di Piero Brunello
Un altro intervento di Piero Brunello a proposito della superstrada Pedemontana Veneta. L’occasione è data dalla stipula di un “Protocollo di legalità” firmato dal presidente della Regione Zaia e il ministro dell’Interno Matteo Salvini. Con un nuovo documento: l’ultima deliberazione della Corte dei Conti, datata 21 marzo 2018.
Alla fine dell’agosto 2018, in occasione della stipula ufficiale di un “Protocollo di legalità” per la realizzazione della Pedemontana Veneta, il ministro Salvini, con grande compiacimento del presidente della Regione Zaia, ha additato l’opera a modello da seguire per tutta l’Italia. A parte che il rispetto della legalità dovrebbe essere scontato, la notizia mi è sembrata così incredibile da convincermi a tornare sul tema, e a studiarmi l’ultima deliberazione della Corte dei Conti, del 21 marzo 2018, dal titolo La ridefinizione del rapporto concessorio della superstrada veneta, che riprende i rilievi segnalati negli ultimi anni dalla Corte stessa e dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac).
Riassumo qui sotto le principali osservazioni (per altri aspetti rinvio ai miei contributi già pubblicati nel sito a fine 2016 e inizio 2018). Leggendo ci si potrà rendere conto di che paese e che legalità possa avere in testa chi arriva a proporre la Pedemontana Veneta quale esempio virtuoso. Dico subito che non si capisce perché la Corte dei conti usi un termine eufemistico come “criticità” invece di scegliere volta per volta l’espressione più adatta; comunque ecco le più importanti “criticità”, cominciando dagli inizi dell’opera.
La Regione Veneto chiede e ottiene dal governo il commissariamento di tutte le opere connesse alla realizzazione della Superstrada, in deroga alle norme vigenti e alle ordinarie competenze, comprese le proprie, ma poi è la stessa Regione a nominare il commissario: una procedura “singolare” (p. 22).
La scelta – manovra ancora più singolare – cade su di un funzionario della Regione, che continua a fare il segretario alle infrastrutture della Regione stessa, a presiedere le commissioni di valutazione ambientale e di sostenibilità economico-finanziaria (pp. 22-23).
La struttura commissariale ha richiesto “costi rilevanti” per consulenze esterne “che si sono aggiunti a quelli degli organi ordinariamente preposti alle attività ad essa delegate” (p. 23).
La Convenzione originaria con la Società incaricata dei lavori fu tenuta segreta. Inoltre, il controllo sui lavori spettava a chi li eseguiva: nessun controllo esterno.
Intanto il costo di realizzazione andava crescendo “notevolmente” nel corso degli anni: mentre parte della viabilità di raccordo continuava a non essere inclusa nei costi, cosa che si sapeva avrebbe comportato “ulteriori fondi pubblici” (p. 23).
Come venne garantita la sostenibilità finanziaria dell’opera? Gonfiando le previsioni di traffico; e concedendo al concessionario la riscossione di un pedaggio. E se gli introiti da pedaggio, com’era evidente, fossero risultati inferiori alle stime? La Regione avrebbe compensato comunque la differenza (p. 40). Così, commenta la Corte dei Conti, “alla perdita di strade a libera circolazione si potrebbe, pertanto, aggiungere un ulteriore onere collettivo, attraverso la socializzazione delle eventuali perdite” (p. 24).
Alla fine del 2016 – il costo continuava a gravare sul contributo pubblico – l’opera era ferma. In mancanza di finanziatori privati, nel maggio 2017 la Regione stipulò allora una nuova Convenzione con la vecchia società (senza nuova gara), che prevedeva a. “l’aumento del contributo statale in conto costruzione per 300 milioni, che si aggiungono ai 614”; b. il passaggio alla Regione degli introiti derivanti dai futuri pedaggi; c. l’impegno della Regione a remunerare il Concessionario con un canone annuo calcolato sulla base delle entrate derivanti dai ricavi da pedaggio. Perché il rischio da traffico ora veniva a ricadere sulla Regione? Perché il Concessionario non voleva più accettarlo (pp. 27-30, 40-41). Del resto, per stimare il traffico, la società Area engineering, incaricata dalla Regione, calcolò una velocità di esercizio di 130 km/h, per una superstrada in cui è stabilito un limite di velocità 110 km orari (pp. 30-34). L’opera poté così ripartire solo grazie “al determinante intervento di organismi pubblici” (p. 39).
In definitiva su chi ricade il rischio d’impresa? In teoria sul privato, trattandosi di un project financing; in realtà sulla Regione. Basti dire che per un’opera il cui costo è valutato intorno ai 3 miliardi, la Regione Veneto s’impegna a sborsarne 12 al privato. Tutto ciò rispetta tra l’altro le regole europee sulla concorrenza? Sembrerebbe di no (p. 19).
Gli argomenti avanzati dalla Regione e dal commissario per negare le “criticità” segnalate dalla Corte dei conti, in realtà ne confermano la fondatezza.
È vero che la Regione si impegna per un “ulteriore versamento del contributo pubblico in conto costruzione” (mediante la sottoscrizione di un mutuo di 300 milioni con la Cassa Depositi e Prestiti, interessi valutati in 150 milioni)? Vero, risponde la Regione, ma in vista di “una maggiore tutela dell’interesse pubblico”: in questo modo infatti la Regione risparmia “un ingente intervento finanziario” – previsto nella precedente convenzione ma mai quantificato nei bilanci – per compensare il concessionario per pedaggi inferiori alle stime.
È vero che con la nuova convenzione i rischi vengono “trasferiti” al pubblico? Verissimo, risponde sempre la Regione, ma questo lo si sapeva fin dall’inizio.
E perché la nuova concessione sospende le opere complementari che nella prima convenzione erano a carico del concessionario, e tutto ciò senza “una diminuzione del quadro economico generale”? Perché – parola del commissario – le opere fin qui eseguite sono costate più del previsto (pp. 30-35).
Ma almeno le spese sostenute finora per la Superstrada saranno state rendicontate e controllate da chi di dovere? No. Il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato ha infatti dichiarato di non aver mai ricevuto pezze giustificative per “la parte principale” delle somme (p. 57).
È un rapido riepilogo, ma sufficiente a capire di che legalità stiamo parlando. Chi poi ha seguito la vicenda, o almeno i precedenti scritti pubblicati sull’argomento in questo sito, non ha bisogno di un nuovo riassunto.
Nel frattempo, pochi giorni fa, la Corte dei Conti, rilevando che la Regione non ha ancora risposto a nessuno dei rilievi entro i sei mesi prescritti in questi casi, è tornata a chiedere risposte puntuali a quattro delle “numerose criticità” fin qui rilevate, e precisamente:
1. Dimostrare il rispetto delle regole europee sulla concorrenza, visto che ci sono “altri interessati all’affidamento dell’opera”;
2. Riferire sulle iniziative intraprese o da intraprendere “nei confronti dei responsabili” della convenzione originaria che ha causato un “ingentissimo aggravio economico a carico delle finanze pubbliche”;
3. Spiegare a che punto sono le strutture viarie connesse alla realizzazione dell’opera, dato che sono condizionate a ulteriori finanziamenti;
4. Fare il punto sull’attività di controllo dei lavori in corso: in primo luogo si è ottemperato allo studio di impatto ambientale effettuato dalla Commissione nazionale (Via)?
Anche a noi, come alla Corte dei conti, piacerebbe avere risposte “punto per punto” (p. 10).