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“I nostri morti”. Un necrologio di Marc Bloch del 1945

24/04/2019

di Gino Luzzatto

Per celebrare il 25 aprile, quest’anno ricorriamo al necrologio che Gino Luzzatto scrisse nel 1945 per Marc Bloch, lo storico francese ucciso dai nazisti nel giugno 1944. Il breve omaggio apparve sotto la rubrica “I nostri morti” sul primo numero della “Nuova Rivista Storica” uscito dopo la Liberazione. Luzzatto vi riprendeva pubblicamente il suo posto di condirettore, che aveva dovuto lasciare nel 1938 in seguito alle leggi razziali.

Nell’autunno del 1944, non appena furono ristabiliti, in misura ridottissima, i nostri rapporti col mondo culturale francese, una notizia estremamente triste ci giunse di laggiù: la morte eroica di Marc Bloch, caduto per la libertà e per la rinascita del suo paese! Sapevamo ch’egli doveva essere nella lista nera della Potenza occupante e dei suoi collaboratori, perché già nel 1939 avevamo letto il suo nome, accanto a quello di molti autorevoli scienziati e letterati, tra i firmatari di un manifesto che protestava contro la politica aggressiva e sopraffattrice della Germania di Hitler. Scoppiata la guerra, avevamo saputo che egli, nonostante l’età non più giovanile (aveva superato i 50 anni), s’era affrettato a compiere il suo dovere di soldato. Apprendiamo ora che, dopo il crollo della Francia, egli non aveva voluto abbandonare la sua patria ed aveva affrontato i disagi ed i rischi della resistenza clandestina, che lo condusse a cader vittima del piombo tedesco.

Ma, più che l’uomo politico di provata fede democratica, più che il patriotta martire, noi piangiamo su queste colonne lo storico insigne, che in un ventennio di attività instancabile si era conquistato un’autorità indiscussa fra i migliori cultori del Medio-Evo in tutti i paesi del mondo, lasciando un vuoto che non potrà essere facilmente colmato.

La sua attenzione fu attratta specialmente dalla storia delle istituzioni giuridiche e della vita economica, nello studio delle quali è stato uno dei pochissimi che abbiano portato, non con la faciloneria del sociologo frettoloso e generalizzatore, ma con profonde e meditate ricerche delle fonti, il metodo comparato. Fra le sue opere maggiori ricordiamo qui soltanto quelle sui servi, sull’economia rurale, specialmente in Francia, dall’età romana alla rivoluzione del 1789, e i due recenti volumi, pubblicati alla vigilia della guerra, nella collezione diretta dal Berr, sulla Monarchia e sulla Società feudale.

Ma anche più che a queste opere apprezzatissime, e ad un grande numero di saggi e di articoli, la fama del Bloch resterà legata a quei mirabili Annales d’histoire économique et sociale, che egli ideò, e fondò e diresse per più di un decennio, in stretta e fraterna collaborazione col Fèvre [Lucien Febvre]. Questa rivista si differenzia appunto da tutte le consorelle (ad eccezione forse della più recente Rivista di Storia economica del nostro Einaudi) per l’impronta personale che le hanno dato i due infaticabili direttori, non solo coi loro articoli, note, recensioni, ma con le inchieste di cui si sono fatti promotori e che essi hanno indirizzate e dirette. In questa rivista soprattutto il Bloch rivelò in pieno la sua dote più preziosa, di grande e fecondo animatore degli studi di storia sociale.

In lui perciò, oltre al martire della libertà, oltre all’uomo di profonda dottrina e di rara onestà scientifica, oltre all’amico sincero dell’Italia e della sua civiltà, di cui aveva una conoscenza larga e sicura, noi piangiamo soprattutto il maestro, il quale, con l’insegnamento, con le opere sue, con la rivista da lui fondata, avrebbe creato una scuola, nel senso più largo e migliore della parola, ravvivata da una visione storica quando mai larga, completa e moderna.

Nota. Il necrologio uscì sotto la semplice indicazione Marc Bloch e siglato G.L. in “Nuova Rivista Storica”, a. XXVII, fasc. III-IV-V-VI, maggio-dicembre 1943, pp. 351-352. Ringraziamo il nostro amico Reinhold Mueller per averci segnalato questo testo, probabilmente il primo necrologio di Bloch uscito in Italia, non compreso nelle bibliografie di Luzzatto (la più aggiornata è quella curata da Andrea Caracausi, Gino Luzzatto. Bibliografia, in Gino Luzzatto storico dell’economia tra impegno civile e rigore scientifico, Atti del Convegno di studi (Venezia, 5-6 novembre 2004), a cura di Paola Lanaro, in “Ateneo Veneto. Rivista di scienze, lettere ed arti. Atti e memorie dell’Ateneo Veneto”, 4/I (2005), pp. 161-225).

1. A dispetto della data ufficiale, il fascicolo fu pubblicato nell’agosto 1945, primo numero post-Liberazione. Era introdotto da un editoriale firmato “Nuova Rivista Storica”, riconducibile pertanto ai due condirettori Corrado Barbagallo e Gino Luzzatto, intitolato Continuando (pp. 199-202). Vi si ricordavano le traversie che la rivista aveva dovuto passare nel Ventennio, subendo attacchi e boicottaggi, e il ruolo che aveva mantenuto: “in quel triste periodo, una delle pochissime, forse l’unica rivista italiana di discipline così dette morali, che non venisse meno alla lealtà, all’onore, alla dignità della sua missione” (p. 199). Era stata un’autonomia difesa su tutti i fronti: “l’unica rivista culturale italiana, non sussidiata da danaro macchiato di servilismo, che sia riuscita a sopravvivere” (p. 202).

Alcuni compromessi erano stati obbligati: “Per salvare il meglio dell’opera nostra, dovemmo parecchie volte rinunziare a molte cose, che avremmo desiderato porre in chiara evidenza o dovemmo esprimerle in forma contorta, quasi enigmistica”. E la “fatica peggiore ci toccò tutte le volte che ci accingemmo a discorrere di qualcuno dei «nostri morti», e cioè degli studiosi scomparsi, che il regime imperante condannava alla oscurità” (p. 200). L’elenco comprende Giuseppe Rensi (“vittima e martire della intransigenza culturale fascista”), Aldo Ferrari (“non potemmo dichiarare esplicitamente che egli era stato sospinto al suicidio dalla persecuzione fascista”), Guglielmo Ferrero (che “morì esule, lontano dalla sua terra di Toscana, che tanto amava, solo perché […] non aveva voluto farsi apologista di un indirizzo politico, che lo avrebbe lautamente ricompensato di quella adulazione, ma da cui egli aborriva”), Nello Rosselli (il quale “poté sulle nostre colonne discorrere di Leo Ferrero, dovuto andare esule, anch’egli, e morire giovanissimo, in terra straniera, ma non fu a noi consentito ricordare proprio lui, Nello, perito assassinato in Francia […]. E il necrologio, che avevamo consacrato alla sua memoria, è rimasto inedito fra le nostre carte ingiallite”).

2. Chi volesse seguire i rapporti che intercorsero tra Luzzatto e Bloch (di otto anni più giovane dello storico italiano) troverà notizie sparse nei numerosi studi dedicati all’uno e all’altro, nelle loro bibliografie e negli epistolari editi di Marc Bloch. Si può partire per esempio dal saggio di Maurice Aymard, Luzzatto, le Annales e il rinnovamento della storia economia europea nella prima metà del ‘900, in Gino Luzzatto storico dell’economia cit., pp. 11-33, dove tra l’altro, in appendice, si legge una lettera dell’estate 1939 in cui Bloch chiedeva notizie di Luzzatto a Roberto Lopez, che aveva lasciato l’Italia in seguito alle leggi razziali del 1938, con un post-scriptum pieno di pudore: “Avez-vous des nouvelles de Luzzatto? On n’ose écrire”.

Sulle conseguenze delle leggi razziali sulla vita professionale di Luzzatto, si veda ora Reinhold C. Mueller, «Per ragioni di ordine generale». Gino Luzzatto vittima delle leggi razziali, 1938-1945, in Ca’ Foscari e il Novecento, a cura di Alessandro Casellato e Giovanni Favero, “Venetica”, a. XXXII, n. 55 (2/2018), pp. 153-176. In questo stesso fascicolo va visto il contributo di Valeria Mogavero, «A Ca’ Foscari c’era un maestro»: nascita di un’amicizia nelle lettere di Gino Luzzatto e Roberto Lopez, ivi, pp. 115-128, seguito da otto lettere che Lopez e Luzzatto si scambiarono tra 1938 e 1945 (Dal carteggio tra Gino Luzzatto e Roberto Lopez, a cura di Valeria Mogavero, ivi, pp. 129-152).

Ci piace ricordare infine un incontro tra Luzzatto e Bloch che ebbe luogo a Venezia, nel settembre 1934. Bloch passò una settimana in città, con la sua famiglia, ultima tappa di una vacanza in Italia. Come ricorda un altro studioso italiano, il giurista Pietro Vaccari (1880-1976), che lo incontrò nella stessa circostanza a Pavia, lo storico francese stava facendo “con la consorte ed i suoi figli maggiori una «randonné» con la sua automobile nella pianura padana per visitare le città lungo il fiume e risalire a Venezia, si trattenne due giorni a Pavia e ammirò le chiese romaniche e la Certosa” (riprendo Pietro Vaccari, Marc Bloch, estratto da «Saggi di umanismo cristiano», I, 1, marzo 1947, citato da Francesco Mores, Letture italiane di Marc Bloch, “Quaderni Storici”, 127, 2008, pp. 267-282: 276).

Rientrato in Francia, il 2 ottobre 1934 Bloch scrisse al suo amico e maestro Henri Pirenne riferendo di aver visto Luzzatto, di cui diceva: “il poveretto non è per nulla ben visto, mi sa, non porta la camicia nera – che Solmi, a quanto pare, ha esibito durante tutto un congresso di diritto marittimo, tenuto ad Amalfi – e risponde con un semplice «buongiorno» e il braccio ostinatamente immobile ai saluti romani” (in The Birth of Annales History. The Letters of Lucien Febvre and Marc Bloch to Henri Pirenne (1921-1935), a cura di Bryce Lyon, Mary Lyon, Académie royale de Belgique, Commission Royale d’histoire, Bruxelles 1991, pp. 162-163: 163, trad. mia).

Frammenti di cose viste e sentite. Luzzatto aveva partecipato al grande convegno di storia del diritto marittimo, che si era tenuto nel luglio precedente e i cui atti uscirono poco dopo (la relazione di Luzzatto: La commenda nella vita economica dei secoli XIII e XIV. Con particolare riguardo a Venezia, in Mostra bibliografica e Convegno internazionale di studi storici del diritto marittimo medioevale. Amalfi, luglio-ottobre 1934, atti a cura di Leone Adolfo Senigallia, Comitato regionale di Napoli dell’Associazione italiana di diritto marittimo, Napoli 1934, vol. I, pp. 139-164). Ma anche Vaccari poteva aver riferito a Bloch qualche notizia da Amalfi: con Solmi si conoscevano bene, erano stati colleghi all’università di Pavia, dove avevano posto le basi per la nascita della facoltà di Giurisprudenza.

Nel gennaio 1935 Solmi (1873-1944), già sottosegretario all’Educazione nazionale dal 1932, sarebbe diventato ministro della Giustizia. In questo ruolo, che ricoprì fino al luglio 1939, dopo aver sottoscritto il “manifesto degli scienziati razzisti” nel luglio 1938, cofirmò le leggi razziali del novembre seguente.

3. E se alla guida dell’auto con cui i Bloch girarono l’Italia settentrionale ci fosse stata soprattutto Simonne Vidal, la moglie di Marc?

Insieme al 25 aprile, ricordiamo così anche gli anniversari “lustri” della morte di Gino Luzzatto (1878-1964), Marc Bloch (1886-1944) e Simonne Vidal Bloch (1894-1944).

(f.b.)

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Archiviato in:Gino Luzzatto, La città invisibile Contrassegnato con: 25 aprile, anniversari, antifascismo, leggi razziali, Marc Bloch, Simonne Vidal Bloch, storiografia

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