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Cancella il debito. Considerazioni di fine anno

09/12/2020

di Maria Turchetto

Sannicolò, in missione per storiAmestre, ha fatto sì che ricevessimo queste considerazioni della nostra amica Maria Turchetto; le pubblichiamo sulla scia delle ultime letture che abbiamo ricevuto dal santo e da Mario Tonello.

Anche a me Sannicolò ha portato un regalo – attraverso il suo aiutante Piero Brunello, che ringrazio molto: il libro di David Graeber Debito. I primi 5000 anni. Ora, visto che ho trovato il dono nel mio piattino debitamente decorato con la carta ritagliata la mattina del 6 dicembre, non ho ancora avuto il tempo di leggerlo. Ma il tema stesso del debito mi ha comunque ispirato qualche considerazione.

“Cancella il debito”, cantava Jovanotti a Sanremo vent’anni fa. E a qualcuno – avrà riascoltato quella canzoncina? – è venuto in mente che si potrebbe cancellare il debito pubblico accumulato per l’emergenza pandemia. SIETE PAZZI?! GIAMMAI! hanno subito urlato i vertici europei. Eh sì: “rimetti a noi i nostri debiti” lo si può chiedere al Padre Eterno, non certo alla BCE. La quale BCE – va detto – a prestare i soldi fa anche presto: crea moneta, stampa soldi insomma. Lo fa per esempio con il QE (Quantitative Easing), cioè quando compra titoli di Stato sul mercato secondario (dalle banche). E vi dico la verità: piacerebbe anche a me comprare titoli stampando soldi, ma non ho la licenza.

Tutto il capitalismo – diciamolo – e non solo la BCE non ci sentono da quell’orecchio. Capitalismo: una parola decisamente desueta, che non si usa più. Peccato: perché rende bene l’idea. Che cos’è il capitalismo? Lo si può dire in poche parole: capitalismo è fare soldi con i soldi. D – D’, riassumeva il vecchio Carlo Marx, formuletta in cui D’ è una somma di denaro finale maggiore della somma iniziale D. Ora, per realizzare questa formula magica, cioè per fare soldi con i soldi, ci sono solo tre sistemi: sfruttare i lavoratori, barare al gioco e prestare a strozzo.

Sfruttare i lavoratori: cioè pagarli meno di quanto rendono. Si chiama “capitale industriale” ed è il metodo classico, quello analizzato magistralmente da Marx. È ancora praticato, ma un po’ démodé, perché è scomodo e ci vuole tempo: tra D e D′ ci devi mettere la produzione di merci e la loro vendita – che palle! I paesi in via di sviluppo ancora ci marciano, ma nei paesi sviluppati oggi come oggi sono più in voga gli altri metodi.

Barare al gioco: si chiama “capitale finanziario”, quello che cerca di realizzare il capital gain, il guadagno sulla vendita di titoli. Il capitale che gioca – barando – in Borsa. Una volta la Borsa era un’istituzione che serviva per rastrellare capitali da investire come capitale industriale, attraverso la partecipazione azionaria remunerata – quando andava bene – dai dividendi. Oggi invece è un’enorme bisca, in cui il gioco è truccato dai grandi investitori: gente che sa tutto in anticipo, che controlla ogni rialzo e ribasso (spesso senza nemmeno avere la proprietà diretta dei titoli che manovra). Insomma, fa il gioco. Barano, in parole povere.

Prestare a strozzo: il “capitale bancario”. Una pratica che esiste da quel dì – da 5000 anni, ci assicura David Graeber – ma che negli ultimi tempi va fortissimo: da quando l’affare d’oro è diventato prestare i soldi agli Stati anziché alle imprese o ai poveri cristi. Le imprese falliscono, i poveri cristi crepano, ma vuoi mettere gli Stati? Gli Stati pagano, spremono con le tasse i cittadini, tagliano le spese per la salute, chiudono scuole e ospedali e pagano. E se non pagano, gli organismi internazionali gli fanno altri prestiti. Così lo Stato indebitato si indebita ancora di più e c’è una buona scusa per svendere (“privatizzare”) beni pubblici e per tagliare dell’altro la spesa sociale… Credete che stia parlando della Grecia? Macché, il sistema è molto più collaudato. Rosa Luxemburg ce lo spiega benissimo a proposito dell’indebitamento dell’Egitto con le banche inglesi, e siamo alla fine dell’Ottocento (la conclusione della vicenda fu che l’Egitto diventò una colonia, proprio come i singoli disgraziati indebitati un tempo diventavano schiavi). A partire dagli anni ’90 del Novecento ci sono passati i paesi del Terzo Mondo. La Grecia ha fatto per ultima questa simpatica esperienza. Credetemi: al “capitale bancario” non piace affatto cancellare il debito: ci guadagna di più – lui e i suoi compari – ad aumentarlo.

Ma torniamo a noi e all’eretica proposta di cancellare il debito pubblico accumulato per l’emergenza pandemia. Secondo me è stata tacitata subito – nessuno ne parla più – per questo apparentemente illogico principio del “capitale bancario” per cui è meglio aumentare il debito piuttosto che cancellarlo. Io sono convinta del contrario: cancellare un po’ di debito è meglio che farne dell’altro. E sul piano della razionalità economica grossi problemi non ne vedo.

Gli esperti dicono: attenti, si creerebbe inflazione. Beh, anche il QE dovrebbe creare inflazione, anzi uno dei suoi obbiettivi è proprio “sostenere l’inflazione”, che si auspica arrivare al 2% ma non ci è ancora arrivata. Dico, se ci tenete tanto all’inflazione provateci cancellando un po’ di debito, no? Intendiamoci, io sono pensionata e come tutti quelli a reddito fisso all’inflazione non ci tengo affatto. Ma ho paura che aumentando a dismisura il debito possa capitare di peggio. Guarda la Grecia: hanno decurtato le pensioni del 50%!

Gli esperti dicono: attenti, cancellare il debito impoverisce la BCE. Balle, ve l’ho detto: la BCE compra titoli del debito pubblico stampando soldi, più precisamente facendoli stampare alle Banche Nazionali tramite un accredito virtuale. È un giro contabile fittizio, soldi finti. Non ci perderebbe nulla.

Gli esperti dicono: attenti, si svaluta l’euro. Dico io: bene per le esportazioni, che potrebbero dare un po’ di fiato a molte imprese, male per le importazioni – la cui voce principale è il petrolio che ora come ora è un po’ in rialzo ma qualche mese fa ha avuto un ribasso notevole… via, si può fare.

Ma evidentemente non è con la razionalità economica che stiamo facendo i conti: stiamo facendo i conti con gli interessi del “capitale bancario”, che ha una logica tutta sua; e stiamo facendo i conti con problemi politici. Perché con una cancellazione del debito i paesi indebitati avrebbero un vantaggio, i paesi “frugali” no. Uno potrebbe dire: allora diamogli un po’ di soldi a fondo perduto a questi paesi frugali, così andiamo più o meno in pari… Macché, non vogliono. Gli piace troppo tenere per le palle i paesi indebitati.

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