• Passa alla navigazione primaria
  • Passa al contenuto principale
  • Passa alla barra laterale primaria
storiAmestre

storiAmestre

storia e documentazione del tempo presente

  • Chi siamo
    • Informativa sulla privacy e l’utilizzo dei cookie
  • Rubriche
    • La città invisibile
    • Letture
    • Oggetti
    • Centro documentazione città contemporanea
      • 68 di Carta
      • 40 anni di manifesti
    • Agenda
  • Pubblicazioni
    • Quaderni
      • Titoli pubblicati
      • Come avere i Quaderni
      • 1. Breda, marzo 1950
      • 2. L’anarchico delle Barche
      • 3. Bloch notes
      • 4. Andare a vedere
      • 5. Cronache di anni neri
      • 6. Pensieri da un motorino
      • 7. Per riva e per marina
      • 8. Un cardellino in gabbia
      • 9. L’onore e la legge
      • 10. Il popolo delle pignatte
      • 11. Compagni di classe
      • 12. Rivolta e tradimento
      • 13. Acque alte a Mestre e dintorni
    • Altre pubblicazioni
  • Autori e Autrici

Leone Moressa antifascista popolare, comunista vernacolare

03/07/2025

L’associazione storiAmestre, all’interno del festival della Resistenza organizzato a Venezia da molte associazioni per gli 80 anni del 25 aprile, ha realizzato la presentazione del libro di M. Giovanna Lazzarin – Mario Tonello: E’ così chiaro. Ogni sfruttamento dovrà sparire. Leone Moressa, comunista, antifascista, calzolaio.

L’incontro si è svolto mercoledì 30 aprile 2025 presso la libreria Coop di Piazza Ferretto a Mestre attraverso un dialogo a tre tra Alessandro Casellato, professore di storia sociale all’Univ. Ca Foscari, M. Giovanna Lazzarin, autrice del libro insieme a Mario Tonello, Sandra Savogin, storica e socia di storiAmestre, e con una testimonianza del nipote di Leone Moressa, Renzo Centenaro.

Ci è parso interessante trascrivere e rielaborare parzialmente le parole di Alessandro Casellato, che ha approvato il testo, per mantenere memoria di questa iniziativa molto apprezzata dai presenti.

Di Alessadro Casellato

Ringrazio storiAmestre per avere recuperato quasi in extremis la memoria di una figura così importante e significativa per la storia di questa città e non solo di questa città.

Uno dei tanti antifascisti popolari su cui 40 anni fa la storiografia indagava con molta più attenzione di quanto negli ultimi anni ha fatto nei confronti di figure non di primissimo piano, non intellettuali, non grandi dirigenti, ma che hanno formato quel tessuto di persone, di relazioni che anche attraverso la dittatura fascista hanno tenuto in piedi degli spazi di autonomia, di libertà, nelle pieghe della società italiana, nelle montagne, nelle campagne, nelle fabbriche, nelle città, e in questo caso nei quartieri popolari, nelle botteghe artigiane, nelle strade e nelle piazze. Questi sono i luoghi della politica clandestina, coperta, necessariamente riservata e prudente, come poteva essere fatta durante il fascismo.

In questi luoghi un tessuto di relazioni umane è stato possibile grazie a figure come Leone Moressa, che mentre faceva il proprio lavoro di calzolaio metteva a frutto l’autonomia professionale, che voleva dire anche la libertà di avere un proprio introito, frutto del proprio libero lavoro, di non dover dipendere da nessuno.

E quindi la bottega era un luogo in cui Leone Moressa faceva politica, se intendiamo per politica incontrare persone, chiacchierare, avere dei libri, passarsi questi libri tra amici, questi romanzi sociali, Gorky, Jack London, Steinbeck, in cui c’erano dei racconti di persone che si misuravano con le ingiustizie sociali e maturavano una coscienza, poi agivano e le combattevano. Questi libri sono stati fondamentali per l’educazione sentimentale e quindi politica di tantissimi comunisti negli anni Trenta, ma anche negli anni Quaranta, negli anni Cinquanta. E questo era fare politica.

Fare politica sono tutte le piccole scene, flash, informazioni che si trovano in questo libro prezioso perché ha dovuto cercare le fonti di una persona non di primissimo piano che non ha lasciato scritto niente di sé.

Quante persone fanno la storia e siccome non scrivono non lasciano traccia di sé ed è faticoso anche solo dopo pochi decenni rintracciare qualcosa. Moressa è morto nel 1984, quindi 40 anni sono passati e Mario Tonello e Giovanna Lazzarin nel fare questa ricerca si sono misurati con la difficoltà che hanno gli storici di trovare le fonti.

Ma solo dopo 40 anni? E’ una cosa su cui riflettere, sulla labilità della nostra presenza su questo mondo. Lasciamo davvero poco, lasciamo la memoria, gli affetti delle persone che ci sono state vicine, che abbiamo amato e che ci hanno amato, ma poi per la gran parte di noi resta davvero poco. E quindi fare una ricerca è a sua volta un impegno, etico anche, di restituzione di valore a persone come Leone Moresa di cui non vorrei ridurre il ruolo avendo detto che era un antifascista come tanti. E’ stato un dirigente politico, è stato un organizzatore del mondo del lavoro artigiano, è stato uno che ha creato associazioni, istituzioni, che ha fatto il consigliere comunale, che ha creato quei legami fondamentali per attivare la resistenza, quando la resistenza ancora non era partita, nella primavera del 1943, quando era ancora in piedi il regime fascista.

Non vorrei che, dicendo che non era un intellettuale, dicessimo che ha meno valore. No, è che facciamo fatica a studiarlo, facciamo fatica a recuperare la sua biografia. E questa è una cosa su cui noi, come storici, ma anche come protagonisti della vita sociale e politica, delle associazioni, come cittadini, dobbiamo farci il carico oggi, di preservare le fonti delle persone che stimiamo, in modo tale che tra 40 anni ci sia più su di loro di quello che è stato possibile trovare su Leone.

Vorrei dire altre due o tre cose a proposito dell’antifascismo popolare, questa categoria che è andata un po’ in disuso in storiografia, tantissime ricerche ormai molto poco si occupano della dimensione popolare della politica e della vita.

E l’altra categoria che secondo me merita di essere proposta, perché è intrigante, curiosa, è quella di comunismo vernacolare.

Leone Moressa calzolaio, antifascista, comunista. Ma cosa vuol dire essere comunista?

Per quasi 40 anni è stata una brutta parola dire comunista. Dopo l’89-91 è complicato anche spiegare a chi ha vent’anni o poco più come una persona così retta, così legata alla sua famiglia, così generosa, così disinteressata, così umanamente buona, è stata comunista, una parola che è stata sporcata dallo stalinismo, dal socialismo reale, da quell’esperienza. E comuniste lo sono state tante altre persone, soprattutto negli anni Venti e Trenta, quando il comunismo non si sapeva bene che cosa fosse, per cui il comunismo era un’idea, un ideale, una speranza, una luce che si era accesa in Oriente, nella Russia, che propagava un mito di una società nuova, cioè della possibilità, e Leone lo diceva: È così chiaro, ogni sfruttamento dovrà sparire.

Questa era la sua idea di comunismo. Era un comunismo vernacolare, cioè un comunismo detto in dialetto, come probabilmente Leone parlava. Tradotto nella lingua e nella cultura dei quartieri popolari e delle botteghe artigiane di Mestre.

Era meno comunista di Palmiro Togliatti? No. La cosa interessante, bella, curiosa, dal punto di vista storiografico, e che rende anche affascinante la storia del Partito Comunista Italiano, è il fatto che dentro quella storia ci potessero essere esperienze così diverse, e che sono state insieme per decenni, e sembrava forse naturale che stessero insieme.

Fino a un certo punto, quando tutto è esploso e si è complicato.

Il comunismo era una cosa a cui Leone si è accostato forse d’istinto, ma era uno che frequentava le aggregazioni politiche, le sedi del Partito Socialista, vicino a casa sua c’era una rete socialista molto forte, legata soprattutto al quartiere dei ferrovieri, la presenza socialista aveva parecchie radici in città se era riuscita ad esprimere un sindaco come Vallenari [sindaco socialista di Mestre dal 1920 al 1922].

Ecco, qui viene fuori anche un’altra componente molto interessante di questo libro. Accanto alla figura di Leone, a questo modo di intendere la politica, al passaggio dal partito socialista al partito comunista, alla dittatura fascista, uno dei protagonisti del libro è Mestre, è la città che nel primo Novecento vive una trasformazione, cresce con la nascita e lo svilupparsi delle industrie, delle grandi industrie, con un processo di immigrazione in città che vive anche la famiglia di Leone, attraverso l’inurbamento di corto raggio da Mira, dalle campagne o dai paesi vicini.

Si sa poco della famiglia di Moressa, ma c’è un altro episodio significativo: prima di arrivare a Mestre, i genitori di Leone vanno in Svizzera, vivono una piccola esperienza di emigrazione di lavoro.

Siamo nei primi anni del Novecento, subito prima della prima guerra mondiale, i primi anni del Novecento si chiamano la Belle Epoque, è il momento in cui Parigi vive il suo massimo splendore, in cui comincia a diffondersi il cinema.

Che cos’è la Belle Epoque a Mestre? Da questo libro vengono fuori dei flash di una città che sta cambiando, si sta modernizzando, ad esempio arriva il tram, che vuol dire avere delle infrastrutture di trasporto alimentate dalla rete elettrica. L’elettricità arriva nelle città, vuol dire che le città hanno anche l’illuminazione, tra fine Ottocento e inizio del Novecento la città diventa più luminosa.

Chi, come la famiglia di Leone, vuol venire ad abitare in città, lo fa perché vuole partecipare a questo sviluppo, a questo piccolo iniziale benessere, a questa modernità, vuole uscire da una condizione, quella rurale, da cui probabilmente sente di voler emanciparsi. Fare anche solo pochi chilometri ma venire a vivere in città, era un salto.

In città si trova lavoro, perché ci sono le fabbriche, quindi c’è anche una domanda di lavoro che fa venire i primi immigrati dai dintorni nelle fabbriche e c’è bisogno di dare una casa e la città cresce anche, a un certo punto, attraverso un’opera gestita, guidata, coordinata dall’amministrazione comunale: nel momento in cui viene presa dai socialisti, si fanno carico di costruire dei servizi per i cittadini e per i lavoratori. E stato un processo che il fascismo ha interrotto, un processo di riforme e di benessere diffuso.

E tutto questo esce molto bene da questo libro, frutto di un modo di fare ricerca storica che le amiche e gli amici di storiAmestre coltivano da molti decenni: fare la ricerca storica usando i sensi, usando soprattutto gli occhi e le orecchie, due strumenti, due sensi, che le persone, ma anche gli storici e gli studiosi, hanno per capire la realtà. Per studiare la storia di una città bisogna percorrerla, anche nel tempo presente.

Andare a vedere certe strade, certe case, certi quartieri. La piazza è un altro luogo fondamentale. La piazza Barche, dove Leone si è fatto male, giocando sul tram, era un luogo di socialità, un luogo dove stavano le botteghe. Ma anche la piazzetta dove stava la botteghetta di Leone era un micro luogo di socialità da andare a vedere e anche un po’ immaginare – col rigore che gli storici hanno – come doveva essere quel luogo appunto cento anni fa. Un luogo che adesso sembra quasi abbandonato, forse lo è, allora era un luogo pieno di gente, pieno di bambini che giocavano.

Usare gli occhi per andare a vedere e anche mettere il lettore nella condizione di poter vedere, leggendo, questi luoghi, perché c’è una descrizione minuta di questa città e degli ambienti che Leone frequenta.

Un altro senso fondamentale per chi fa questo lavoro di storia sociale, di antropologia storica o di storia politica su piccola scala, un altro senso fondamentale è l’udito, cioè andare a trovare le persone che abbiano da raccontare qualcosa, che abbiano delle memorie vive, dei testimoni che sono stati fondamentali in questa ricerca per colmare tanti vuoti documentali, perché gli archivi ufficiali, come dicevo, conservano tracce estremamente limitate di Leone e tutte orientate dallo sguardo della polizia e del regime.

Il modo in cui entra nei documenti la vita di Leone, della sua famiglia, di Pierina, di Wally, la figlia, è quella del commissariato di polizia che va a fare le irruzioni, le ispezioni in casa. Questi verbali di perquisizione, di arresto, di interrogatorio, sono stati preziosi perché conservavano dei dettagli anche intimi della vita e della casa di Leone che facevano capire ben più di quello che apparentemente riportavano. Per esempio, nel marzo del 1943, c’erano appena stati i primi scioperi politici, a Torino e Milano, per stanchezza più che altro. La classe operaia è stanca di guerra e dopo 20 anni di silenzio imposto si sciopera, ma il regime era ancora in piedi, anzi era impegnato in guerra e fare gli scioperi in un regime in tempo di guerra diventa di per sé un atto politico, anche se magari quelli che l’avevano fatto non ne erano ancora del tutto consapevoli.

Da quanto abbiamo capito a Marghera non ci sono stati gli scioperi in quel momento, ma l’allarme per gli scioperi che si potevano diffondere e contagiare anche la classe operaia veneziana fa si che si vadano a cercare quelli che erano stati già individuati come dei possibili organizzatori, dei dissidenti, degli antifascisti, dei sovversivi. E per la seconda volta arrestano Leone Moressa e lo mandano per la seconda volta al confino, alle Tremiti. Riuscirà a tornare a Mestre solo dopo la liberazione.

Ma quel verbale di polizia che racconta la umile casa di Leone è rivelatore, perché cosa dice: dice per esempio che c’è una radio in casa, c’è un giornale. Cosa può leggere un antifascista durante il regime? Legge l’Osservatore Romano perché era il giornale di cui più potersi fidare perché non stampato in Italia, non direttamente controllato dal regime.

Io sono di Treviso, ho studiato ambienti simili e uno degli organizzatori antifascisti di Treviso era un falegname zoppo, Carlo Geromin, un anticlericale sfegatato, ma anche lui leggeva l’Osservatore Romano per lo stesso motivo. E anche dalla radio si potevano captare delle informazioni che altrimenti venivano coperte, censurate dalla comunicazione ufficiale.

Una delle componenti fondamentali dell’antifascismo popolare in figure come Leone è l’arguzia, la presenza di spirito, la capacità di ingannare, come quando durante il secondo arresto riesce a nascondere la pistola che aveva in casa. E la capacità di socializzare, di tenere reti di relazione, l’andare fuori città in gita da Romeo Isepetto, pescatore antifascista e comunista. Nel libro trovate questo flash di alcuni negozianti, un pescatore, qualche studente, qualche operaio, 5-6-7 persone di fiducia che per poter parlare anche di politica liberamente devono poter uscire dalla città e andare in barena, a Marano di Mira. La moglie di Isepetto cucinava il pesce fritto con la polenta, intanto gli uomini parlavano, ma c’erano anche i figli che giocavano tra di loro. Era un modo di praticare l’antifascismo che scopriamo in maniera quasi accidentale in questa ricerca e che invece conosciamo benissimo in una figura come Piero Calamandrei. Era a Firenze negli anni Trenta e faceva le stesse cose con i suoi colleghi di università, poeti, intellettuali, avvocati, criptoantifascisti,, andavano a fare le passeggiate nei boschi per poter parlare. Era un modo evidentemente interclassista diffuso di stratagemmi per eludere il controllo poliziesco.

Nel dopoguerra Leone è stato un organizzatore di categoria degli artigiani, ha dato delle risposte strutturate a un bisogno che i lavoratori avevano di tutela dal punto di vista delle malattie, degli infortuni. Non c’era il sistema sanitario nazionale e quindi bisognava avere delle mutue basate sulle associazioni, e questo è un ruolo importantissimo che ha svolto. Anche su sua spinta è nata un’associazione come la CGIA di Mestre che ha colmato un vuoto di rappresentanza di un mondo di lavoro individualizzato, disperso e poco visibile. Gli artigiani hanno questa caratteristica, l’indipendenza e l’orgoglio di essere indipendenti.

Quanto simile è l’esperienza artigiana oggi e il mondo del lavoro, soprattutto dei più giovani, che non possono aspirare di entrare in una grande organizzazione col lavoro dipendente tutelato che si pensava fosse il destino per tutti. Leone Moressa l’anticipa, lavorando nel mondo artigiano cerca, sperimenta delle soluzioni organizzative che vadano incontro a dei bisogni concreti delle persone e dei lavoratori.

A lui è intitolata una fondazione. E ancora sconvolge il fatto che di Leone Moressa non ci sia una biografia, un profilo biografico da nessuna parte. Se andate in internet non trovate niente. Nonostante ciò che ha fatto, nonostante dal suo lavoro sia nata una struttura associativa solida e addirittura una fondazione culturale intitolata a suo nome che avrebbe tutti gli strumenti per onorarne la memoria, serbarne il ricordo.

E’ stata necessaria l’impuntatura dei familiari, di un nipote, Renzo Centenaro, che aveva conosciuto lo zio, aveva sentito i racconti della figlia Wally, e quindi si fa tramite di questa memoria e interpella uno storico, che forse è anche un amico, un compagno, Mario Tonello, un membro di storiAmestre che ha gli strumenti tecnici dello storico per poter, con Giovanna Lazzarin, colmare quel vuoto.

Questa è una cosa commovente, che dà senso al nostro mestiere, che dà senso al nostro modo di stare come storici e storiche nella società, in ascolto, al servizio anche delle persone, colmando il vuoto delle istituzioni che non fanno il loro dovere, come in questo caso.

DALLA REDAZIONE:

Con l’occasione inseriamo e invitiamo ad ascoltare il link al podcast: Leone Moressa, un calzolaio antifascista. https://youtu.be/FV6U4iiLQ44?si=SViUoC2YYj7ElFc2Puntata del 1 maggio 2025 del podcast “La Resistenza nel Trevigiano. Frammenti in podcast”. Una produzione ISTRESCO APS per il progetto “Ascoltare la Storia”. Testo e lettura di Giovanna Lazzarin. Musica “Ensemble Note” del Liceo musicale Giorgione di Castelfranco Veneto diretto dalla prof.ssa Miranda Cortese. Ideazione e realizzazione di Francesca Gallo.

Articoli correlati:

    Una rivoluzione del costume. Le speranze scambiate per certezze, estate 1945 di Carlo Levi, con una nota di Filippo Benfante Per i nostri auguri di buon 25 aprile, quest’anno ricorriamo ad alcuni appunti che Carlo Levi scrisse nel giugno 1945, quando poté raggiungere il Nord Italia – Torino e Milano – quale inviato della “Nazione del Popolo”. Era condirettore di questo...
    Il 25 aprile 1945 alle Maleviste. Una storia e una ricerca di Camillo Pavan e Alessandro Casellato Ritorniamo sul 25 aprile. Il nostro amico Alessandro Casellato ci propone alcune pagine del libro recente di Camillo Pavan, Maleviste 25 aprile 1945 (Istresco 2016), che ricostruisce un episodio tragico avvenuto nel trevigiano a pochi giorni dall’insurrezione (a Treviso il 28 aprile) e dalla...
    “Aiutarli a casa sua”. Un inusuale uso pubblico della Resistenza di Plinio Vecchiato Il nostro amico Plinio Vecchiato ci coinvolge di nuovo in una sua lettura: un articolo pubblicato dal “Gazzettino”, edizione di Treviso, il 25 marzo 2014. A pagina 3 dell’edizione del 25 marzo 2014 del “Gazzettino di Treviso” ho letto una dichiarazione del presidente della provincia di Treviso...

Archiviato in:Alessandro Casellato, Pubblicazioni Contrassegnato con: 25 aprile, antifascismo, Resistenza

Interazioni del lettore

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Barra laterale primaria

Per informazioni e per ricevere la newsletter scrivi a:

info@storiamestre.it

Cerca nel sito

Archivio

Ultimi commenti

  • Daniele Zuccato su Bombardamenti a Mestre 1941-45
  • Domenico Canciani su Paesaggio, non luoghi e periferie: riflessioni per una nuova geografia della storia locale
  • Patrizia su Breve storia della ditta Paolo Morassutti, affossata da manovre finanziarie. Una lettura
  • Fabio Bortoluzzi su Commiato con auguri. La redazione di storiamestre.it si congeda
  • Agnese su «È possibile fare volontariato per accogliere i migranti?». Una settimana di luglio a Lampedusa
  • Valeria su “Per fortuna è durata poco”. Due settimane in un istituto professionale del trevigiano

Tags

8 settembre 18 marzo 25 aprile 1848 anniversari antifascismo Avvisi per i posteri camminare Comune di Parigi cronaca descrizione escursione fascismo festa sAm Firenze guerra Il Milione intervento intervista lavoro manifestare manifestazione Marghera Marzenego Mestre paesaggio pagine scelte Parigi presentazione prima guerra mondiale Primo Maggio razzismo regione Veneto Resistenza resoconto ricordi san Nicola scuola spunti-ni storici storia del lavoro storia del movimento operaio storiografia strenna urbanistica Venezia

Per informazioni e per ricevere la newsletter scrivi a:

info@storiamestre.it

Cerca nel sito

Archivio

Ultimi commenti

  • Daniele Zuccato su Bombardamenti a Mestre 1941-45
  • Domenico Canciani su Paesaggio, non luoghi e periferie: riflessioni per una nuova geografia della storia locale
  • Patrizia su Breve storia della ditta Paolo Morassutti, affossata da manovre finanziarie. Una lettura
  • Fabio Bortoluzzi su Commiato con auguri. La redazione di storiamestre.it si congeda
  • Agnese su «È possibile fare volontariato per accogliere i migranti?». Una settimana di luglio a Lampedusa
  • Valeria su “Per fortuna è durata poco”. Due settimane in un istituto professionale del trevigiano

Copyright storiAmestre © 2025

Il sito storiAmestre utilizza cookie tecnici ed analytics. Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra in linea con la nuova GDPR.Accetto Ulteriori informazioni
Aggiornamento privacy e cookie (GDPR)

Privacy Overview

This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary
Sempre abilitato
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
ACCETTA E SALVA