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Il milione, ovvero uno da Camisan alla scoperta della città metropolitana. 1

30/03/2019

di Carlo Cappellari

Da qualche mese la redazione del sito è entrata a far parte della “compagnia gongolante” del nostro amico e socio Carlo Cappellari: un gruppo di amici e amiche che ricevono via e-mail i resoconti di alcune sue escursioni, fatte approfittando del tempo libero, spesso con l’aiuto di guide locali. I testi, di diversa lunghezza, a seconda delle occasioni, circolano sotto il titolo di Les merveilles du monde. Invece che da Venezia, Carlo è partito da Camisano (Vicenza), e invece di esplorare l’Oriente estremo va alla scoperta della città metropolitana: Venezia, Mestre, Marghera e dintorni. Abbiamo pensato che queste escursioni, fatte con sguardo curioso su luoghi vicini e su segni del paesaggio, potessero interessare il nostro pubblico e l’autore ci ha autorizzato a riprenderli sul sito. Il tono è leggero, l’andare a vedere spesso è accompagnato da qualche lettura, sempre da ombre e cicchetti: la compagnia gongola anche per questo piacere. Visite e incontri sono documentati da molte foto: ne scegliamo di volta in volta solo alcune; anche i testi sono rivisti per l’occasione.

Petrolio

Carissima Compagnia Gongolante,

non bisogna dimenticare che il Petrolchimico prima di essere chimica è stato petrolio.

Il primo grande delitto commesso in nome del petrolchimico è stato finalizzato alla realizzazione del porto petroli. Il progetto (1 novembre 1919) prevedeva la realizzazione, sulle barene a est del canale Brentella, a destra del grande canale di accesso al nuovo porto, di una sacca (isolotto) con apposito bacino di accosto per le navi che trasportavano i petroli.

Dato che non esisteva ancora il ponte Littorio (ora della Libertà), inaugurato nel 1933, si era pensato di collegare la zona nord con il porto petroli tramite un ponte automobilistico girevole sul canale Brentelle, ma ciò avrebbe comportato una strozzatura al traffico navale, oltre che una bella spesa.

Molto più economico sarebbe stato far correre la strada di accesso lungo la ferrovia, ma ciò portava dritti dritti sulla struttura del fortino Rizzardi gemello di forte Manin entrambi ridotti, l’uno da una parte e l’altro dall’altra, di forte Marghera.

Si avviarono, quindi, le pratiche per declassare forte Rizzardi, felicemente concluse il 13 febbraio 1925. Peraltro nel frattempo forte Rizzardi era già stato raso al suolo e il 5 aprile 1923 il primo vapore carico di prodotto petroliferi poteva attraccare al molo del porticciolo dei petroli.1 Così è andata persa per sempre la tredicesima fortificazione del campo trincerato di Mestre.

Bando alla tristezza, da via della Libertà, poco prima del cavalcavia di San Giuliano, giriamo giù a destra e imbocchiamo via dei petroli e, passando sopra quello che era il sedime di forte Rizzardi, approdiamo dopo cinquecento metri in via della raffineria.

  

In via della raffineria non c’è la raffineria bensì il carico delle benzine finite e lo scarico degli additivi.

A sinistra invece si possono apprezzare le cisterne, quelle piccole.

Noi abbiamo invece molto apprezzato il bar della Susy: assolutamente anonimo e con orari da scuola elementare (apre al mattino presto, chiude nel primo pomeriggio), ma con grande assortimento dei tramezzini, consigliatissimo il porchetta/radicchio, e sconcertante il fatto che si tratti di un bar in cui non vengono serviti alcolici se non si sapesse che i suoi clienti sono perlopiù camionisti che trasportano autocisterne di carburanti. Un cartello strappa un sorriso.

Si riprende via petroli e si attraversa il binario dove transitano i vagoni cisterna che fanno concorrenza ai camion nel trasporto delle benzine finite.

  

Passate le forche caudine di un oledotto siamo in zona raffinerie anche se il lungo rettilineo è sempre via dei petroli.

  

A metà di via dei petroli, sulla destra, c’è l’ingresso blindatissimo della Raffineria di Venezia dell’ENI con davanti fasci di binari e di fronte serbatoi giganteschi.

   

Dietro di noi, davanti a noi e sopra di noi camion cisterne guidate da gente frettolosa e impaziente molto intollerante nei confronti del nostro trio di perdigiorno (io, il Gianni e Sgrugli).

Dato che del forte Rizzardi non c’è più traccia e di curiosare nelle raffinerie non se ne parla, siamo andati a cercarci un po’ di adrenalina a esaminare il leone rosso che se ne sta incastonato sulla rampa del ponte di San Giuliano.

Visto da via dell’Idraulica però la visione non è buona e detto fatto Gianni ha deciso di tentare un approccio frontale. Perciò siamo andati a imboccare via della Libertà in senso opposto e arrivati in prossimità del leone abbiamo “parcheggiato” sotto il cavalcavia lasciando incredulo un autista di pullman che ci ha visto sparire.

La demenziale manovra ci ha però consentito di documentare il leone rosso e l’iscrizione che lo colloca nella tradizione dei leoni che la società autostrade amava collocare all’inizio e alla fine delle sue tratte.

  

Tutto è bene quel che finisce bene.

Basi grandi

Carletto da Camisan diventato venexian anzi mestrin

  1. Portomarghera. Il Novecento industriale a Venezia, a cura di Sergio Barizza e Daniele Resini, Grafiche Vianello, Treviso 2004, p. 232. [↩]

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