di Davide Zotto
Il nostro amico e socio Davide Zotto ci manda alcune considerazioni sulle librerie, sulla base della sua esperienza ventennale come dipendente di una grande catena libraria.
Lavoro da venti anni per una libreria appartenente a una grande catena libraria, che in questo momento è chiusa per la quarantena, come tutte le altre. Nel primo periodo di quarantena ho smaltito le ferie pregresse e ora dovrei cassa integrazione, ma il condizionale è d’obbligo in questo momento di confusione. Mi interrogo su cosa mi aspetta dopo, se la mia libreria, come le altre, potrà assorbire il colpo della crisi economica dopo anni di declino che hanno snaturato molte librerie, portandole ad assomigliare a bazar. Si parla già di librai indipendenti che hanno intenzione di gettare la spugna, mentre per quelle di catena si sa che riapriranno in attesa dei conti a fine anno con i bilanci consuntivi.
Potrebbe esserci anche in questo settore un effetto domino. Come io mi chiedo se ritroverò il mio lavoro, amici si chiedono se ritroveranno le case editrici con cui collaborano.
Durante la chiusura delle librerie è entrata in vigore la nuova legge sul libro che prevede uno sconto discrezionale del venditore massimo del 5 per cento contro il 15 precedente, uno sconto editoriale del 20 per cento contro il 25 precedente e una serie di incentivi alla lettura. Sono misure che dovrebbero favorire le librerie indipendenti, ma credo che non cambierà nulla. Nel frattempo in questo momento di ibernazione il mondo del libro si interroga su se stesso e sul suo futuro, che appare buio.
Alcuni chiedono che vengano riaperte le librerie assimilandole alle edicole. Ma non si capisce il perché, considerando che la libertà di movimento è limitata e non si può paragonare la capillarità delle edicole con quella delle librerie.
Già con le prime avvisaglie (mi riferisco al cluster di Vo’) e la chiusura delle scuole a fine febbraio i clienti si erano fatti rari e il calo di vendite era stato consistente; alcune librerie che lavoravano con gli studenti universitari avevano preferito chiudere spontaneamente.
Gli editori stanno riprogrammando le uscite con un taglio del numero dei titoli e una minore tiratura, nel contempo gli stessi stanno constatando che ci sono troppe novità in un anno. Peraltro, dal mio punto di osservazione, ho avuto l’impressione che ci fosse già in atto un’inversione di tendenza rispetto al passato, con una diminuzione dei titoli
L’incessante uscita delle novità – si calcolano circa sessantamila novità all’anno e si intendono con questo termine anche le nuove edizioni di testi già in circolazione –, dovuta alla ricerca spasmodica del “libro dell’anno”, comporta una serie di problematiche. Per motivi di spazio solo una parte può arrivare in libreria, nel contempo i libri invecchiano precocemente e il catalogo tende a scomparire nel gran lavorio delle rese, sempre più massicce. Sono pochi i long seller in grado di resistere.
Per questo gli editori si sono posti il problema di come fare a riportare i libri di catalogo in libreria dopo che erano stati resi perché invecchiati negli scaffali. La soluzione è fare delle promozioni.
Esistono tre tipi di promozione. La prima è lo sconto editoriale al cliente finale; come ho detto è ridotto con la nuova legge, ma non abolito, sull’esempio francese, come chiedevano le librerie indipendenti. All’entrata in vigore della legge sul libro precedente gli agenti Prolibro, che si occupano della promozione del gruppo GEMS, ci dissero che i legali avevano già trovato il modo di aggirare la legge sulle promozioni, che permetteva una sola “campagna sconto” all’anno per editore. Sostanzialmente l’idea, poi messa in pratica da molti, era fare la promozione su tutto il catalogo di un editore una volta all’anno e parti del catalogo per il resto dell’anno. Gira una battuta tra gli addetti ai lavori: la Tea è sempre in promozione. Con la nuova legge mi pare di aver capito che il sistema di spezzare il catalogo in promozione rimarrà.
Il secondo sistema promozionale consiste nei gadget omaggio, che il cliente può ottenere con l’acquisto di due o più libri o raggiungendo un minimo di spesa. Di gadget ne sono stati concepiti per tutti i gusti e non starò ad elencarli perché ho visto di tutto in questi anni, anche se le shopper di tela la fanno da padrone. È comunque raro che qualcuno compri un determinato libro per ricevere l’omaggio. In genere i cartelli che segnalano la promozione con il gadget si perdono nel marasma delle informazioni e i clienti restano sorpresi di ricevere il gadget, capita anche che lo rifiutino, alcune volte lo accettano garbatamente, ma si capisce dall’espressione che stanno cercando il sistema più semplice di smaltirlo.
Il problema dei regali è che talvolta se ne sovrappongono anche una decina e spetta alla memoria del cassiere ricordarsene, cosa non semplice e non prioritaria. Perciò spesso i gadget tendono ad accumularsi sotto le casse e quando non sono orribili (in questo caso vengono smaltiti) vengono donati senza la logica commerciale per la quale erano stati concepiti, ma in base alle necessità o alla simpatia del cliente. In genere, se c’è la possibilità, si danno ai bambini che sono quelli che danno più soddisfazione ed esprimono meraviglia. Invece quella che definivo necessità è legata alle borse in tela editoriali che vengono utilizzate quando un cliente compra libri pesanti come quelli d’arte che rischiano di mettere a repentaglio la borsa di carta.
Il terzo sistema promozionale si basa sugli accordi tra casa editrice e libreria o catena libraria, per cui vi è uno sconto alla libreria in cambio di una esposizione preferenziale che dia visibilità all’editore per un determinato periodo. Questo tipo di accordo avviene anche con alcuni titoli novità.
In tutti questi casi viene richiesto un ordine minimo alle librerie facendo così rientrare nel circuito titoli vecchi. Molto spesso sono sempre gli stessi titoli, ben collaudati, a farla da padrone.
In teoria le librerie quando acquistano i libri con la sconto più alto dovrebbero essere interessate a venderli soprattutto dopo la fine della promozione perché pagati a minor prezzo; questo però in genere non succede per banali problemi di spazio e perché spesso i titoli tolti dalla visibilità, ammesso che si siano venduti durante la promozione, non si venderebbero comunque, andando a zavorrare i file excel delle rese (file costruiti con logiche finanziare e obiettivi manageriali della catena libraria).
C’è un altro modo per far rientrare un libro nel circuito: è la nuova edizione. Alcuni tascabili hanno la vita breve, nel senso che dopo meno di un anno vengono posti fuori catalogo perché sostituiti da una nuova edizione, che di diverso dalla precedente ha solo la copertina e il codice ISBN. Questa politica (il motivo per cui alcuni si stupiscono di vedere in certe librerie il bollino “novità” su dei classici che hanno alle spalle decenni o secoli, e decine di edizioni) ha l’unico scopo di poter rilanciare un titolo e sperare che non tutti riescano a fare la resa nei tempi consentiti per legge, poiché impegnati a disboscare le cedole novità.
L’assenza del catalogo dalle librerie favorisce le vendite delle librerie online. Mi riferisco al cartaceo. Con la nuova legge i grandi venditori online avranno meno possibilità di manovra sui prezzi, ma se la logica rimarrà quella dell’eccesso di novità e della morte del catalogo, cosa probabile, non cambierà nulla.