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Un quartiere che fa sentire le proprie ragioni. Dall’assemblea pubblica di viale San Marco, Mestre, 3 maggio 2021

05/05/2021

Lunedì 3 maggio 2021, nello spazio verde davanti all’ex cinema San Marco, lungo il viale San Marco a Mestre, si è svolta una assemblea pubblica, molto partecipata, per far sentire le ragioni dell’opposizione al progetto di una torre di oltre 70 metri, incluso un ennesimo centro commerciale, nell’ex campo da calcio del Real San Marco. Che cosa dobbiamo intendere quando sentiamo parlare di “rilevante interesse pubblico”, “degrado”, “riqualificazione”, “restituzione alla cittadinanza”? Pubblichiamo gli interventi di Gian Pietro Francescon, che ha aperto l’assemblea, di Lucio Brunello e di Adriano Beraldo.

Il “beneficio pubblico” e l’interesse privato, il ruolo dell’amministrazione comunale e le proposte alternative dei residenti, di Gian Pietro Francescon

Ragionare attorno a un tema complesso quale lo sviluppo di un’area della città a cui il piano regolatore aveva attribuito destinazione a verde urbano attrezzato, e che ora su iniziativa di un privato s’intende far edificare, favorendo residenza e un’area commerciale, impegna a considerazioni da più punti di vista. Un dato però alla fine li riassume: chiediamoci quale sia il “beneficio pubblico” derivante dall’operazione, dato richiesto dalla legge per render possibile detto cambio di destinazione. 

I vari fattori in campo non consentono una valutazione meramente aritmetica, ma un percorso logico aiuta certo a giudicare la correttezza della qualificazione del beneficio pubblico dichiarato negli atti che il consiglio Comunale si presta a licenziare. 

A questo proposito merita anche sottolineare che i singoli Consiglieri Comunali votanti sono chiamati a rispondere di un eventuale danno erariale.

Ci aiuta a ragionare un esempio a tutti noi noto. Su questo stesso viale, a poche centinaia di metri (incrocio via Sansovino), un’area classificata a verde urbano attrezzato ebbe la sorte che viene proposta all’attuale. Di dimensioni inferiori al campo dell’ex Real S. Marco, con edifici esistenti, è stata trasformata e contiene ora tre edifici alti 15 metri cadauno, che messi l’un sopra l’altro verrebbero oscurati dall’attuale grattacielo di 70 metri proposto; le attività commerciali erano collocate in un edificio minore, con un vincolo dovuto alla salvaguardia di un’architettura industriale. La Giunta di allora si confrontò con la Municipalità di Mestre, contraria al cambio, fino a che i proponenti dichiararono la disponibilità a trasferire al Comune la proprietà di un edificio interno al comparto e di Villa Erizzo, una villa storica in centro città, oggi sede della biblioteca civica e spazio importante della vita culturale cittadina. Si trattò di un beneficio pubblico evidente per il valore storico culturale della villa, e pure quantificabile in molti milioni di euro.

Ora a qualche centinaio di metri, una eguale opzione offrirà alla città una colata di cemento con l’impegno di circa ventimila dei venticinquemila mq del Piano attuativo, e la destinazione dei restanti a piazzale selciato e a circa duemila mq di verde pubblico. 

Val la pena però ricordare che a fronte di tale “beneficio pubblico”:

– verrà ricollocata un’importante antenna della telefonia sul perimetro dell’area ove esistono consolidate residenze;

– la presenza di un centro commerciale, oltre al grattacielo, porterà un incremento del traffico veicolare, ora solo dei residenti, a ridosso delle abitazioni; 

– il Comune dovrà acquisire circa duemila mq da Ater e metterli a disposizione del progetto;

– l’area si estende lungo il lato nord e sud su terreni di proprietà pubblica;

– il piano della Protezione Civile oggi annovera il sito fra i luoghi di prima evacuazione in caso di calamità.

C’è infine il problema della bonifica del suolo lì come in tutto il Quartiere. Il terreno non ha valore, e il Comune – come già fece di sua iniziativa – imponga la bonifica, ovvero ne assuma la proprietà. Esiste una più volte dichiarata disponibilità della Regione Veneto (consultino i Consiglieri della Lega il loro Assessore Regionale come noi del Comitato abbiamo fatto) a procedere con la bonifica dell’area del Villaggio San Marco con i fondi per il disinquinamento della laguna. Seppur lentamente, lo stanno facendo con le fognature: lo farebbero anche con le bonifiche, se solo l’Amministrazione presentasse progetti definitivi di intervento, cosa che inspiegabilmente non fa.

Ricordiamo infine le responsabilità individuali di chi voterà il cambio di destinazione se si ravvisasse un inconsistente beneficio pubblico e un rilevante interesse privato dell’opera. Noi esperiremo ogni via per cercare di fermare l’operazione e ci impegneremo a presentare proposte alternative, coinvolgendo i residenti per evidenziare i veri bisogni della zona.

Metterci la faccia, chiamare le cose con il loro nome, di Lucio Brunello

Le persone e le associazioni che vogliono contrastare la cementificazione di un’area verde – benché abbandonata – lungo viale San Marco hanno messo in rilievo le tante assurdità del progetto: un’ennesima area commerciale, un grattacielo di oltre venti piani e cioè tre volte tanto l’altezza dei pochi palazzoni esistenti, una colata di cemento in una zona barenosa (chi abita in quartiere conosce bene i continui assestamenti delle case), l’aumento del traffico automobilistico residenziale e non, la pressione sulle infrastrutture che sappiamo già quanto gravemente inadeguate (a cominciare dalle fognature), l’aggravamento del rischio idraulico dovuto a ulteriore impermeabilizzazione del terreno, un ulteriore consumo di suolo in presenza di patrimoni immobiliari invenduti e inutilizzati: e infine la beffa di chiamare tutto questo con espressioni come “riqualificazione” e “valorizzazione” per dire “cemento + centro commerciale + parcheggio + rotonda + grattacielo + nuovo traffico automobilistico + investimento speculativo”, “restituzione alla cittadinanza” per dire “decisione presa senza consultare i cittadini”, oppure “bosco verticale” per dire “grattacielo con pitèri sui balconi”.

Vorrei aggiungere che qui non è semplicemente in gioco il futuro di un terreno, ma di un quartiere. Chi ha ideato questo progetto sembra non avere la minima idea dell’ambiente naturale, storico e sociale in cui si inserisce, e di pensare solo a quanto può fruttare un investimento immobiliare in un terreno reso edificabile in seguito a varianti urbanistiche approvate in tutta fretta. Ma lo spazio verde su cui hanno messo gli occhi gli autori del progetto non è un semplice terreno abbandonato, bensì uno spazio dentro un quartiere il cui aspetto attuale è frutto di una storia di circa settant’anni. Il Villaggio San Marco nasce, come sappiamo, nei primi anni Cinquanta del Novecento, e malgrado nuovi interventi cresciuti via via, mantiene un impianto urbanistico tuttora ben riconoscibile. Un museo che volesse mostrare le trasformazioni del Novecento – non solo dei progetti urbanistici ma di come poi si sono realizzati grazie all’impegno dei cittadini – potrebbe portare i visitatori a fare una passeggiata lungo il Viale San Marco. Se la struttura urbanistica è rimasta quella del progetto degli architetti Samonà e Piccinato, molti dei servizi di cui tuttora possono usufruire gli abitanti sono infatti il risultato di proteste e mobilitazioni dei cittadini: così è stato per la farmacia, per la scuola materna, per i marciapiedi, per gli spazi di aggregazione sociale, per la manutenzione del verde. 

Molte delle richieste degli abitanti sono rimaste inattese, soprattutto a causa dell’immobilismo e della poca volontà delle amministrazioni comunali di venire incontro alle esigenze di chi abita in quartiere. Molte aree verdi, all’interno e all’esterno delle Corti, sono da anni recintate e chiuse; i lavori sulle fognature sono fermi; le promesse di disinquinamento dei terreni non sono state mantenute. Queste sono le cose su cui chi vive in quartiere si aspetta risposte concrete. Il quartiere a cui pensiamo è un posto in cui una persona – dai bambini agli anziani – può uscire di casa a piedi, incontrare persone che conosce, servirsi dai negozi lungo il viale. Per questo ci opponiamo al progetto di una torre con una nuova area commerciale e le sue conseguenze in termini di traffico e di viabilità. Noi facciamo queste richieste mettendo la nostra faccia: ci aspettiamo che i rappresentanti dei cittadini in Consiglio comunale facciano altrettanto.

Parole da analizzare, di Adriano Beraldo

In questi giorni è in discussione in Consiglio comunale una variante urbanistica che riguarda l’area dell’ex campo da calcio del Real San Marco. La delibera si basa sostanzialmente su tre parole d’ordine: “Rilevante interesse pubblico”, “Degrado”, “Riqualificazione”.

In teoria, quindi, nell’ottica di un “rilevante interesse pubblico”, si metterebbe la parola fine a una situazione di “degrado”, “riqualificando” tutta l’area in questione.

Analizzando puntualmente la delibera, però, ci si accorge che l’area in questione è un’area privata di circa 20000m², inquinata, che ha cambiato diversi proprietari negli ultimi anni. Una ditta privata ha un preliminare d’acquisto dell’area vincolato al ricevimento in toto, da parte del Comune, di un progetto di bonifica e costruzione così composto: una torre residenziale di 6600 m² per circa 70 m di altezza, un centro commerciale di 4400 m² di cui 2200 m² di vendita, 2 vasche di laminazione di pertinenza del residenziale, circa 70 posti auto con relativa circolazione, una rotonda gigante di pertinenza del centro commerciale, una piastra di cemento chiamata “sagrato”, divisa dalla chiesa dal viale San Marco e dai binari del tram e da un pezzettino di area verde pubblica. Visto così, il “rilevante interesse pubblico” sfugge rispetto al rilevante interesse privato.

Analizzando poi la parola “degrado” si notano subito lo stabile degli ex spogliatoi, le erbacce del campo privato e le reti in TNT [tessuto-non-tessuto ndr] stracciate e divelte. Ulteriore “degrado” è l’inquinamento del sottosuolo di tutta l’area dovuto ai passati scarichi industriali, cosa che accomuna quasi tutte le aree verdi della zona del Villaggio San marco. Si ricorda che fino allo scorso anno tutta l’area veniva falciata e l’erba veniva puntualmente rimossa.

L’ultima parola da analizzare rimane “riqualificazione”, che secondo il progetto del privato proponente si avvalora di riempire i circa 22000 m² di verde con circa 15000 m² di residenziale, commerciale e parcheggi. Questa pseudo-riqualificazione viene proposta senza armonia con il tessuto urbanistico esistente, che si ricorda è stato il frutto di un progetto condiviso che ha portato lo IUAV e gli architetti progettisti a essere fonte di studio e di ispirazione per molti loro colleghi. La riqualificazione proposta diventa quindi una modifica definitiva e irreversibile di una zona sicuramente da bonificare e da valorizzare. Si pone l’attenzione a quanto avvenuto in viale Don Sturzo, sempre a Mestre, dove un’area da bonificare si è trasformata in parco pubblico, con giochi per bimbi, aree attrezzate e campo sportivo, utilizzata con soddisfazione da moltissimi residenti del territorio.

Il processo da interrompere è questa volontà di chiusura al confronto con tutti i portatori di interesse che risiedono nel territorio, che amministrano il territorio, cittadini, residenti, politici, realtà ecclesiastiche, società sportive attuali e passate, al fine di ottenere un progetto condiviso e amalgamato con la realtà esistente. L’unica via di uscita rimane la creazione di un contratto di servizio tra l’amministrazione e i portatori di interessi, che possa valutare tutte le possibili soluzioni in un’ottica condivisa e qualificante.

Nota. Le foto sono di Lucio Brunello e di Giannarosa Vivian. Il disegno, di Lucio Brunello, illustra le reali proporzioni del progetto, che non si colgono nei rendering che hanno circolato per presentare il progetto.

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Archiviato in:Adriano Beraldo, Gian Pietro Francescon, La città invisibile, Lucio Brunello Contrassegnato con: assemblea pubblica, interventi, Mestre, protesta, torre di viale San Marco, urbanistica, Villaggio San Marco

Interazioni del lettore

Commenti

  1. Claudio dice

    06/05/2021 alle 10:31

    Siamo in decrescita demografica nella terraferma veneziana e più che costruire necessità riqualificare l’esistente. Il territorio in questione più che essere definito “degradato”, risulta attrattivo e vivibile dai residenti. Un progetto come quello proposto, risulta di disinteresse pubblico, con l’aggravante economica per le molte realtà distributive di prossimità.

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