione temporanea. Centrale era il sistema del subappalto. Chi era assunto da ditte appaltatrici o da cooperative lavorava spalla a spalla e schiena a schiena con gli altri operai dell’azienda, svolgeva le stesse mansioni, viveva negli stessi luoghi, ma non aveva diritto alla mensa, al vestiario, all’indennità di lavorazione nociva e di turno. Il breve periodo delle Conferenze di Produzione all’inizio degli anni Cinquanta, di cui si parla nel libro, dimostra la consapevolezza politica e sindacale dei lavoratori nei confronti dell’organizzazione dei tempi, dell’incolumità e della salute.
E testimonia che la storia è un processo ricco di tante possibilità che, quando vengono sconfitte, tendono a essere dimenticate.