di John Dos Passos
Torniamo sulla figura di Randolph S. Bourne, riprendendo un ritratto che lo scrittore John Dos Passos gli dedicò nel 1930, inserendolo tra le pagine del suo romanzo Millenovecentodiciannove.
Randolph Bourne
venne al mondo come abitante di questa terra
senza il piacere di scegliersi dimora o carriera.
Era un gobbo, d’una famiglia di gobbi, nipote di un ministro del culto, ed era nato nel 1886 a Bloomfield, New Jersey; quivi frequentò la scuola media inferiore e superiore.
All’età di diciassette anni andò a lavorare come segretario presso un uomo d’affari di Morristown.
Si fece strada nella Columbia University lavorando in una fabbrica di pianoforti automatici a Newark, lavorando come correttore di bozze, accordatori di pianoforti, accompagnatore in uno studio vocale a Carnegie Hall.
Alla Columbia University studiò con John Dewey,
vinse una borsa di studio con la quale visitò l’Inghilterra Parigi Roma Berlino Copenhagen,
scrisse un libro sulle scuole Gary1
In Europa sentì molta musica, molto Wagner e Scriabin
e si comperò un mantello nero.
Questo ometto simile a un passerotto
esile pezzetto contorto di carne in mantello nero
sempre alle prese con dolori e disturbi,
mise un ciottolo nella sua fionda
e con esso colpì Golia in piena fronte
La guerra – scrisse – è la salute dello Stato.
Mezzo musicista mezzo pedagogista (la salute precaria, la povertà, la deformità fisica, i dissensi familiari non avevano privato il mondo delle sue attrattive per Randolph Bourne; lui era un uomo felice, amava i Maestri Cantori e gli piaceva sonare Bach con quelle mani lunghe che scorrevano così agevolmente la tastiera, e gli piacevano le belle fanciulle la buona tavola e le serate di conversazione. Quando stava per morire di polmonite un amico gli portò uno zabaione; guarda questo giallo, com’è bello, continuava a dire lui mentre la vita se ne andava in un riflusso di delirio e febbre. Era un uomo felice). Bourne afferrò con intensità febbrile le idee che circolavano allora nella Columbia University, trascelse occhiali rosa dalla turgida farragine dell’insegnamento di John Dewey, e questi gli servirono per vedere chiaramente stagliarsi
il fulgido campidoglio della democrazia riformata.
La Nuova Libertà di Wilson2;
ma lui era un grande matematico; lui doveva ridurre tutto ad equazioni;
col risultato
che nella pazza primavera del 1917 cominciò a diventare impopolare tra gli esponenti del suo partito, la Nuova Repubblica3;
perché Nuova Libertà significava ora Coscrizione, e Democrazia voleva dire Vincere la guerra, e Riforma equivaleva a Salvaguardare i prestiti Morgan4,
e “Progresso Civiltà Educazione Dovere”,
“Comperate un’Obbligazione Liberty”5,
e “A morte gli Unni”
“In prigione gli obiettori di coscienza.”
Si dimise dal New Republic; soltanto The Seven Arts ebbe il fegato di pubblicare i suoi articoli contro la guerra. I sostenitori di Seven Arts portarono altrove il loro denaro; gli amici evitavano di farsi vedere in compagnia di Bourne, suo padre gli scrisse pregandolo di non infamare il nome della famiglia. L’avvenire dalle tinte d’arcobaleno della democrazia riformata scoppiò come una bolla di sapone.
I liberali corsero in frotta a Washington,
alcuni dei suoi amici gli chiesero i suoi buoni uffici per potersi attaccare alla greppia del maestrucolo Wilson; la guerra era una meraviglia, combattuta sulle sedie girevoli dell’ufficio di Mr. Creel a Washington6.
Lui fu messo in caricatura, pedinato dal servizio di spionaggio e dal servizio di controspionaggio; un giorno che passeggiava con due amiche a Wood’s Hole venne arrestato, gli fu sottratto nel Connecticut un baule pieno di lettere e manoscritti (Forza, senza remissione! tuonava il maestrucolo Wilson).
Non campò abbastanza da vedere quel gran circo che fu la pace di Versaglia o la stucchevole mediocrità orpellata della Banda dell’Ohio7;
sei settimane dopo l’armistizio morì mentre stava abbozzando un saggio sui fondamenti del radicalismo futuro in America;
se gli uomini hanno un’anima che sopravviva
Bourne ha un’anima
un’esile animella intrepida ravvolta in un mantello nero
che va saltellando per le sudice vie di vecchio mattone e arenaria bruna rimaste oggidì nel quartiere degli affari di New York
e grida con un acutissimo risolino inudibile:
La guerra è la salute dello Stato.
Nota. John Dos Passos, Millenovecentodiciannove, trad. di Glauco Cambon, Mondadori, Milano 1951, pp. 118-120. Dos Passos (1896-1970) si era arruolato volontario nella Prima guerra mondiale, prima ancora che gli Stati Uniti entrassero nel conflitto. Di questa esperienza, che ebbe in comune con altri scrittori della cosiddetta “generazione perduta” (si pensi a Hemingway e Faulkner), parlò nel suo primo romanzo, One’s Man Initiation – 1917 (1920, tradotto in italiano a partire dal 1949). Dopo la guerra Dos Passos fu uno dei molti giovani scrittori e intellettuali che aderirono al movimento radicale che si sviluppò negli Stati Uniti negli anni Venti; nel 1926 fu tra i fondatori di New Masses, rivista radicale di ispirazione marxista, vicina al Partito comunista americano. Sulle sue pagine, tra le altre cose, intervenne a favore degli anarchici italiani Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, condannati a morte da un tribunale del Massachusetts. Questi scritti confluirono poi in un pamphlet di cui ci è già capitato di fare riferimento sul nostro sito: Facing the Chair. Story of the Americanization of Two Foreignborn Workmen (trad. it. Davanti alla sedia elettrica. Come Sacco e Vanzetti furono americanizzati, postfazione di Piero Colacicchi, Edizioni Spartaco, S. Maria Capua a Vetere 2005), pubblicato nel 1927 nell’estremo tentativo di bloccare l’esecuzione di Sacco e Vanzetti e far riaprire il processo.
Nel frattempo, nel 1925, Dos Passos aveva fatto uscire il romanzo Manhattan Transfer (pubblicato in italiano a partire dal 1932 nella traduzione di Alessandra Scalero), considerato molto innovativo sul piano stilistico e uno dei principali contributi alla letteratura sociale americana della prima metà del Novecento.
Millenovecentodiciannove (or. 1919), uscito nel 1932, è il secondo romanzo della trilogia U.S.A., aperta da Il 42° parallelo (or. The 42nd Parallel, 1930, tradotto da Cesare Pavese nel 1934) e conclusa da Un mucchio di quattrini (or. The Big Money, 1936, tradotto ancora da Pavese nel 1938). I tre romanzi avevano l’ambizione di comporre un ritratto della società americana dei primi trent’anni del Novecento, ricorrendo anche a sperimentazioni stilistiche. Tra queste, la principale è la scelta di intercalare il racconto delle vicende dei personaggi del romanzo con una serie di documenti, inseriti in rubriche ricorrenti: “Film Giornale” (collage di articoli di giornale, slogan pubblicitari, canzoni), “Personaggi celebri” (ed è in questa rubrica che si trovano le pagine dedicate a Bourne), “Occhio fotografico” (interventi dell’autore dove si mescolano considerazioni, ricordi, descrizioni, sempre allo scopo di restituire il clima dell’epoca).
- Il libro a cui si riferisce Dos Passos è Randolph S. Bourne, The Gary Schools, Boston, Houghton Mifflin, 1916, ora disponibile online. A partire dal 1907, nella città di Gary (Indiana) fu adottato un sistema educativo sperimentale, di stampo progressista, basato sul trinomio “lavoro-studio-gioco” e finalizzato a migliorare l’efficienza e a eliminare la burocrazia del sistema scolastico tradizionale. A promuoverlo fu l’allora sovrintendente scolastico della città, il pedagogista William Wirt, allievo di John Dewey. [↩]
- «New Freedom» era lo slogan scelto da Woodrow Wilson per sintetizzare il suo programma progressista, in occasione della campagna per le elezioni presidenziali del 1912, che poi vinse. [↩]
- Come si può leggere anche più in basso, New Republic era la testata di un giornale «liberal», ovvero legato al movimento progressista; nel 1917 il giornale si schierò su posizioni interventiste. [↩]
- Subito dopo lo scoppio della guerra in Europa, il banchiere J.P. Morgan Jr. aveva iniziato a concedere enormi prestiti alle potenze dell’Intesa. [↩]
- I Liberty Bond erano i buoni del tesoro lanciati per finanziare le spese militari, a partire dall’aprile 1917, quando gli Stati Uniti entrarono nella Prima guerra mondiale. [↩]
- Il giornalista George Creel fu a capo del Commitee on Public Information, l’ufficio responsabile per la propaganda, e la censura, creato subito dopo l’ingresso in guerra degli Stati Uniti. [↩]
- Riferimenti rispettivamente al trattato di Versailles stipulato nel 1919, al termine della guerra mondiale e alla cosiddetta «Ohio Gang», una lobby di politici e industriali legata al nuovo presidente Warren G. Harding, eletto nel 1920. [↩]