di Giovanna Lazzarin
Il 18 giugno 2024, presso la sede di Viva Piraghetto-Mestre, si è svolto l’incontro di storiAmestre Paesaggi fluviali in crisi. Camminare, andare a vedere, ascoltare, in cui è stato presentato il libro Geografie d’acqua: paesaggi ibridi di Francesco Visentin. Durante l’incontro Francesco Vallerani ha raccontato la disidratazione fluviale che colpisce vari fiumi del mondo mentre importanti città costiere rischiano di scomparire per l’innalzamento di mari e oceani e ha spiegato, tra l’altro, il concetto di idrofilia, la passione che ognuno di noi ha innata per l’acqua e il benessere che ne può venire ai viventi. I due geografi hanno dialogato sul loro rapporto coi fiumi, su cosa e chi si incontra e si conosce discendendo in un barchino gonfiabile, come ci ha fatto vedere Francesco Vallerani o risalendo più lentamente a piedi lungo l’argine, come ama fare Francesco Visentin. A ricordo dell’incontro molto partecipato e apprezzato dal numeroso pubblico presente, pubblichiamo l’introduzione che ha fatto quel giorno la nostra socia Giovanna Lazzarin.
Il libro Geografie d’acqua: paesaggi ibridi di Francesco Visentin1 raccoglie anni di ricerche sul campo e di studi sugli ambienti fluviali e lo fa smontando la nostra idea del fiume e anche il nostro rapporto con le acque interne.
Vi ricordate quando alle elementari disegnavamo in azzurro la linea dei fiumi?
Nel libro Francesco Visentin ci accompagna in un viaggio e in una esplorazione attraverso vari corsi d’acqua, facendoci capire che no, il fiume non è una linea, ma un agente vivo, tangibile e inafferrabile. La storia del rapporto che gli umani hanno avuto nel tempo coi fiumi può essere letta come la storia del tentativo di controllare un elemento in movimento – l’acqua – a opera di una controparte statica e sedentaria, gli umani.
Abbiamo voluto dare a questo incontro un titolo e un sottotitolo: Paesaggi fluviali in crisi. Camminare, andare a vedere, ascoltare
Paesaggio viene da pagus, paese, all’origine c’è l’intreccio tra le comunità e l’ambiente in cui vivono. II paesaggio fluviale che osserviamo è frutto di una costruzione nel tempo, di un tenace lavoro di separazione tra terra e acqua, di cui il geografo racconta storie che ci fanno fare il giro intorno al mondo più velocemente di Verne.
Nel terzo capitolo presenta la costruzione della fluvialità come un processo storico in cui si assemblano elementi eterogenei, paesaggi ibridi appunto, e ne fa un’analisi articolata e documentata, elemento per elemento. Va alla ricerca delle sorgenti, così difficili da trovare, a volte decisamente nascoste. Documenta i cambiamenti avvenuti lungo i secoli nella foce di molti fiumi. Descrive la costruzione di argini e dighe per imbrigliare lo scorrere dell’acqua e modificare ritmi e portate, osserva da terra gli abitanti del fiume, i pesci in particolare, documentando come siano cambiate le specie, la quantità, le possibilità di vivere.
Ma paesaggio – ci dice – non è solo l’oggetto, è anche la sua rappresentazione. Il tempo storico “cambia i paesaggi d’acqua non solo sotto il profilo materiale, ma anche rispetto al nostro modo di percepire, interpretare, vivere e approcciarsi alle trasformazioni2”.
In Europa – continua – a partire dal Cinquecento e Seicento, con un’accelerazione negli ultimi due secoli, si è cominciato a vedere l’acqua essenzialmente come un affare tecnico da controllare e dominare, si è cercato di eliminare ogni visione relazionale col fiume. L’innovazione tecnologica è stata utilizzata dagli stati nazionali per il controllo e lo sfruttamento dei corpi idrici, il progresso che ne è derivato ha dato maggior potere alle istituzioni e agli stati e contemporaneamente, per la sua complessità, ha escluso la popolazione dal dibattito pubblico, indebolendo la sua capacità di essere cittadinanza attiva.
Questa affermazione presenta nel libro molti casi di studio a conferma, ma si è verificata anche per il fiume che da tempo storiAmestre sta studiando, il Marzenego.
Abbiamo pensato di esporre nell’occasione di questo incontro alcune tavole della mostra sul parco del Marzenego che riprende una mostra storica preparata 10 anni fa dal nostro socio Giorgio Sarto. Il gruppo di ricerca di storiAmestre sta provando a ripensarla col focus sul parco, in uno scambio continuo di pensieri e incontri con Giorgio. A me affascina nella prima tavola relativa alle vicende urbanistiche il piano intercomunale di Luigi Piccinato.

Siamo nel 1962, in pieno boom edilizio altrimenti detto sacco di Mestre, e l’urbanista prevede una riserva paesaggistica lungo tutto il Marzenego, segnata in azzurro, per compensare il continuo consumo di suolo e restituire benessere agli abitanti. Non andrà così.
Nello stesso anno partirà il progetto di rettifica del Marzenego e di costruzione di uno scolmatore in cemento in cui far confluire gli ultimi affluenti. Le testimonianze raccontano che prima di queste opere si andava al fiume a nuotare, giocare, pescare, raccogliere la saggina per le scope. Un rapporto di scambio che verrà meno dopo queste opere che spesso impediranno l’accesso al corso d’acqua e porteranno gli abitanti a voltare le spalle al fiume.
Camminare, andare a vedere, ascoltare
Ritorniamo al titolo: paesaggio fluviale In crisi. Di questa crisi abbiamo testimonianze drammatiche; pensiamo, solo nel 2023, al Seveso nel milanese, al Bisagno in Liguria, al Marecchia verso Rimini.
Visentin si chiede perché ci occupiamo di acqua solo in caso di alluvioni o siccità, costruendo una rappresentazione delle geografie d’acqua come pericolo, emergenza, minaccia. Nel documentare i cambiamenti climatici, sociali, politici, spaziali che in varie zone del mondo hanno portato a questa crisi segnala come sia venuto meno un rapporto relazionale coi paesaggi fluviali che pensi i fiumi come soggetti, entità viventi che sorreggono e supportano la vita e le risorse naturali, la salute e il benessere delle comunità del fiume. Per provare a recuperare questo rapporto suggerisce un metodo caro a StoriAmestre, per il suo modo di fare ricerca a partire dal presente: camminare, andare a vedere, ascoltare.
Lo abbiamo messo come sottotitolo dell’incontro e apre ai tanti racconti di camminate lungo i fiumi presenti nel libro in cui il geografo sperimenta l’osservazione partecipante con uno sguardo attento alle presenze ma anche alle assenze.
L’attenzione alle assenze mi ha incuriosito e spinto a segnalare un’assenza significativa su cui si sta lavorando anche per la mostra del parco del Marzenego. Nel periodo di cui abbiamo parlato prima è stata rettificata, tra le altre, un’ansa del fiume che, per vari motivi, non è stata occupata dall’uomo. Nel tempo lì è sorto un boschetto di notevole valore naturalistico, dove passava anche la transumanza delle pecore.

Ora una piccolo gruppo di cittadini se ne sta prendendo cura e lo sta difendendo. L’impronta dell’ansa assente potrebbe essere evocata nel futuro parco.
Ma c’è un’assenza molto visibile se mettiamo a confronto la cartografia storica di quella parte del fiume: la progressiva assenza di spazi aperti lungo il fiume.
1805, Von Zach 1966, IGM 2014, Fotopiano
Siamo a Zelarino, zona occidentale di Mestre. Nella carta militare austriaca di Von Zach – 1805 – si vedono ampi spazi aperti lungo il Marzenego, nell’IGM del 1966 molto è già costruito, nel fotopiano 2014 della Provincia di Venezia il costruito ha saturato praticamente tutti gli spazi. Per questo da tempo molte associazioni cittadine chiedono di salvaguardare il poco che resta libero da edificazioni attraverso un parco.
Nel libro che stiamo presentando i parchi fluviali non vengono trattati. Ma Visentin ci insegna l’importanza della rappresentazione e noi del gruppo di ricerca Marzenego di storiAmestre ci siamo accorti che la parola parco fluviale può rimandare a immagini molto diverse. La nostra amministrazione parla del parco fluviale, ma l’unica azione concreta che ha fatto finora è stata avviare una nuova possibile cementificazione attraverso i crediti edilizi derivanti dalla cessione da parte dei privati di aree agricole vincolate lungo il fiume.
A dialogare oggi con Visentin c’è Francesco Vallerani che lavora sul concetto di idrofilia, cioè sul benessere fisico e mentale che ci viene dal rapporto coi fiumi. Riprendo questo concetto per affermare che il diritto a un parco fluviale va innanzitutto coniugato al diritto a spazi aperti per il fiume e per i cittadini che sul fiume vorrebbero semplicemente camminare, andare in bici, giocare, incontrarsi, intrattenere con questo elemento fluido un rapporto non di sfruttamento economico, ma di conoscenza, scambio e cura.
NOTE
1Francesco Visentin, Geografie d’acqua: paesaggi ibridi, Marsilio 2024
2Ibidem, introduzione.