Venerdì 22 settembre 2023 si è svolto nella sede del gruppo di lavoro via Piave 74 l’incontro Rinnovare via Piave. Le proposte di tre giovani urbanisti, organizzato da storiAmestre insieme al gruppo di lavoro di via Piave, a Giovanna Muzzi di ETICity, che gestisce con altre associazioni la Portineria del quartiere Piave e a Giovanna Marconi dell’Università IUAV di Venezia.
E’ stato un incontro molto partecipato, potete trovare su Youtube l’intera registrazione video.
Abbiamo voluto chiedere a Yulia Barsukova e a Solomon Seyoum Elala, che sono intervenuti all’incontro, di presentare il loro lavoro di analisi e ricerca sul territorio del quartiere Piave, l’immagine che ne hanno avuto e da cui sono scaturite tre proposte per migliorare il benessere del luogo. E’ un lavoro che hanno preparato insieme a Aurora Ervas – che non ha potuto essere presente all’incontro – quando erano ancora studenti, all’interno del laboratorio di progettazione urbanistica gestito da Giovanna Marconi e Stefano Munarin dell’Università IUAV di Venezia. Ci è parso interessante il loro modo di vedere e ripensare un luogo multiculturale come il quartiere Piave, provenendo essi/e stessi/e da luoghi molto diversi per cultura e esperienze abitative.
Yulia Barsukova è laureata in pianificazione ambientale, ha frequentato l’Università di Krasnojarsk in Siberia, per poi spostarsi a completare gli studi a Venezia.
Solomon Seyoum Elala è il primo studente rifugiato laureato in urbanistica ambientale allo IUAV di Venezia. Dopo essere fuggito dall’Eritrea in Etiopia, nel 2020 è giunto all’Università di Venezia grazie al corridoio universitario Unicore, il programma di integrazione per giovani rifugiati che intendono proseguire i loro studi in Italia. Fa parte del gruppo Voci fuori luogo di storiAmestre.
Aurora Ervas , Yulia Barsukova, Solomon Seyoum Elala
1. Analisi del territorio
La prima domanda che ci siamo posti nella nostra ricerca-azione è stata: quali valori e opportunità possiamo rintracciare nel luogo che stiamo osservando e di cui i mass media mostrano quotidianamente un’immagine di insicurezza e degrado?
Abbiamo capito che bisognava innanzitutto allargare lo sguardo sul piano spaziale e temporale: osservare l’intero quartiere, pensare collegamenti di qualità con aree della città ricche di benessere per i cittadini, tener presente la storia di questo quartiere che emerge dagli edifici e aiuta a creare un senso di appartenenza.
Questa mappa della città di terraferma rappresenta la sintesi storica che abbiamo elaborato dai dati presenti nel Geoportale della regione Veneto. Dai colori emerge che la parte più prossima alla via Piave è stata costruita tra il 1910 e il 1927 – case dei ferrovieri e case IACP – per collegare il centro di Mestre alla stazione. Si tratta di edifici piacevoli da vedere, dove sarebbe anche piacevole passeggiare: lungo la via Piave ci sono fronti dotati di portici e terrazze, edificazioni omogenee coronano la piazzetta San Francesco, gruppi di villini si affacciano in via Felisati. In via Dante e dintorni vi è il nucleo compatto delle ex-case dei ferrovieri, lo sguardo riposa al ritmo delle linee, dei colori, degli arredi che si avvicendano tra loro simili. Anche le casette IACP, costruite tra il 1923 e il 1927 in una fascia di campagna dall’altra parte di via Piave, sarebbero piacevoli per una passeggiata verso il parco Piraghetto, se non fossero in parte chiuse, abbandonate e murate.
Allargare lo sguardo nello spazio fa cogliere altre potenzialità del luogo. Come si vede da questa mappa uno dei punti di forza del quartiere è la via Cavallotti, che incrocia la via Piave e la via Dante e prosegue in via Bembo e via Torino collegando il parco del Piraghetto con forte Marghera e il parco di San Giuliano, ma anche con le scuole, le chiese, il distretto sanitario, il centro civico, il cinema Dante, il teatro Momo attraverso la via Dante.
Nella prossima mappa abbiamo colorato con un rosso via via più scuro le aree del quartiere maggiormente dotate di servizi sia pubblici che privati come ristoranti, bar, negozi vari. L’area di via Piave è tra le più fornite, per questo motivo attira molte persone.
Se quest’area risulta molto attrattiva, come mai chi la abita lamenta, tra gli aspetti negativi che creano insicurezza e degrado, la chiusura di molti negozi?
A Mestre, come in tante altre città grandi o piccole, si assiste da decenni alla chiusura delle botteghe di vicinato per la concorrenza dei grandi centri commerciali e del commercio online.
Abbiamo voluto vedere se questa desertificazione c’è stata anche in via Piave, studiando il cambiamento avvenuto tra il censimento del 2011 e quello del 2021. Abbiamo preso i dati dalla serie storica di Google Earth, abbiamo poi camminato lungo la via per verificare la correttezza dei dati più recenti e su questa base abbiamo elaborato una veduta simbolica dei due lati della strada nel 2011 e nel 2021 suddivisa in due parti:
A- dalla stazione a via Cavallotti
B- da via Cavallotti alla rotonda di via Miranese
Dall’analisi dei dati si capisce che nei 10 anni presi in considerazione non c’è stata la chiusura di negozi lamentata. Quello che cambia, confrontando anche con anni precedenti, è la tipologia, cioè l’apertura di negozi gestiti e spesso destinati a cittadini che abitano nel quartiere e provengono da altri stati e continenti, con esigenze di consumo diverse. Questa diversità può creare nei residenti da tanti anni un senso di estraneità che diventa insicurezza e disagio.
A partire dai dati ISTAT e in particolare da quelli del censimento della popolazione, abbiamo costruito delle mappe da cui risulta che il quartiere Piave è uno di quelli con maggior concentrazione di residenti provenienti da altre aree del mondo. Questo cambiamento è avvenuto molto rapidamente, nell’arco di circa venti anni. La compresenza di gruppi sociali con esigenze distanti, l’incontro nello spazio pubblico di sconosciuti sentiti come diversi, se non ostili o pericolosi, creano disorientamento, frammentazione, paura e portano le persone a chiudersi e isolarsi.
2. Tre proposte per rinnovare e migliorare la qualità del vivere
A partire da questa analisi, ci siamo chiesti quali cambiamenti spaziali possono far risaltare gli aspetti di valore del quartiere, aiutando le persone a sentirsi più sicure nell’uscire di casa, spostarsi, incontrare altre persone. Nelle interviste fatte abbiamo notato che molti vorrebbero passeggiare, andare in bici per il quartiere, ma si sentono poco sicuri, non solo per paura di incontri temibili, ma anche per le auto che sfrecciano veloci e occupano le strade.
Qui si vedono le strade più frequentate dai ciclisti nel quartiere.
In questa mappa si si vedono invece le strade più frequentate dai pedoni.
Prima Proposta: riconfigurare le strade
Da questa analisi siamo arrivati alla nostra prima proposta che ha l’obiettivo non solo di dare più spazio ai pedoni e ai ciclisti, in modo da avere più persone che si muovono nel quartiere, ma anche connettere i punti più importanti: scuole, chiese, i servizi pubblici e privati, in modo che i bambini possano andare a scuola a piedi e in bici e le persone si sentano sicure nei loro spostamenti.
Come si vede nella mappa, abbiamo segnalato via Cavallotti come un valore in questo quartiere. La proposta è che diventi pedonale, per connettere le scuole, le chiese, i parchi, i servizi. Da questa strada si può arrivare camminando dal parco Piraghetto fino a parco san Giuliano. Visto che non ci sono negozi, entrerebbero solo le auto dei residenti a 30 km.
Il limite di 30 Km andrebbe esteso anche ad altre strade del quartiere, quelle che abbiamo segnalato come strade condivise. In questo modo si favorisce la mobilità lenta, migliorando il benessere e la salute collettiva degli abitanti. Quando si riesce a rendere una città più lenta, più camminabile, gli stessi negozianti ne traggono vantaggio. Si potrebbe anche decidere di rendere temporaneamente pedonale una di queste strade, ad esempio la via Felisati, per accogliere eventi o iniziative. Solomon ricorda che quando abitava ad Addis Abeba veniva chiusa al traffico una strada nei fine settimana per dar spazio ai balli e alle musiche dei giovani e questa scelta era molto apprezzata.
Nella mappa abbiamo anche segnalato alcune nuove piste ciclabili possibili, si può iniziare con piste temporanee e vedere se funziona.
La scelta della mobilità lenta si sta facendo in molte città europee, pensiamo Parigi o Valencia e si è visto che la maggiore sicurezza negli spostamenti riempie di più strade e marciapiedi e migliora la percenzione della sicurezza sociale.
Questa proposta ha bisogno delle istituzioni per essere progettata e realizzata, ma per migliorare il senso di appartenenza a un luogo, è importante che i cittadini possano sentirsi coinvolti in un progetto che parta da loro, ascolti le loro esigenze, li aiuti a conoscere meglio il posto dove abitano.Per questo ci vuole un progetto che parta dal basso, con poca spesa rinnovi e promuova gli spazi pubblici dove stare e incontrarsi, parli di rigenerazione e attivi la partecipazione.
Seconda proposta: progettare e costruire dei parklet
I parklet sono strutture temporanee e di pubblico accesso che occupano lo spazio di un parcheggio. Sono nati a San Francisco nel 2005 da un gruppo di artisti che ha trasformato alcuni parcheggi in spazio pubblico con prato verde e panchine, pagando la tariffa oraria per alcune ore. L’obiettivo era estendere l’area pedonale a discapito della grande quantità di spazio che normalmente viene riservata alla sosta delle auto. Questa idea si è progressivamente estesa e troviamo progetti di questo tipo anche in Italia.
Il parklet può essere uno spazio per mini-bar o ristoro, un piccolo spazio verde in cui fermarsi, esporre opere d’arte o giocare a dama, scacchi, semina o suonare, può essere la voce della comunità, una biblioteca, qualsiasi cosa che serva nel quartiere può essere un parklet. Occupa lo spazio di solito destinato ai parcheggi auto e può essere attrezzato affinché sia possibile sedersi, riposare o leggere, può contenere del verde come prato o alberi, può offrire un parcheggio per le biciclette.
Non costa tanto, facilmente si mette e si toglie, i materiali da costruzione sono di scarto o a basso costo, va progettato in modo che la struttura possa essere smontata e rimossa rapidamente e semplicemente Se non si vuole più vedere, si può spostare.
Stimola la partecipazione dei cittadini, che possono fare proposte secondo le proprie esigenze e le proprie necessità, per migliorare la qualità della vita. Si può fare un’operazione che costa poco per vedere se funziona, se non funziona si può facilmente cambiare. Se funziona si può consolidare.
Se ci sono posti attrattivi e belli dove fermarsi, forse la gente userà meno l’auto e troverà più gusto a passeggiare, si affezionerà di più a quel luogo perché ha partecipato alla progettazione e forse se ne prenderà più cura.
In questa mappa abbiamo segnalato alcuni posti del quartiere dove potrebbero essere installati dei parklet. Ma è importante che siano gli abitanti a pensare cosa vogliono in base alle loro sigenze e a scegliere i luoghi più adatti e attrattivi.
Terza proposta: Design code
La terza proposta ci è venuta dall’analisi dei servizi. Camminando per il quartiere e intervistando le persone abbiamo capito l’importanza dei negozi. Bar, tabaccherie, farmacie, negozi di frutta e verdura, alimentari sono posti aperti a tutti, vecchi, giovani, donne, uomini, antichi residenti e nuovi arrivati, persone oneste e disoneste, offrono un primo asilo a chi non sa dove andare o è in difficoltà. I negozianti, anche se abitano altrove, vivono tutto il giorno nel quartiere, ne hanno il polso. Farli partecipare al rinnovamento del luogo in cui passano tanta parte del loro tempo e stabiliscono una molteplicità di relazioni, è importante.
La proposta è di coinvolgerli nel ripensare le insegne, riprendendo magari in modo nuovo le insegne degli anni 50-60, per rendere via Piave luogo da camminare con piacere agli occhi, con belle vetrine in cui ti piace fermarti, non dove vuoi passare velocemente per la confusione che c’è.
L’idea è venuta a Yulia ricordando quello che è stato fatto a Mosca. Dopo la caduta dell’URSS, la liberalizzazione dell’economia aveva moltiplicato sulle strade le insegne e le pubblicità, creando una confusione e un disorientamento che si aggiungevano alla crisi sociale ed economica in atto. L’amministrazione cittadina ha così fissato delle regole precise, stabilendo spazi, misure, colori, tipologie per insegne e pubblicità, migliorando la percezione della città negli abitanti.
In quel caso la decisione è venuta dall’alto, questa proposta pensa di partire dal basso, dai negozianti in primis insieme agli abitanti interessati, anche le scuole potrebbero essere coinvolte, visto che è presente nel quartiere un liceo artistico.
Nella mappa che vedete sotto abbiamo individuato alcune facciate che potrebbero essere interessate da questo rinnovamento.
Un ulteriore elemento di valore della via Piave e dintorni è la presenza di molte istituzioni, associazioni, gruppi di volontari interessati a collaborare per il rinnovamento e una migliore qualità di vita in questo luogo. Nel poster che vedete sotto abbiamo sintetizzato i possibili attori coinvolti. Speriamo che le nostre semplici proposte possano interessare.