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In città. Nei giorni della quarantena. 3

15/04/2020

di Claudio Pasqual

Terzo appuntamento con le note mestrine in tempo di quarantena.

Nei supermercati, scaffali quasi sempre vuoti o molto sguarniti sono quelli della farina e del lievito. L’amuchina è ormai più rara dell’oro e dei diamanti; si trovano qualche volta improbabili succedanei. Va a ruba anche l’alcool. Guanti monouso? Spazzolati. Vedo gente usare quelli di gomma colorata per le pulizie di casa: ingombranti e dalla presa non sicura, ma utilizzabili ad libitum. Adesso all’ingresso dei supermercati te ne forniscono di quelli del reparto frutta e verdura. Mi domando cosà succederà se dovessero diventare obbligatori anche qui in Veneto. Comunque alcuni negozianti già li pretendono. Vietano l’ingresso se non li indossi.

*

Nell’aria fatta pulita dalla scomparsa del traffico e dalla fermata delle fabbriche, si esaltano gli odori improvvisi e passeggeri, ma quelli che avverto con maggior forza qui in città, dove l’itinerario consentito per le sgambatine corrisponde al perimetro del mio isolato, sono le puzze che escono dai tubi di scappamento delle rare vetture di passaggio. Ogni volta che accade, rivivo la sensazione che ho provato quando in montagna, durante una passeggiata lungo qualche strada solitaria, è passata un’automobile. Adesso che l’aria, non per merito nostro, sa di pulito, un rigurgito di sporco produce una sensazione tanto acuta. Quando l’aria tornerà a essere infetta come prima, il fastidio sparirà, torneremo a essere abituati alla saturazione di gas di scarico. 

*

Mi sembra che con la città deserta gli animali selvatici che già ci vivevano si sentano più sicuri e liberi, di comportarsi, di fare, di muoversi. I germani reali che hanno scelto il Marzenego come loro casa da via Olimpia al ponte di via Candiani volano da una parte all’altra starnazzando, all’altezza del vecchio ospedale i gruppi in navigazione sono più frequenti, passeggiano sugli argini con calma, indifferenti ai rari passanti. Lo spazio adesso, acqueo, aereo, terrestre, è loro.

*

Non sono sicuro di questo, un dubbio mi rimane perché potrebbe essere stata una registrazione, ma in un palazzo vicino al mio vive forse una cantante lirica. Ho sentito una voce da soprano uscire da un’imprecisata finestra mentre tornavo a casa dal macellaio. Forse soltanto in questi giorni poteva capitare.

*

L’emergenza da coronavirus mi ha fatto conoscere realtà cittadine di cui ignoravo l’esistenza. Quanti di noi sanno che a Mestre esiste un “Circolo Operaio”, con sede in viale San Marco 98/E e un recapito di telefono fisso? Io l’ho scoperto da un volantino lasciato in due farmacie della città: una sta in Quartiere Pertini alla Bissuola, l’altra in via Torre Belfredo. Sopra c’è scritto che anche con la pandemia il Circolo è aperto “per offrire un minimo di presidio territoriale” e organizza “un supporto di solidarietà per commissioni quotidiane (spesa alimentare, farmaci, etc.) in aiuto di anziani o bisognosi che non possono uscire di casa o ne hanno timore”. Notevole questo riferimento alla paura, mi pare sia rarissimo sentirne parlare o trovarne scritto nei giornali. Spuntato per me dal nulla questo Circolo, ho voluto prendere qualche informazione e sono andato a cercare nel web. Così ho scoperto che i Circoli Operai sono le cellule di base di Lotta Comunista. Il numero di telefono è intestato a un militante, lo si può leggere nelle Pagine Bianche.

*

La gente è costretta a starsene rintanata, ma non per questo, se si tratta di cucina, è disposta a rinunciare alle proprie abitudini e ai piaceri della buona tavola. La soluzione è stata per molti la consegna a domicilio, fenomeno sicuramente in crescita nelle ultime settimane. Così sfrecciano, affannati, nelle strade i raider in bicicletta di Deliveroo, con le loro inconfondibili sacche azzurre sulle spalle, e i pony express delle tante pizzerie da asporto sui loro motorini, spericolati gli uni e gli altri come e forse più di prima. Probabile che sia aumentata la concorrenza, così la pubblicità di alcuni si è fatta per così dire più “aggressiva”. Un “Bar pizza export forno a legna” ha battuto tutti, dico tutti, i palazzi del mio rione non con il solito pieghevole del listino prezzi infilato nella buca delle lettere e regolarmente destinato al secchio della spazzatura, ma affiggendo negli ingressi un volantino con gli orari di consegna sette giorni su sette. Gli esercenti la vendita di prodotti alimentari hanno potuto tenere aperta l’attività ma visto diminuire la clientela; e però ai più intraprendenti la necessità ha aguzzato l’ingegno e si sono inventati a loro volta la vendita a domicilio. Sempre con il sistema del foglietto, infilato nella pulsantiera, la “Pescheria Ittica Seno” di Mestre informa che consegnerà al domicilio “il pesce fresco”, previa prenotazione telefonica il giorno prima, per giunta “senza maggiorazioni di prezzo dal listino e se vorrete ve lo evisceriamo”. Nel negozio di frutta e verdura nel quale mi servo, le buste con la merce da portare nelle case giacciono allineate sul pavimento e il proprietario Otello a certi orari va e viene trafelato ma sempre di buon umore dalla bottega con la sua bicicletta.

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